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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005


Al Chiodi Halfface

16 luglio 2013

Ricorderete certamente (e io l’ho evocato più di una volta in questa rubrica) quel singolare fenomeno che si verificava ogni volta che, nel periodo successivo al sisma aquilano, l’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi (mai rimpianto) arrivava in Abruzzo e si mostrava alle televisioni annunciano “Urbi et Orbi” i suoi mirabolanti programmi di ricostruzione. Lui campeggiava al centro dell’inquadratura e al suo fianco, o alla sua destra o alla sua sinistra, si vedeva mezza faccia dell’allora (e purtroppo per gli abruzzesi anche attuale) Governatore Regionale Gianni Chiodi. Di quest’ultimo si vedeva sempre mezza faccia, quella più vicina al suo capo riconosciuto e accettato (ogni riferimento alla massoneria è rigorosamente voluto).

L’altra, quella più lontana ed opposta alla prima, non si vedeva perché rimaneva fuori inquadratura e risultava ai telespettatori più sconosciuta della faccia nascosta della Luna. Di entrambe, si sapeva che c’era, ma non si vedeva, perciò si doveva credere alla sua reale esistenza sulla parola. Per mesi e mesi i telespettatori nazionali devono aver sospettato che Chiodi davvero avesse solo una faccia e non due. Ma quelli abruzzesi lo sapevano che ne aveva due, perché a campeggiare nelle inquadrature delle televisioni regionali era lui, Gianni il Bello, scelto come candidato del centro-destra a presidente della Regione dallo stesso Berlusconi (su esplicita ammissione del re di Arcore) proprio perché Bello, non Bravo (non almeno esplicitamente). Gianni Chiodi “Mezza Faccia”, dunque. Per dirla all’americana e per parafrasare il nomignolo di Al Capone Scarface (Scarface=sfregiato): Al Chiodi Halfface (Halfface=mezza faccia).
  Che il Governatore Chiodi meritasse questo appellativo lo hanno dimostrato i fatti successivi, i quali hanno abbondantemente documentato che in tutte le occasioni, politiche, mediatiche, amministrative, nei momenti cruciali delle assunzioni di responsabilità, ogni volta che è stato chiamato, come si suol dire, a “metterci la faccia”, lui ci ha messo sempre non la faccia intera, ma mezza faccia. Le responsabilità le ha assunte sempre a metà, scaricando su altri l’altra metà. Le nomine? Le faceva lui, ma con il consenso degli altri. O su proposta di altri da lui condivisa. Varrassi? Lo ha nominato lui, a casa sua, ma alla presenza di altri e con il loro assenso e consenso. Le scelte di Varrassi per la sanità teramana? Le ha fatte Varrassi, lui che c’entra? Il suo silenzio nel “caso Vicentini” è assordante. Non ha detto una parola. Ci ha messo solo mezza faccia, come su moltissime altre cose. Le cronache hanno riferito di un suo recentissimo incontro con D’Alfonso, che si è messo in mente di sostituirlo nel governo dell’Abruzzo (dalla padella nella brace?). Gli organizzatori dell’incontro avevano destinato per loro due sedie vicine. Pare che Chiodi abbia fatto di tutto per non sedersi accanto al suo designato successore, con la scusa di volersi mettere all’ombra. Anche in questa occasione non ha mancato di metterci mezza faccia e, invece di dire che non voleva stare accanto a D’Alfonso, ha scelto una mezza verità, quella dell’ombra. Per evitare il sole. Poi si è fatto fotografare insieme con lui, guardandolo sorridente e così mostrando al fotografo, ancora una volta, mezza faccia.
