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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Come cani al guinzaglio (corto)

24 settembre 2013

Possono essere da caccia, da guardia, da compagnia o da salotto. Se sono da caccia, possono essere da lepre, da piuma e da riporto. Alcuni sono a pelo lungo altri a pelo corto, alcuni di taglia piccola, altri di taglia media o grande, alcuni di razza, altri bastardi. Abbaiano tutti, chi più chi meno e, a parte i pochi che sono randagi e vanno sciolti, la maggior di loro hanno un padrone e vanno al guinzaglio, corto. Non sto parlando di cani, ma di giornalisti.

Anche quelli teramani non sfuggono alla classificazione di cui sopra, che potrebbe essere anche più dettagliata. Così li considerano i loro padroni e così amano sentirsi loro, che, privato di una cuccia e di una scodella, si sentono persi, così come quando non hanno qualcuno a cui leccare le mani. Il massimo della cattiveria, per i loro padroni, è abbandonarli per strada, quando non riescono più, per una qualche ragione, a tenerli con sé. I loro padroni sono quasi sempre uomini politici, in cerca di consenso, non solo elettorale, e perciò di buona stampa. Sono rassicurati da un buon giornalista da guardia che difende loro e le loro proprietà, tengono corto il guinzaglio per poterne controllare agevolmente il movimento e assicurarsi la perfetta esecuzione dei loro ordini. Temono i cani sciolti e randagi dai quali temono sempre di essere azzannati alle calcagna e per questo appena ne vedono avvicinarsi uno aizzano contro di loro i loro molossi.
    La paralogia (perché di questo si tratta più che di una metafora o di una metonimia o di una figurazione) mi è venuta in mente riflettendo sulle disavventure di Biancone, il cane teramano al quale si è voluto precludere la libertà di starsene per i fatti suoi, a dormire dove voleva, e ai quali si sono imposti un padrone e un guinzaglio per evitare che aggredisse o mordesse, lui che non aggrediva e non mordeva, ma, essendo un cane, ritenuto pur sempre capace di farlo. Anche i giornalisti sono potenziali morsicatori, ma di rado morsicano i loro padroni, più di sovente azzannano coloro contro i quali i loro padroni li aizzano.
    Ci sono dei giornalisti che negano di essere tali, ma è un po’ come se un cane negasse di essere un cane. Per i primi è più facile, perché per i secondi è del tutto impossibile dimostrare di non essere iscritti alla razza canina. Ai primi basta dire di non essere iscritti all’ordine dei giornalisti. Ma ci sono anche giornalisti non iscritti che sono legati ad un guinzaglio, perché non basta non essere iscritti per dare la prova di non avere al collo un guinzaglio. Come sempre, tutto dipende dal fatto se uno un guinzaglio ce l’ha o non ce l’ha. Di un giornalista senza guinzaglio, che quindi va dove gli pare e fa quello che gli pare, il padrone editore-politico non sa che farsene, come il padrone di un cane che fa quello che gli pare e va dove gli pare, limitandosi a farsi rivedere solo quando è ora di pranzo e di cena o deve ripararsi nella cuccia perché piove. Di un giornalista senza guinzaglio che scrive quello che vuole lui e non ciò che gli viene ordinato di scrivere, il padrone editore-politico dice che si ripresenta solo quando è ora di cena, cioè solo quando deve ritirare lo stipendio. Il padrone in redazione è la negazione della libertà di stampa, ma un editore che non riesce a dettare la linea editoriale al suo giornale si chiede sempre perché debba tirare fuori i soldi lui per consentire agli altri, da lui stipendiati, di scrivere quello che vogliono loro e non quello che vuole lui.
    Quando si aprono (ma basta che solo si avvicinino) le campagne elettorali, i giornalisti al guinzaglio entrano in grande agitazione, proprio come i cani da riporto quando si apre (ma basta che solo si avvicini) la stagione della caccia. Scodinzolano con particolare frenesia, abbaiano con maggiore frequenza. Tutto per mettersi in mostra agli occhi del padrone e per essere scelti al posto degli altri, che saranno lasciati nelle retrovie e non portati dove le lepri, o le starne, sono più numerose. Poiché è risaputo che i cacciatori non amano molto i cani che si spaventano al rumore di uno sparo del fucile, i giornalisti che vogliono mettersi in mostra agli occhi dei loro padroni politici si fanno coraggio e cercano di dimostrare di non avere paura degli spari, anche se in cuor loro ne hanno, e si mostrano più ardimentosi di quanto in realtà non siano. Accade a volte che retrocedano, con la coda tra le gambe, quando la loro strada si incrocia con quella dei giornalisti tenuti al guinzaglio da altri padroni. La cagnara che si verifica in alcune stazioni di posta è così grande che c’è da sentirsene assordati. Accade lo stesso per alcune polemiche giornalistiche che infuriano in modo incredibile anche se la loro realtà è quelle delle tempeste in un bicchier d’acqua. Ma quel che appare più straordinario è un cane che si spaventa quando un cinghiale troppo grosso gli si rivolta contro e lo assale, costringendolo ad una non certo decorosa fuga nel bosco. Accade lo stesso quando un cinghiale troppo grosso viene assalito da una torma di giornalisti, contro i quali però, voltandosi di scatto, esibisce le sue zanne acuminate alla cui vista gli assalitori si trasformano improvvisamente in assaliti e se la danno a gambe.
    Nel giornalismo teramano i guinzagli sono stati molti, in ogni epoca e quasi tutti molto corti. Numerose sono state anche le cucce e le ciotole. Ci sono stati maestri di scuola che non hanno insegnato un solo giorno perché tenuti al caldo di una cuccia con una catena al collo, ci sono stati e ci sono nullafacenti ai quali è stato (e viene ancora) consentito di fare qualche cosa per sbarcare il lunario, ci sono stati e ci sono perdigiorno ai quali è stato permesso e reso facile perdere anche la notte, personaggi senza colore e senza tempo ai quali è stato assicurato un ruolo in commedia, a volte da protagonisti pur in mancanza della minima capacità di essere comprimari, cioè evanescenti comparse. Ci sono stati e ci sono scribacchini che usano la penna, o la tastiera dei loro computer) come canne da pesca per tentare di far abboccare ai loro ami delle enormi trote, ma con la disposizione giusta per accontentarsi di vederci attaccati dei minuscoli pesciolini fuori misura ma anche con la determinazione dettata dalla fame di non ributtarne in acqua nemmeno uno, nemmeno il più piccolo.
    Ecco, per parafrasare il poeta: “si sta come d’autunno / i cani al guinzaglio…” Ma perché parafrase un poeta? Quando si può essere poeti in prima persona? Pur essendo, come capita stesso, facendo un’orribile battuta, un po’…eta e un po’…no? Lasciate, quindi, che io termini questo mio corrosivo di oggi con un modesto sonetto.

Come cani al guinzaglio

Sono come cani al guinzaglio (corto).
Ci son cani da caccia, cani da riporto,
da tartufo, da compagnia, da salotto,
ma cani ai quali il cibo piace cotto.

Scodinzolano alla voce del padrone,
guaiscono quando sentono un vocione,
abbaiano e mostrano aguzzi denti
quando i loro padroni sono assenti.

I giornalisti davvero sono come cani,
cercano sempre di farsi voler bene
dai padroni, a cui leccano le mani,

ma per fare ai nemici loro gran paura,
meritandosi sia i pranzi che le cene,
digrignano i denti e fan la faccia dura.






Elso Simone Serpentini

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