Direttore editoriale:
Elso Simone Serpentini
Direttore responsabile:
Franco Baiocchi
Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Voto Disgiunto e Anatra Zoppa

3 giugno 2014

VOTO DISGIUNTO – Piacere, signora. Mi presento: sig. Voto Disgiunto. La signora Anatra Zoppa, presumo.
ANATRA ZOPPA – Piacere, sì, sono la signora Anatra Zoppa.
VOTO DISGIUNTO – La stavo aspettando. Benvenuta a Teramo.
ANATRA ZOPPA – Ben trovato. Tutto bene? A quanto ho saputo, missione compiuta…
VOTO DISGIUNTO – Sì, tutto bene. E’ stato fin troppo facile, più del previsto. Tanto è vero che siete arrivata voi.

ANATRA ZOPPA – Sì, adesso tocca a me. Saprò essere alla vostra altezza. Potete partire pure, a ritirare le vostre meritate benemerenze.
VOTO DISGIUNTO – Saprete meritarle anche voi. Almeno ve lo auguro.
ANATRA ZOPPA – Avete qualche consiglio o qualche suggerimento utile?
VOTO DISGIUNTO – No, non ce n’è bisogno. Vedrete che i teramani sono quanto di meglio potevamo trovare, io e voi, per i nostri intrighi, peraltro sempre finalizzati al bene.
ANATRA ZOPPA – Finalizzati al bene almeno secondo noi e secondo chi ci ha mandati. Dei teramani, invece, alcuni non si rendono conto di nulla, altri ritengono che i nostri maneggi siano finalizzati al male.
VOTO DISGIUNTO – Lasciamoli alle loro credenze. Loro hanno un altro dio. O almeno credono di averlo. Intanto io sono felicissimo di tornare alla corte della nostra regina e madre, la Reverendissima Legge Elettorale.
ANATRA ZOPPA – Porgete alla Regina il mio reverente saluto. E garantiteLe che saprò fare ancora meglio che a Cagliari e a Isernia.
VOTO DISGIUNTO – Partirò oggi stesso e non mancherò di farlo. Spero che qui a Teramo quanto riuscirete a fare non sia poi distrutto da quella strega della Cassazione.
ANATRA ZOPPA – Lo spero anche io.
VOTO DISGIUNTO – Arrivederci. E sono contento di avervi potuto incontrare di persona, finalmente.

Il colloquio tra i due insigni personaggi, che parlavano tra loro delle sorti di Teramo (al quale ho assistito in sogno), è stato per me illuminante. Lo troverete tale anche voi, se rileggerete la trascrizione del colloquio che vi ho proposto e se ci rifletterete su. Molti si sono chiesti in queste ore, a Teramo, quale legge elettorale abbia potuto consentire che a distanza di tanti giorni dal voto non si sapessero ancora quanti voti fossero stati attribuiti singolarmente alle liste che si erano presentate alle elezioni regionali e chi fossero gli eletti. Molti si sono chiesti quale “stramba” legge elettorale abbia potuto consentire che a tanti giorni dal voto non si riesca a sapere quanti voti siano da attribuire alla maggioranza, e a quale maggioranza, e alla minoranza, e a quale minoranza, se e come si dovesse assegnare un premio di maggioranza e, di conseguenza, quali fossero i consiglieri eletti. Molti si saranno certamente chiesti come mai e perché fosse stata tanto vantata la legge elettorale per l’elezione dei sindaci, tanto da essere additata a modello per l’elezione del presidente del consiglio, da considerare come il sindaco d’Italia. La risposta che si doveva dare all’interrogativo, meno ottimistica di quanto la si desse, ce l’abbiamo noi teramani davanti ai nostri occhi. La presunta e pretese governabilità, assicurata da un premio di maggioranza che attribuiva al candidato sindaco vincente un numero di consiglieri a supporto della sua azione amministrativa è, a certe condizioni, un feticcio, del tutto inesistente, Ma quel che è peggio è che ci si continua ad accapigliare con diverse e contrapposte argomentazioni, segno che non solo non c’è una certezza giuridica e legislativa, ma non c’è nemmeno una uniformità di pareri appena accettabile, potendosi così discutere all’infinito, trasformandosi tutti in azzeccagarbugli.
Ahimè, quale invidia per quei sistemi elettorali che consentono immediatamente dopo il voto di sapere chi ha vinto e chi ha perso, chi è stato eletto e chi no, chi governerà e amministrerà e chi no, chi sarà in maggioranza e chi in opposizione! Quale invidia per quei sistemi elettorali “puri”, magari di stampo proporzionale, che attribuiscono seggi in base a semplici divisioni senza resti, tanto a me, tanto a te, tanto a lui! Quale invidia per quelle leggi elettorali che hanno bisogno di pandette e di interpretazioni di cavilli per essere applicati, che consentono agli elettori di votare senza doversi scervellare guardando una scheda e capendo subito dove mettere una croce o scrivere una preferenza! Le nostre schede, invece, sono tali e tante che anche quando votiamo con una sufficiente sicurezza di non sbagliare ci costringe a disseminare le nostre scelte, mettendo una croce là, un’altra qua, un nome qui, di un maschio, stando attenti, per non sbagliare, a mettere subito dopo, e sul box della stessa lista, quello di una donna, per non vederlo annullato. E sono schede così complicate che anche per interpretarle occorre più cervello di quanto ne occorra per leggere difficili testi filosofici, sì che non sono pochi gli scrutatori e i presidenti di seggio che incontrano tante difficoltà da impiegare un tempo infinito e da commettere un’infinità di errori. Ai quali poi devono mettere riparo, ma solo formale, le commissioni elettorali dei tribunali, che correggono i dati inizialmente forniti, qualche volta capovolgendo responsi numerici già apparentemente sanciti.
Lasciatemelo dire: è una vergogna. E mi viene da pensare a quanta acredine, anche da parte di illuminati storici, sia stata riversata sulla famigerata legge Acerbo, proprio perché attribuiva alla lista più votata un premio di maggioranza, vedendo in questo il segno e l’impronta più esecrabile della dittatura. Mi viene da pensare al dibattito assai aspro che ci fu in Italia nell’immediato dopoguerra sulla legge che venne definita “legge truffa”, e che era, appunto, maggioritaria, cioè attribuiva alla lista più votata, superato una certa soglia, un numero di eletti maggiore di quelli che sarebbero stati attribuiti solo su base proporzionale.
Hanno ragione il signor Voto Disgiunto e la signora Anatra Zoppa, che io ho ascoltato colloquiare nel mio sogno, che si compiacevano delle loro azioni e si complimentavano a vicenda, nell’avvicendarsi nella loro presenza a Teramo, tanto operativa. I teramani hanno bazzicato così tanto, e con tanta disinvoltura, con il primo, da consegnarsi, assai probabilmente, alla seconda, diventandone vittime e schiavi. Però sarebbe ancora peggio se si facessero condizionare dalle loro esiziali azioni nel momento del ballottaggio, giudicando e votando in base alla paura di una presunta e non ancora dimostrata ingovernabilità che si determinerebbe se attribuissero la vittoria ad un candidato diverso da quello sostenuto da una maggioranza di liste votate e quindi di eletti. Intanto perché la giurisprudenza in merito è ancora incerta, ma soprattutto perché la libertà di voto e di scelta, anche in una democrazia che sembra solo una caricatura di se stessa, non sono condizionabili da niente e da nessuno. Né al primo turno né al ballottaggio.


Elso Simone Serpentini

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