I miei libri a Torino ("La Città" sabato 22 maggio 2010)

            Devo confessarlo: per un momento ho pensato di aver giudicato male l’assessore regionale alla cultura Mauro Di Dalmazio, di averlo sottovalutato e di averlo ingiustamente criticato. Dopo aver scritto che mi sembrava fosse solo assessore al turismo e non anche alla cultura, dopo essermi rammaricato che la nostra editoria fosse ancora tenuta lontana dalla Fiera del Libro di Torino, la stampa aveva riportato trionfalistiche cronache, dalle quali sembrava che la Regione Abruzzo al prestigioso salone del libro ci fosse tornata e in pompa magna. Certo, nel compiacermi, avevo anche avuto modo di dispiacermi del fatto che la rinnovata partecipazione fosse avvenuta alla chetichella, quasi all’insaputa di tutti e comunque all’insaputa mia, pur essendo io nel settore editoriale abruzzese impegnato da qualche tempo. Certo, che diritto avevo di lamentarmi del fatto che l’assessore avesse preso contatto, per portarli a Torino, con altri autori e con altri editori, e non con me e con i miei editori, abruzzesi e teramani come me? Figuratevi, se io ne avessi mai potuto fare una questione personale, io che sono contro tutte le questioni personali.

            Per essere presente a Torino senza troppe spese (e considerato che sapevo che la Regione Abruzzo non avrebbe partecipato) con le mie due pubblicazioni di cui sono più fiero, la prima traduzione in italiano moderno del celebre classico della letteratura spagnola barocca, “Il criticone” di Baltasar Graciàn (patrocinata tra l’altro da Gianni Chiodi quando era non ancora presidente della Regione, ma solo Sindaco di Teramo e da un’amministrazione comunale di cui Di Dalmazio era assessore alla cultura), e la biografia di Enrico Sappia, cospiratore e agente segreto di Mazzini, scritta a quattro mani con uno studioso francese, già presente in biblioteche prestigiose di tutto il mondo, comprese quelle delle più celebri università inglesi e americane, non avevo trovato altra soluzione che far mandare da Artemia Edizioni (il mio editore) alcune copie ad un editore di Torino, Viglongo, che gentilmente e gratuitamente aveva accettato la mia proposta di esporle nel suo proprio stand. Aver saputo che avrebbe avuto un suo proprio stand la Regione Abruzzo, la mia Regione, mi avrebbe agevolato ancor più il compito e, anche se io e il mio editore non fossimo stati invitati dall’assessore Di Dalmazio, avremmo avuto noi l’umiltà per proporci e farci invitare.

            Se nonché… se nonché alcune informazioni assunte a Torino mi hanno aperto gli occhi, facendomi capire che avevo fatto meglio a chiedere ospitalità all’editore torinese che affidarmi all’assessore Di Dalmazio. Mi hanno fatto capire è meglio non partecipare ad una Fiera del Libro che parteciparvi nelle condizioni in cui vi ha partecipato la nostra Regione. Mentre le altre regioni avevano un proprio stand, l’Abruzzo  aveva a propria disposizione poco meno di uno sgabuzzino, al cui palo di sostegno era attaccato come identificativo un gagliardetto della Regione, di quelli che si regalano sui campi di calcio o alle feste patronali, sostituito il giorno dopo da una scritta a stampatello con un pennarello blu: “Regione Abruzzo. Assessorato alla cultura”. Dentro lo sgabuzzino erano sistemati su alcuni scaffali pochi libri, di pochi editori e alla rinfusa, senza una logica apparente e senza ordine di nessun tipo, insieme con i soliti riferimenti al terremoto con i quali da un anno si pretende di giustificare qualsiasi cosa o attrarre attenzione o commiserazione sulla nostra realtà.

            Sono stato, quindi, ben felice di aver mandato qualche copia delle mie pubblicazioni all’editore Viglongo perché le ospitasse nel suo stand. Nel rispondere polemicamente ad alcune mie riflessioni sulla cultura abruzzese e sul suo operato come assessore alla cultura, Di Dalmazio aveva scritto che la Regione Abruzzo sarebbe tornato alla Fiera di Torino, peraltro non della stessa importanza, diceva lui, della Bit (la fiera del turismo) di Milano, appena fosse stato possibile e le risorse fossero state disponibili, lasciando intendere che ci sarebbero voluti almeno un paio di anni. Invece alla Fiera di Torino ha voluto tornarci subito, ma come si torna ad una sagra paesana e con lo spirito, di cui evidentemente non riesce a liberarsi, delle “notti bianche” a cui vengono invitati anche i venditori di panini con la porchetta. Però non ha trascurato di affidarsi ai soliti proclami, con i quali tende a rappresentare la realtà non così come essa è, ma come vuole che essa appaia. Mi sono chiesto “che fretta c’era, maledetta primavera” a tornare alla Fiera di Torino in queste condizioni. Mi sono chiesto come e quando l’assessore ha preso contatto con gli editori della nostra regione, non dico con tutti, ma non solamente con pochi; con gli autori, non dico con tutti, ma  non solamente con pochi, per sapere se intendessero partecipare alla “spedizione torinese” e in che modo e non portarsene appresso solo alcuni, non si sa bene perché privilegiati, ed esporre poi alcune loro pubblicazioni senza una logica editoriale in uno sgabuzzino assai poco rappresentativo.

            Se finora mi ero rammaricato che Di Dalmazio, assessore della nostra Regione alla promozione turistica e alla promozione culturale, si limitasse a promuovere il nostro turismo e non anche la nostra cultura, mi rammarico che abbia deciso di cominciare a promuovere anche la seconda. E’ meglio che non continui. Continui ad occuparsi solo di turismo. La promozione della cultura abruzzese la lasci fare a qualcun altro.

 Elso Simone Serpentini