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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Sogni di un teramano
di mezza estate

18 luglio 2014

Ci sono, non ci sono. C’erano, non ci sono più. Ci sono, ci sono ancora. Ci sarebbero. Ci saranno. Non ci saranno. Ci saranno, ci saranno. La politica teramana e quella abruzzese discutono così dei fondi previsti per il Castello Della Monica. Fondi che c’erano, poi non c’erano più, poi sono tornati ad esserci, forse… se ci saranno. Altrimenti non ci saranno. D’Alfonso, al quale Brucchi aveva chiesto udienza, non gliel’ha concessa. Ha preferito venire lui a Teramo e incontrare Brucchi nel suo (di lui) ufficio di sindaco invece di riceverlo nel suo (proprio) ufficio di presidente della Regione.

I sostenitori di D’Alfonso parlano di un gesto generoso, elegante, i sostenitori di Brucchi di un’andata a Canossa. I dalfonsiani sono pronti a giurare che il loro campione si è mangiato Brucchi e i brucchiani spergiurano che è stato il loro campione a mangiarsi D’Alfonso. Noi, senza sapere con certezza chi sia il mangiatore e chi sia il mangiato, saremmo interessati di più a sapere che i soldi scomparsi, quelli previsti per il Castello Della Monica, sono ricomparsi. Brucchi aveva attaccato anche Manola e tutto il PD accusandoli di aver fatto sparire il finanziamento promesso, Manola aveva replicato controaccusando, poi l’arrivo di D’Alfonso è arrivato (anche un arrivo può arrivare) a confondere le acque, come se non fossero già confuse e anche piuttosto torbide. La politica d’estate si fa sempre più afosa e i finanziamenti non sono mai solidi, soprattutto quando per essere solidi devono essere liquidi. E qui di liquido non c’è nulla, solo le lacrime che stiamo versando come teramani, come italiani, come europei nel bel mezzo di una crisi che si fa sempre più acuta. Ci sono? Non ci sono? Ci sarebbero? Ci saranno? Intanto sul Castello Della Monica si continua solo a discutere e… a sognare. Ecco… il sogno… i sogni.
    Da teramano che sogna in una notte di mezza estate, vedo nel sogno il Castello Della Monica restaurato, tornato all’antico splendore, quello che fu il sogno visionario di un visionario artista, il quale volle da pittore ineguagliato fare anziché un dipinto unidimensionale, una realtà artistica quadrimensionale, un borgo medioevale, con tanto di castello, ponte levatoio e casette per i popolani. Era il suo un percorso artistico, disegnato lungo un arco concettuale di grande profilo, che riusciva ad inserire in una cornice vivente un’opera pittorica vivente e perciò non più solo pittorica. Nel mio sogno, rivedo il castello e il borgo rivitalizzati, centro e sede di una mostra permanente, e vivente, di quella che fu la Teramo medioevale, ancora percepibile qua e là tra le costruzioni parzialmente in piedi e parzialmente abbattute. Se ne scorgono i segni e quei segni potrebbero essere sapientemente ricostruiti e riproposti, a scopo di studio e di ricerca ed esibiti proprio nel Castello che del medioevo voleva essere l’icona non irriverentemente anacronistica, ma plasticamente visibile.
    Alla Teramo medioevale vedo affiancata la Teramo romana, rievocata in un teatro antico finalmente liberato dagli orpelli sovrastanti, svelato e risuscitato con una sapiente anastilosi. Nel mio sogno sono assiso tra tanti spettatori convenuti da ogni parte per una splendida messa in scena de Le Coefore. Per visitare la Teramo medievale e la Teramo romana arriverebbero anche i turisti della costa adriatica, che dopo essere stati al mare non hanno altre attrattive che le tante sagre paesane, del ragù, del tartufo o del cacio marcetto, e invece sono assetati anche di valide proposte culturali.
    Ma la Teramo del mio sogno vive anche d’altro: di una splendida Coppa Interamnia, rassicurata da strutture permanenti e da risorse certe, primo appuntamento di un “luglio teramano” chiamato a rinnovare i fasti, non i nefasti (che pure ci furono) del “giugno teramano”, fatto di tanto d’altro rispetto alle stucchevoli proiezioni cinematografiche in piazza, tipiche di una proposta rivolta agli sfigati che non hanno la possibilità di stare al mare d’estate. Eventi di grande richiamo potrebbero essere le proposte adatte per i turisti costieri, che ben volentieri la sera salirebbero verso le dolci colline di Teramo capoluogo. Il Castello Della Monica, diventato pubblico solo per risolvere i privati problemi di una famiglia privata costretta a cedere i beni di famiglia e l’argenteria pur di tirare a campare e non perché se ne colse le enormi potenzialità, è in attesa di sistemazione come molti altri edifici e siti di Teramo che, non più utilizzati e trascurati, deperiscono giorno per giorno sotto i nostri occhi.
