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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Lo spirito di Yalta

17 giugno 2014

Come molti sanno, nel febbraio 1945, a guerra non ancora conclusa, ma a vittoria degli alleati ormai quasi certa, i potenti della terra si riunirono per decidere cosa fare del mondo una volta che il conflitto fosse finito davvero.
In pratica, si spartirono il territorio mondiale e soprattutto quello europeo, stabilendo le rispettive zone di occupazione e/o di influenza.
“Questo a te, questo a me” e viceversa.

Gli storici puristi, quelli che hanno sempre bisogno di documenti certi, negano che la spartizione sia avvenuta a Yalta (dicendo che sarebbe stato impossibile, appunto perché la guerra non era ancora finita), posticipando alla Conferenza di Teheran (tenutasi a guerra terminata) una divisione del mondo in zone di influenza. Poco cambia. L’espressione “Patto di Yalta” conserva il suo significato anche se dovesse essere stato sancito a Teheran, e si è imposta per definire una spartizione.
Io credo, pur non avendone prove certe (come gli storici a proposito di Yalta o Teheran) che una sorta di “patto di Yalta” sia in corso da tempo tra il centrosinistra e il centrodestra teramani e che, come a Yalta, i vertici dei rispettivi schieramenti si siano segretamente messi d’accordo in base al principio “Questo a te, questo a me”, che, detto in termini più espliciti, significa: “Qui vinco io e perdi tu, qui perdo io e vinci tu”. Insomma, credo che “lo spirito di Yalta” aleggi da tempo nella nostra provincia, in cui il PD è stato ed è ancora in sostanza “ginoblizzato”, e possa spiegare fenomeni politici ed elettorali che, altrimenti, non si saprebbe come spiegare. Scegliere di perdere in un comune per avere la certezza di vincere in un altro è obiettivo perseguibile facilmente. Basta, per perdere, scegliere un candidato debole contro uno forte, un candidato inattendibile contro uno molto attrezzato, scegliere un candidato con colpevole ritardo contro un sindaco uscente, senza consentire perciò di avere il tempo di organizzarsi, sceglierlo, ma poi non sostenerlo per nulla o solo in parte con il proprio apparato di partito, e via dicendo.
  Lo “spirito di Yalta” può arrivare a concretizzarsi anche su piani differenti, incrociati. Per esempio, si può decidere di perdere e favorire gli avversari alle elezioni in un dato comune, per poter vincere, con questo o quel candidato, magari con la desistenza o addirittura con l’appoggio degli avversari, in un collegio regionale. Viceversa, si può decidere di voler ad ogni costo vincere in un comune, favorendo o appoggiando i candidati avversari in un collegio regionale, o alla provincia (quando c’erano le province).
   E’ un dato di fatto che a Teramo capoluogo il centro-sinistra, e il PD in particolare, è da tempo sempre più debole e inconsistente e tale è stato reso in maniera scientifica, con applicazione degna di miglior causa. E’ un dato di fatto che nelle elezioni comunali di Teramo Carlo Antonetti, che contro Gianni Chiodi avrebbe potuto vincere, soprattutto se scelto per tempo, fu tanto ostacolato da costringerlo a farsi da parte. Poi fu scelto Lino Befacchia, che avrebbe potuto vincere anche lui contro Chiodi se non fosse stato scelto con tanto colpevole ritardo e poi supportato con una lunga sfilza di errori strategici e tattici. E’ un dato di fatto che nelle elezioni di cinque anni fu contrastata aspramente all’interno del PD la candidatura di Manola Di Pasquale (più forte allora di quanto possa esserlo stata quest’anno contro un Brucchi non sindaco uscente e quindi meno forte), prima sventolando quella di Alberto Melarangelo, ma solo per un diversivo tattico, e poi andando a scegliere un candidato improbabile, Paolo Albi, non improponibile per la caratura politica e per lo spessore intellettuale (anzi assai alti), ma per aver avuto un percorso politico avviatosi su posizioni monarchiche e poi sviluppatosi via via lungo tappe liberali, poi democristiane e infine di centro-destra, quindi in contrasto aperto con quegli elettori che avrebbero