Direttore editoriale:
Elso Simone Serpentini
Direttore responsabile:
Franco Baiocchi
Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Quando il programma
è un minestrone

26 novembre 2013


Sciacqua una proposta invecchiata,
sgrana quattro idee per il lesso
e poi, sempre con spirito indefesso,
valuta e accetta una bella pensata.

Di soluzioni prendine un cucchiaio,
unisci e sana tre contraddizioni,
metti a soffriggere tre condizioni.
Genialate? Ne serve almeno un paio.

Metti a cuocere poi a fuoco lento
il magmatico insieme che hai avuto,
e vedrai alla fine che portento!

Di realismo? Solo quanto basta,
Dì che di più non hai potuto.
Servi il programma con lo scolapasta.

Sono completamente diversi tra loro, e antitetici, i percorsi seguiti da Platone e da Aristotele nel tentativo di individuare la forma ideale di governo. Platone parte da un'idea universale della polis e della sua struttura, delle sue finalità e delle sue funzioni, poi analizza la possibilità di realizzare, cioè di dare realtà, ciò che è ideale e quindi di costituire una Repubblica, cioè uno Stato, che di quell'idea, presa e considerata come modello, sia la trasformazione in cosa tangibile e visibile. Aristotele parte dall'analisi delle più note costituzioni del suo tempo, in vigore nelle varie polis della Grecia, che non aveva forme politiche unitarie, per individuarne gli aspetti migliori, e, scartati quelli peggiori, comporli in unità e concretizzarli in una costituzione unica, che avrebbe accolto il meglio del meglio e sarebbe stata, perciò, la migliore possibile. Sia per l'uno che per l'altro la costituzione ideale era, per l'appunto, ideale, ma l'idealità stava per Platone all'inizio del processo politico di realizzazione della migliore costituzione possibile, per Aristotele alla fine. Questo in piena armonia con la preferenza accordata da ciascuno ad un diverso metodo, quello deduttivo per Platone, quello induttivo per Aristotele.
    Ora, consideriamo, per analogia, la forma ideale di costituzione che i due filosofi ricercavano con il programma ideale che ciascun candidato sindaco cerca di individuare per farlo proprio nel proporsi agli elettori cercando di convincerli della sua bontà e quindi ad esprimere consenso elettorale. Due sono le possibili vie per arrivare a definire un programma ideale, che poi, nel caso di un candidato sindaco, deve necessariamente essere un insieme di obiettivi che ci si propone e un elenco di cose che ci si propone di fare in nome del benessere collettivo e dell'interesse comune della città.
   La prima via è consiste nello studiare, pensare, analizzare il passato, individuando il bene e il male che lo hanno caratterizzato, le scelte ritenute giuste e quelle sbagliate, riflettere su quanto andrebbe continuato e su quanto andrebbe interrotto e mutato, su quanta innovazione sarebbe necessaria, e, sulla base di questa attenta valutazione, indicare e proporre scelte e soluzioni, obiettivi e finalità. Insomma, passando per questa via, il programma sarebbe il risultato di una serie di considerazioni, ma poi diventerebbe una "idealità" dalla quale muoversi per fare proposte concrete sulle quali cercare di ottenere il maggior consenso possibile. Il candidato sindaco, in tal modo, elabora un suo programma, lo spiega, lo sottopone al vaglio elettorale e, se eletto, lo attua o cerca di attuarlo. Si tratta di una via che, per analogia, definirò "platonica", perché parte da un ideale e si conclude con un reale.
   La seconda via, che definirò, sempre per analogia, "aristotelica", perché parte da un reale e si conclude con un ideale, è antitetica alla prima. Consiste nel chiedere ai cittadini di fare delle proposte, di indicare soluzioni possibili ai mali indicati come tali e conferme ai beni indicati come tali, nel valutare le proposte, che risulteranno ovviamente assai variegate tra loro e spesso contraddittorie, nel tentare di sanare le contraddizioni, nel farne un "unicum" accettabilmente unitario e ricavare dalle indicazioni un orientamento programmatico, scandito da obiettivi generali da perseguire come primo cittadino e da cose concrete da fare.
   Se sono riuscito a chiarire in che cosa consista la differenza tra le due vie, tra le quali non credo ci sia possibilità di una composizione, persistendo una distanza reciproca considerevole, sarà facile capire, al di là delle mia capacità espositive, perché prediligo la prima e non la seconda. Nella prima il candidato sindaco, dopo aver elaborato il suo programma, non avrà che da illustrarlo e appellarsi a quanti lo condividono perché lo sostengano, senza doversi preoccupare della possibilità che si manifestino delle contraddizioni interne, perché esse saranno state certamente valutate prima. Nella seconda il candidato sindaco avrà sempre da combattere, fin dal primo giorno, con la difficoltà di dare unitarietà a ciò che unitario non è, provenendo da proposte diverse e spesso in antitesi tra di loro. Il grande pericolo che dovrà fronteggiare, sia nel delineare il programma sia nell'attuarlo se sarà quello prescelto dalla maggioranza degli elettori, sarà quello di trovarsi con un programma-minestrone, in cui sono confluite idee antitetiche di difficile se non addirittura impossibile composizione, che risulterà indigeribile come una pietanza ideata male e preparata peggio senza che l'amalgama dei vari ingredienti sia riuscito.
Poiché continuerò ad essere renitente al voto (lo sono dal 1995), non sarò chiamato ad esprimere il mio consenso elettorale a questo o a quel programma dei vari candidati sindaci, ma avrò ugualmente il diritto di esprimere il mio giudizio e non esprimerò mai un giudizio favorevole al programma-minestrone di chi avrà detto ai cittadini: fatemi le vostre proposte e sulla base delle vostre proposte definirò il mio programma, che sottoporrò al vostro vaglio elettorale. Sarò assai più favorevolmente portato ad esprimere un giudizio favorevole, se meritato, su un programma che sarà stato prima pensato e poi proposto agli elettori. Anche se dal giudizio eventualmente favorevole non trarrò mai la conseguenza di un suffragio espresso nell'urna.



Elso Simone Serpentini

Il Cor(ro)sivo

Il decalogo di Dalmazio

Turismo e cultura

I miei libri a Torino

Caro vecchio campo sportivo comunale, ti scrivo

Caro professore, ti rispondo