    Nel mio sogno vedo istituito nei locali dell’ex manicomio un sontuoso museo della psichiatria e della psicoanalisi italiane. Quest’ultima nacque proprio a Teramo con il grande Levi-Bianchini, la prima conobbe momenti di splendore e di grande rinomanza con studiosi quali Roscioli e Pierannunzi. Nel sogno mi vedo passare tra un padiglione e l’altro dell’accennato museo, potendo trovarmi di fronte agli occhi una finestra modello Saporito (a prova di evasione) o un letto di contenzione dove i malati di mente venivano costretti quanto erano troppo agitati. Davanti ai miei occhi sfilano i capitoli essenziali della storia della medicina psichiatrica, i capisaldi scientifici di quella che fu nell’epoca positivistica e post-positivistica la “modernità” assoluta in tema di cure delle malattie mentali o presunte tali.
    La Teramo rinascimentale la vedo rappresentata nel mio sogno di mezza estate da un recupero definitivo e questa volta irreversibile, della Fonte della Noce, e nella riproposizione di un evento storico quale l’arrivo a Teramo di tre regine, invitate ad una cena che si potrebbe riproporre a beneficio dei teramani e dei visitatori, in ricordo, ma anche come un nostro unico e irripetibile “palio di Siena”. Il sogno continua e mi ritrovo in un palco di un Teatro Comunale riedificato proprio nell’edificio che fu abbattuto per costruirvi un grande magazzino. Mi ritrovo in una poltroncina di un museo permanente dello sport teramano, costruito dove ora sono i ruderi del glorioso campo sportivo Comunale, ripristinato nel suo terreno di gioco conservando la sua destinazione d’uso di impianto sportivo e adibito a palestra delle scuole calcio e delle squadre giovanili. Mi ritrovo sotto un telescopio di Collurania, in un osservatorio tornato ad essere di tutti e non di pochi, vanto della città e della sua vocazione scientifica, mi ritrovo nel mio sogno nella Villa Comunale tornata ad essere un orto botanico quale nel suo pensiero lo delineava Ignazio Rozzi, in una Piazza Garibaldi tornata con una bella fontana al centro, in una pinacoteca degna di questo nome.
    Ma nel mio sogno Teramo non è una città museo e quindi una città morta. Nemmeno Venezia, che pure potrebbe, ambisce ad essere tale e cerca di non esserlo, anzi, si sforza di trovare maggiori ragioni per vivere e mantenersi vitale nel suo tessuto urbano, cittadino, commerciale, sociale. Aver espulso tanti residenti del centro storico, costretti a rifugiarsi nei quartieri dormitori di periferia o nelle frazioni vicine, ha reso tutto più difficile per mantenere una vitalità auto-riproduttiva, ma il sogno è sogno e nel sogno, si sa, alcuni problemi vengono risolti facilmente. La realtà è sempre più difficile. La Teramo moderna? Non certo nei tristi corridoi ormai sempre più vuoti di un centro commerciale, ma in un Parco della Scienza diventato veramente tale, con adeguato parcheggio e iniziative una dietro l’altra. Nel mio sogno c’è un Premio Teramo tornato ad essere quel che fu e quel che avrebbe potuto continuare ad essere se volta per volta non l’avesse “guasto” e “corroso” uno spirito ora dilettantistico ora di improvvisazione ora di distorta concezione di sé.C’è un Liceo Musicale “Braga” diventato Conservatorio.
    Nel mio sogno ci sono tante altre cose. Anche un giornalismo non più accattone e alla continua ricerca del consenso di un potente elargitore, non più costretto ad elemosinare un osso per sopravvivere in un avvilente precariato. Nel mio sogno di teramano di mezza estate c’è la cultura al potere, c’è il potere alla cultura. Ma quando mi sveglio e il sogno svanisce, quasi sempre all’alba, la realtà è ben triste e avvilente. Quasi da ogni finestra se ne scorgono tre simboli, che dominano il panorama dall’alto: il super carcere sovra affollato di Castrogno dove manca il rispetto per chi sta pagando le proprie colpe, un ospedale dove si fa di tutto per reprimere e deprimere i volenterosi e per premiare gli incapaci e i nullafacenti, un’università dove ognuno, a qualsiasi ruolo appartenga, continua a fare gli affari propri, ignorando la città e venendone ignorata.

Elso Simone Serpentini

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