Direttore editoriale:
Elso Simone Serpentini
Direttore responsabile:
Franco Baiocchi
Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Figure retoriche

22 ottobre 2013

L’iperbole nascosta nella piega
di una frase, una metonimia
che ad una sineddoche si lega,
in forma più o meno esimia,

nell’incavo proteso di un inciso,
lungo l’andirivieni di un discorso,
per me è fonte di gioia e di sorriso.
Nel periodare manca ogni rimorso,

anche quando una metafora si tende
tra una sinestesia e un’allitterazione,
purché la trama più non abbia mende

e un anacoluto, pur tra tante allegorie,
renda assai edotta la mia allocuzione
e produca… mille poetiche alchimie.


Armiamoci… e partite… Partiamo. E’ una partenza che non si può eludere. E’ un viaggio che non si può evitare, è un percorso dal quale non ci si può esimere. Armiamoci di orecchie, di buone orecchie e le lingue stiano al loro posto. Saranno quelle degli altri a muoversi, freneticamente, e ce la metteranno tutta nel cercare di stancare le nostre orecchie. E a buona lingua…! Poi le orecchie non hanno palpebre, come invece le hanno gli occhi, e se non vorremo ascoltare, saremo costretti a tapparcele, ma anche tappandocele, qualche “rumor” filtrerà lo stesso e non potremo fare a meno di percepirlo. Si avvicina il tempo elettorale e le figure retoriche, tutte, sono pronte a scendere in campo. Tutte, nessuna esclusa. Anche se chi le userà non saprà che cosa sono le figure retoriche, perché le userà lo stesso, per istinto. Chi va a caccia del consenso elettorale ha mille risorse, istintive, animalesche e ad esse dà libero sfogo. Prepariamoci al profluvio di parole che emanerà da bocche infervorate, che scenderà a valle con orgogliosa sicurezza, salvo poi a doverle risalire in precipitosa ritirata dopo una cocente sconfitta. Perché tra i tanti partecipanti alla gara, uno solo sarà il vincitore e gli altri saranno tutti sconfitti, anche quelli che tenteranno di apparire come vincitori. E, d’altro canto, anche il vincitore non saprà di essere, in fondo, anche lui uno sconfitto, perché saremo tutti sconfitti e affranti, al termine della corsa, come atleti che hanno speso anche l’ultima briciola di vigore e versato l’ultima stille di sudore.
  Le figure retoriche, anche quelle alle quali si farà inconsapevolmente ricorso, saranno come le ore della “Gioconda” del Ponchielli e ruoteranno in continuazione, in una danza che non sarà macabra, perché mai tragica, ma sempre e solo comica, in cui si intrecceranno le dita e i palmi al suono di una musica coribantica e al ritmo degli applausi che saranno frenetici anche quando poco convinti. I concionatori da palco, alla cui tribù anche io un giorno appartenni, sono già pronti, in fase di warm-up, pronti a contendersi la pole-position del favorito, a stupire gli astanti (il termine vien da asta, una cosa che richiama lo stare in piedi, ma ce ne saranno soprattutto seduti nelle sale, più che in piedi nelle piazze davanti ad un palco) pensando che al piacere dell’ascolto corrisponda un voto di preferenza sulla scheda elettorale. Le parole domineranno e i fatti scompariranno, per pudore, per anemia, per poco spirito di competizione, per difficoltà a comparire e a farsi vedere. Parole: ne ascolteremo tante, e ne diremo tante. E ne scriveremo tante. E saranno foglie al vento, davvero, che ingialliranno e poi saranno ramazzate e portate in discarica. L’orgia delle parole, il trionfo del vuoto di idee, l’elencazione delle cose che si vogliono fare, il sapiente nascondimento di quelle che non si sono fatte, saranno attori ed attrici sulla scena di un variopinto teatro delle marionette, i cui fili chissà quale burattinaio sarà nascosto da qualche parte a tirare.
   Orsù, correte a fitta schiera, ad ascoltare, ad applaudire, a sostenere, a far corona ai candidati! Alcuni sono già lì, pronti sulla pista, anche se la pista non è stata ancora disegnata. Stanno marcando il territorio come possono, come fanno i cani quando alzano la gamba accanto ad un albero. Altri tenteranno di avvicinarsi agli stessi alberi, in un desiderio di sovapposizione di odori considerata vitale per la propria affermazione. Verbi coniugati al futuro, e mai al passato, sfileranno davanti a noi in bell’ordine, ma anche in creativo disordine. Progettazioni immaginifiche della città e del suo tessuto urbano, prospettazioni mirabolanti di magnifiche aspirazioni e di sogni incantevoli saranno proiettate su uno schermo immaginario, ma a volte anche reale (sia pure in una irreale virtualità) con il fine di stupire e di meravigliare. Vincerà chi meraviglierà di più? O chi convincerà di più? O chi si mostrerà di più? Vincerà chi conterà di più, non nel senso di contare, di essere importante, ma nel senso di contare il numero dei voti in un quadro in cui chi conta di più è proprio chi conta più voti. Nessun limite alla Provvidenza, nessun limite alla decenza, nessun limite alla supponenza. Nessun limite al poco senso del proprio limite. Uno che a malapena potrebbe correre i cento metri si iscrive alla corsa dei diecimila e uno che a fatica ne correrebbe diecimila si iscrive alla maratona. Il “sensus sui” è ben corposo nell’ego smisurato che mai si misura, si confronta e si auto-limita.
   Perciò largo alle parole, alle promesse, agli impegni! Che importa se le prime si riveleranno vuote, le seconde vane e i terzi non mantenuti? Scendete in campo, figure retoriche! Questo è il vostro tempo. E io mi sono adeguato, in questo scritto nel quale ho trasfuso nelle forme di un ironico “divertissement” l’angoscia per il futuro, non il mio, ma quello dei miei nipoti, che mi porto dentro.

Elso Simone Serpentini

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