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Franco Baiocchi
Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Maieutica, arte antica

19 novembre 2013


Mi si biasima il continuo criticare,
il far domande, l’aver sempre da ridire,
senza indicare quel che si deve fare
e di farlo di persona non aver l’ardire.

Dopo una vita spesa a fare,
pagandone mille e una conseguenze,
si diventa sterili quanto ad operare
e si acquisiscono altre conoscenze.

Così, come Socrate ad Atene,
spendo il tempo con i partorienti
e qualunque proposta da me viene

a fondo valutata e criticata,
respinta se è cosa da dementi
e se buona subito accettata.

 

Facevo comizi nelle campagne elettorali del mio partito, il MSI, che non avevo ancora l’età per votare. Quando l’ebbi, mi presentai candidato alle comunali di Teramo. Ero ancora studente universitario a Roma e la direzione nazionale giovanile del partito, di cui facevo parte, mi spedì in Lucania per un giro di comizi e tornai a Teramo giusto tre giorni prima delle elezioni comunali, nelle quali fui candidato. In pratica, non ebbi modo di fare campagna elettorale. Non fui eletto. Mi candidai nuovamente al turno successivo e questa volta fui eletto al consiglio comunale di Teramo, non al consiglio provinciale per il quale pure ero candidato. Da consigliere di opposizione feci quanto mi fu possibile nel fronteggiare la balena bianca, il gruppo consigliare democristiano, che aveva quasi tre terzi dei quaranta seggi. Fui rieletto cinque anni dopo, ma non al consiglio provinciale, per il quale pure fui candidato, così come non fui eletto al consiglio regionale, pur risultando il più votato del mio partito, e al parlamento, avendo accettato candidature di testimonianza e di servizio, senza alcuna possibilità di affermazione. Accettai altre candidature di servizio di nuovo per il consiglio regionale, per il consiglio provinciale e per il parlamento. Uscii dal partito per alcune divergenze di atteggiamento politico nei confronti di temi di grande rilevanza, quali la legge sul divorzio e la pena di morte, e abbandonai la politica dopo essermi tanto impegnato nel tentativo di convincere i teramani e gli abruzzesi della bontà delle proposte che la mia parte politica avanzava. Mi impegnai in un quotidiano con spirito di servizio nel settore della carta stampata, delle radio e delle televisioni, fondandone più di una e cercando di dare voce a chi proponeva alternative di rinnovamento nella vita cittadina.

    Nel 1995 tornai in politica, credendo di poter contribuire nuovamente ad un radicale cambiamento di una realtà nei cui confronti avevo profonde ragioni di critica e accettai di nuovo una candidatura al consiglio regionale, che non fu premiata dagli elettori. Non eletto, decisi di abbandonare di nuovo la politica, questa volta definitivamente, non credendo più di poter essere utile in un ruolo attivo in quel campo. Rimasi, però, vigile e attento alle trasformazioni sociali in atto, esprimendo la mia opinione sui principali avvenimenti, pensando di poter fornire il mio contributo in termini di riflessione e di analisi, anche assai critiche, considerando che dal confronto tra opinioni diverse possa sempre nascere una sintesi proficua e un suggerimento utile.

   Da questa lunga premessa, credo si evinca a sufficienza che se c’è qualcuno a cui si possa rimproverare di non aver fatto abbastanza nel battersi, nell’impegnarsi, nel proporre soluzioni, nel metterci la faccia (e anche qualcos’altro), quel qualcuno non sono certamente io. E al candidato sindaco Pomante che lo fa (mi verrebbe da scrivere “si permette di farlo”) vorrei far notare che il suo esordio in politica non è troppo felice, se lo fa. Se c’è qualcuno che dovrebbe guardare al passato, come invita a fare, è lui, ma non credo che lo abbia fatto o che ne sia capace. Se lo fosse, avrebbe trovato almeno qualche traccia di un impegno, sia in politica che in altri campi, e si renderebbe conto che a settanta anni suonati uno può anche avere il diritto di stare ad osservare e a limitare il proprio impegno ad una critica, anche “corrosiva”, degli avvenimenti e non per questo essere accusabile di scarso spirito civico.
   Mi accusa di puntare il dito e non indicare la soluzione e farlo “come al solito”, mostrando di non ricordare (o di non sapere) quante volte ho indicato soluzioni in dieci anni di consigliatura comunale, in centinaia di comizi in piazza e in centinaia di incontri politici pubblici. Sono io invece che chiedo a lui dov’è stato fino a questo momento, considerato che di lui si è cominciato a parlare da poco e in riferimento ad un percorso fin qui ondivago primo dell’approdo finale. Quanto alle figure, Pomante mi accusa di vedere solo quelle e di non ascoltare. Rispondo che alla presentazione della sua candidatura mi sono sforzato di ascoltare, ma ho ascoltato il nulla, ed effettivamente ho visto solo figure, per di più retoriche, perché di concreto poco è stato detto e molto è stato raffigurato. Quando mi sfida a dimostrare di avere gli attributi per entrare in azione e metterci la faccia e le idee, rispondo dicendo che è lui che deve dimostrare di averne e mi auguro che riesca a farlo. Ma per adesso ho visto solo la faccia e poche idee, per le quali egli si rimette a quanti avranno la bontà di averle e metterle a sua disposizione.
   Quanta retorica in quel “mettiamoci insieme”, “attendiamo proposte a braccia aperte”, “ho chiesto il contributo di tutti”! La politica, questo direi a Pomante, è una cosa seria. Se le buone idee sono sempre buone idee, come lui dice, è lui che deve dimostrarne di averne. Ma lasci a chi per tanti anni ha pensato di averne, e le ha proposte senza essere ascoltato, il diritto di esercitare l’arte della maieutica, che secondo Socrate, consisteva nel valutarle e giudicare se fossero valide o erano da considerare come degli aborti, alla stregua di quanto facevano le levatrici, ormai sterili, nei confronti delle partorienti.
“Ora, la mia arte di ostetrico, in tutto il rimanente rassomiglia a quella delle levatrici, ma ne differisce in questo, che opera su gli uomini e non su le donne, e provvede alle anime partorienti e non ai corpi. E la più grande capacità sua è ch’io riesco, per essa, a discernere sicuramente se fantasma e menzogna partorisce l’anima del giovane, oppure se cosa vitale e reale. Poiché questo ho di comune con le levatrici, che anch’io sono sterile ... di sapienza; e il biasimo che già tanti mi hanno fatto, che interrogo sì gli altri, ma non manifesto mai io stesso su nessuna questione il mio pensiero, ignorante come sono, è verissimo biasimo. E la ragione è appunto questa, che il dio mi costringe a fare da ostetrico, ma mi vietò di generare. […] Che se poi, esaminando le tue risposte, io trovi che alcuna di esse è fantasma e non verità, e te la strappo di dosso e te la butto via, tu non sdegnarti meco come fanno per i lor figliuoli le donne di primo parto. Già molti, amico mio, hanno verso di me questo malanimo, tanto che sono pronti addirittura a mordermi se io cerco strappar loro di dosso qualche scempiaggine”. (Platone, Teeteto, in Opere, vol. I, Laterza, Bari, 1967, pp. 276, 279).


Elso Simone Serpentini

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