  Mentre cresce il fronte anti-Varrassi e mentre aumenta il numero di quanti criticano il suo operato quale commissario della sanità abruzzese, Chiodi continua a fare la ruota del pavone e a vantarsi con il solito refrain: l’Abruzzo non è più una regione canaglia, il bilancio è risanato, tutto va bene. La realtà è drammatica, ma lui non lo ammette, forse perché la guarda con un occhio solo, quello della mezza faccia alla luce, e tiene chiuso l’altro, quello della mezza faccia in ombra. Il suo “cerchio magico” continua ad esaltarlo ancora come espressione del “modello Teramo” diventato “modello Abruzzo” e come campione di una politica del fare, sperando di poter continuare ad usufruire della sua benefica ombra in una regione in cui il sole della crisi batte forte, o, se preferite un’altra metafora o immagine figurata che sia, di ripararsi sotto il suo grosso ombrello in una regione in cui la pioggia battente della crisi si è fatta diluvio. L’uomo della mezza faccia diventa l’uomo della mezza verità. La sentenza sul crollo della discarica “La Torre” ha visto come capro espiatorio quasi designato il povero Berardo Rabbuffo e assolti tutti quanti gli altri imputati, anche se è scienza giuridica acclarata che la responsabilità ultima e somma in qualsiasi circostanza è del sindaco, anche in presenza di deleghe affidate ad assessori, ed è quasi scontato che nei successivi gradi di giudizio il responso di primo grado sarà cancellato e, forse, ribaltato. Ma qui l’uomo della mezza faccia e della mezza verità diventa l’uomo della mezza giustizia.
  In Abruzzo Chiodi ha goduto sempre di non occulte antipatie, anche nel suo stesso schieramento politico, e molti pidiellini di rango lo amano come gli occhi amano il fumo. Così l’uomo di mezzo Abruzzo diventerà un mezzo candidato, ai quali non pochi, perfino a Teramo, si preparano a fare la festa, delusi dal suo operato. La decisione di rinviare le elezioni da novembre a marzo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, spandendo il veleno tutt’intorno e preparando un terreno bagnato dove sarà facile scivolare e cadere rovinosamente. Molti lo sperano. Molti lo temono. Tutto a metà. Per un cognome bisillabe, Chio-di, c’è chi parteggia per “Chio” e chi per “di”, non più per il suo cognome tutto intero. Se il padre di Paolo Gatti firma per far sLoggiare Varrassi, Paolo cerca di evitare che quella firma sia interpretata come una sottoscrizione per interposta persona e continua sostanzialmente a stare zitto volendo forse dare l’impressione di parlare. E’ che le “medietà” sono contagiose e si trasferiscono nel comportamento altrui, in quello di Morra e in quello di Tancredi, in quello di Venturoni e in quello di… Varrassi. Quest’ultimo guarda dalle finestre del suo lussuoso studio, negli alti piani (se volete, anche con una parola sola: altipiani) della Asl teramana, con un occhio solo e così dimezza il numero dei suoi avversari che manifestano in piazza, contandone assai meno della metà. L’invito ad aprire anche l’altro occhio non lo raccoglie, sdegnoso e sdegnato, e continua a demolire la sanità teramana. Oltre che ad urologia a Teramo, ad ortopedia a Sant’Omero, e a cardiologia ad Atri, tremano anche a cardiochirurgia a Teramo, dove vengono assunte decisioni e tagliate risorse che fanno correre il rischio di veder scemata la qualità delle prestazioni e innervosiscono gli operatori medici e paramedici.
  Al Chiodi Halfface (Mezzafaccia) si prepara a quello che potrebbe essere il suo tramonto politico (ma sarà la notte per gli abruzzesi, se al suo posto arriverà un D’Alfonso che continua a collezionare rinvii a giudizio) fingendo di ballare al suono dell’orchestrina del suo personale Titanic che affonda. Forse affonderà a metà, e l’altra metà resterà a galla, e resterà tra le onde come un naufrago di cui, mentre nuota per salvarsi, rimane visibile solo mezza faccia, essendo immersa costantemente nell’acqua l’altra faccia. Affogherà a metà, e l’altra sua metà galleggerà come un re travicello di giustiana memoria, portando a compimento il destino riservato ad un governatorato etero-diretto, posto sotto continuo ricatto politico dai potenti che lo hanno manovrato come un burattinaio fa con le sue marionette.

Elso Simone Serpentini

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