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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Galeotta fu… la cena

8 ottobre 2013

« Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante. »

    Nel nostro caso, quello di cui intendo parlare, “galeotto” non fu il libro… ma una cena.

Una cena di cui in questi giorni la politica teramana (preciso: alcuni politici teramani) sta parlando, con tanto maggior interesse quanto più sono misteriosi i contorni - termine adeguato ad una cena - dell’evento, che pare possa essere prodromo di importanti eventi futuri. Intanto ricordiamo che il termine «galeotto» in queste terzine dantesche non ha niente a che fare con un detenuto. Quello che indica un recluso deriva etimologicamente dalla condizione dei rematori (spesso a forza in seguito ad una condanna), delle galee (dette anche galere). Quello che viene usato da Dante deriva dal nome Galeotto (Galehaut), il siniscalco della regina Ginevra che nel ciclo bretone faceva da vero e proprio mezzano tra lei e Lancillotto. Il Sommo Poeta intendeva dire, quindi, che indirettamente Galeotto, del cui ruolo Paolo e Francesca da Rimini stavano leggendo - forse tête-à-tête – il ruolo avuto nelle vicende amorose tra Lancillotto e Regina, era stato “galeotto”, nel senso di “mezzano”, di quelle che stavano per vivere loro e che in un certo ne aveva favorito l’avvio, inducendo i due amanti al fatidico bacio “tremante”.
   Bene, nel nostro caso, dicevo, “galeotto”, cioè mezzano, non fu (non è, non è stata, non sarà stato: il tempo verbale sarà poi da scegliere in base agli eventi che matureranno e ne saranno conseguenza) un libro, ma una cena. Una cena misteriosa, ma di cui molti sembrano essere a conoscenza, pur riferendone i “contorni” (ci risiamo, ma qualcuno sembra che sia in grado di riferirne anche i primi piatti e il dessert) in modo difforme e diversificato. La cena è quella che ci sarebbe stata a casa Antelli (attenzione all’uso del solo cognome: il particolare è di un’importanza determinante, come si vedrà) e alla quale avrebbero (il condizionale è d’obbligo, ma pare che ci sia stata davvero e che abbia avuto anche dei testimoni diretti, oculari e auricolari) preso parte quattro pezzi da novanta (anzi, anche qualcosa di più di novanta, forse si potrebbe arrivare anche a novantanove): il padrone di casa Antelli (ecco l’importanza del solo cognome, di fronte al dilemma: Padre o Figlio? - per fortuna potendo escludere almeno lo Spirito Santo), Chiodi (il governatore, qui non ci sono dubbi tra padre e figlio), Venturoni, Mazzarelli e… (udite, udite) niente meno Nicolino Di Marco, il rosetano portatore di voti e ago della bilancia elettorale non solo nella sua Roseto, ma anche e soprattutto in grado di spostare centinaia e centinaia (i laudatores dicono addirittura migliaia e migliaia) di voti a favore, indifferentemente, di questo o di quel candidato, ma anche di questo o di quello schieramento, destra o sinistra.
   Il dilemma tra Antelli padre e Antelli figlio (il primo direttore sanitario della Asl teramana, il secondo personaggio politico di spicco del centro-destra giuliese e teramano) è importante alla luce di uno dei temi che sarebbero stati affrontati (e qui è determinante il ruolo dei testimoni auricolari) durante la cena (nomine Asl e candidature politiche alle prossime regionali), in una specie di ordine del giorno da incontro politico più che conviviale o mondano. La presenza del padre o del figlio non è indifferente rispetto agli argomenti di conversazione e, soprattutto, rispetto alle deliberazioni che sarebbero state prese (sempre stando ai testimoni auricolari): la conferma di Antelli (padre) nel ruolo di direttore sanitario, quella di Varrassi (detto Giustino) in quello di direttore generale, e la candidatura di Nicolino Di Marco nel centro-destra alle prossime elezioni regionali e a sostegno di quella a governatore di Chiodi. Insomma, nel corso della “cena galeotta” ci sarebbe stata più carne al fuoco nelle conversazioni dei commensali, avvenute su una splendida terrazza con altrettanto splendida vista-mare, che nella cucina di casa Antelli (padre o figlio che fosse uno dei conversatori).
   C’è chi si arrischia a parlare di “cena di scambio” e di “do ut des”. Nel senso di: “io do una candidatura a te, tu dai un direttore generale a me”. Possibile? Possibile che la botola già semiaperta sotto l’appeso arcano Varrassi (prodromica di quella che poi si aprirebbe sotto Antelli padre) possa richiudersi (evitando la caduta fatale) in base ad un accordo raggiunto in una cena “galeotta” e sancito dal cardinale Mazzarelli, a sua volta proiettato verso il valvassorato di una Fondazione bancaria? Possibile, anche se clamoroso. I mesi e gli anni futuri ci diranno se il nostro è ancora il tempo in cui i luoghi privilegiati della democrazia sono gli incontri a cena, più o meno misteriosi, o se chi sta favoleggiando di questa “cena in casa Antelli” (che splendido titolo per una pochade di sicuro successo!) sia soltanto fornito di fervida immaginazione e se chi per primo ne ha parlato abbia soltanto scritto un copione da teatro piuttosto che descritto una storia veramente avvenuta.
   Quel che è certo è la realtà è sempre più sorprendente della fantasia e quindi la cena sulla terrazza di cui si sta tanto parlando (“Metti una sera a cena”) sarebbe perfino più importante se alla realtà non corrispondesse, invece di corrispondervi perfettamente. Vorrebbe dire che ciò che si immagina avvenuto è sintomatico di ciò che potrebbe pacificamente avvenire. Il è come se fosse avvenuto. Ciò che è razionale è reale, così come può essere considerato reale ciò che è considerato possibile. Ciò che invece pare impossibile è che Varrassi (Giustino) cacci il responsabile del direttore del Dipartimento Cuore e Vasi dell’ospedale di Teramo, come invece ha cacciato il responsabile dell’urologia teramana (salvo a vedersi poi costretto a riammetterlo). Del secondo, Varrassi aveva detto che il suo reparto aveva una esagerata mobilità passiva, del primo, che i dati dell’Agenas erano inesatti e avrebbero dovuto essere rivisti. Nella classifica dei migliori e peggiori ospedali d’Italia dell’Agenas, la bassissima mortalità registrata nella cardiochirurgia teramana, una delle più basse d’Italia, è un dato di assoluta eccellenza. Ma Antelli (padre) disse che chi ha contribuito a determinarlo, il prof. Mazzola, era una “prima donna”, cosi come lo era il prof. Vicentini, senza dire nulla sul fatto che invece, guarda caso, a cardiologia i dati non erano altrettanto di eccellenza, come ha confermato l’Agenas. Tra una portata (di pesce?) e l’altra, nella cena “galeotta”, si sarà parlato anche di prime donne e di sciacquette? E si sarà parlato anche di squadre e di compassi?






Elso Simone Serpentini

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