dovuto votarlo. E’ un dato di fatto che anche quest’anno ad un candidato uscente, la cui candidatura era quindi nota da tempo, prima si è deciso di puntare su Cavallari, ma poi lo si è osteggiato fino a farlo recedere e rinunciare, puntando “sapientemente” sul fatto che il prescelto, serio e preparato, non era politicamente un “cuor di leone”, anzi, tanto vigile del fuoco professionalmente quanto poco pompiere politicamente. E’ un dato di fatto che è stata scelta la Di Pasquale con colpevolissimo ritardo, che intorno a lei spesso è stato fatto il vuoto e il partito ha commesso errori a ripetizione, che la sua candidatura non è stata sostenuta e supportata, come è dimostrato dai pochissimi voti presi dalla lista del PD, assai distanti in valori numerici e percentuali da quelli della media regionale e nazionale e inferiori a quelli presi da una lista civica, sia pure padronale, come quella di Gatti.
E’ un dato di fatto che il centro-sinistra ha perso inopinatamente il comune di Campli, dove però il proprio candidato alle regionali è stato stravotato, prendendo tantissimi voti anche nel comune di Teramo, e solo un centinaio di voti meno del candidato teramano, la Marcozzi, alla quale è stata offerta una candidatura sicuramente perdente, stante la situazione interna allo schieramento, in cui le punte di diamante sono state considerate sempre e solo i candidati della provincia, non del capoluogo, consentendo alla città farnesiana, alla Val Vibrata e alla costa pinetese e verrocchiana di primeggiare.
   Lo “spirito di Yalta”, dicevo. “Qui vinco io perdi tu, qui vinci tu e perdo io”. Ma con l’aggravante che il patto sembra essere sancito con una appendice tattica: “Qui io aiuto te a vincere, qui tu aiuti me a vincere”, “qui io aiuto il tuo candidato alla regione e mi prendo il comune, qui io cedo a te il comune, ma tu aiuti quel mio candidato alla regione”. Tutto avviene (o potrebbe essere avvenuto) tenendo presente una stella polare, anzi, sette vaghe stelle dell’Orsa, nel tortuoso cammino politico di politici tanto avvezzi al potere da non poterne fare a meno: uno scranno in Parlamento, la presidenza di un ente territoriale, una nomina in un consiglio di amministrazione, un bel posto in una banca.
   E i cittadini-elettori? Beffati, senza sapere di essere beffati, come quei comunisti che hanno aspettato per tanto tempo “Baffone” (ha da venì) e sognato l’avvento al potere di Togliatti, senza sapere che il patto di Yalta non contemplava, anzi rendeva impossibile, che l’Italia entrasse nella sfera d’influenza dell’Unione Sovietica e che sul confine tra le due sfere di influenza era stato lasciato uno stato cuscinetto, mezzo comunista e mezzo no e, se comunista, comunista “sui generis”, come la Jugoslavia di Tito. I cittadini-elettori di Teramo capoluogo sono stati lasciati per anni ad aspettare o a sognare l’avvento di un candidato sindaco forte, in grado di vincere, scelto per tempo, supportato e sostenuto da tutti una volta scelto, in grado di collaborare anche con altri schieramenti di opposizione ed espressione di liste civiche per conseguire insieme con loro una maggioranza alternativa e sostitutiva di quella espressa dagli epigoni della democrazia cristiana più becera e più clientelare, oltre che più proterva, arrogante quanto più ignorante, espressione di quel che rimane di un sistema di potere inaccettabile.
   l “patto di Yalta” aleggia su di noi e su Teramo. Non è consociativismo, è qualcosa di più. Nato negli anni in cui anche a Teramo si fecero prove di “compromesso storico”, contro le quali tanto mi sono battuto quando, dal 1970 al 1980, sono stato in consiglio comunale, tenuto vegeto e vivo nella spartizione delle nomine negli enti e degli istituti di credito locali, corroborato e finanziato dalla trasversalità massonica e dall’aria che si respira nelle logge e nelle “officine”, questo spirito soffia e gonfia le vele di imbarcazioni dirette verso un unico approdo: la gestione della cosa pubblica per fini non pubblici, ma privati e di parte.

Elso Simone Serpentini

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