Direttore editoriale:
Elso Simone Serpentini
Direttore responsabile:
Franco Baiocchi
Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Elogio della candidatura

22 aprile 2014

...Se volete sapere chi furono i miei maggiori, ebbene sappiate che non mi ha generato un partito politico, di quelli ancora mezzo morti e quasi ciechi che ci sono ancora, ma un gruppo in pieno vigore e fervente di giovinezza, ebbro di quel nettare del quale si beve generosamente al banchetto del qualunquismo quando si viene convocati in nome della cosiddetta società civile. Se poi volete sapere il luogo dove sono nato, visto che oggi voi elettori attribuite tanta importanza al luogo dove si sono emessi i primi vagiti, sappiate che io non sono nato in una riunione di partito da una designazione congiunta tra maggioranza e minoranza, né dall’indicazione sovrana di un capobastone di corrente, ma in un’isola dove tutto cresce senza seme né aratro, dove non esistono fatica, vecchiaia, malattie, un luogo che non ha ancora un nome e per questo lo chiamano Utopia. Da ogni parte mi adulano tenere fanciulle, magnificando le mie lodi, e mi trovo sempre tra tante delizie. E’ folto e numeroso il corteo dei miei sostenitori e delle mie sostenitrici, tanto che nessun altro candidato potrà mai avere l’eguale.

Quella che vedete con le sopracciglia inarcate è Filautia, la mia segretaria, che conosce tutti i miei segreti e le mie aspirazioni, prende i miei appuntamenti, fissa le date dei miei incontri pubblici e privati; quella che sembra ridere con gli occhi è la mia consulente per le presenze televisive, sempre accorta e attenta; quella che batte sempre le mani è la mia capo-claque, che quando incontro gli elettori dà il via agli applausi nei momenti più indicati, con dotta sapienza; quella mezza addormentata e vinta dal sonno si chiama Lete ed è tra le collaboratrici la più preziosa, perché è quella il cui compito consiste nel far dimenticare a tutti le mia promesse non mantenute e le poche ombre del mio passato politico. Quella appoggiata sui gomiti, con le mani intrecciate, è la mia gost writer, mi scrive i discorsi, che imparo a memoria, e inventa per me gli slogans più affascinanti; l’altra, cinta da un serto di rose, cura gli addobbi delle sale dove mi reco a parlare e a fare discorsi; quell’altra dai mobili sguardi lascivi deve cercare di portare dalla mia parte gli elettori maschi, invitati ad offrirmi il loro appoggio con provocanti quanto suggestivi consigli.
     Tra le fanciulle potete vedere anche due dei: maschi, ma con un temperamento che non ha niente da invidiare, quanto a determinazione e fascino, a quello delle donne del mio corteo. Il loro compito non è meno importante: consiste nel curare l’eleganza del mio abbigliamento e del mio comportamento. Con l’aiuto di tutta questa mia corte, io primeggerò su tutti gli altri candidati e sarò candidato tra i candidati, eletto fra gli eletti, sovrano fra i sovrani.
     Vi ho detto origine, educazione, compagni. Ora, perché a qualcuno non paia senza fondamento la mia pretesa di essere eletto, drizzate le orecchie e ascoltate di quanta utilità la mia elezione potrà risultare alla città e ai cittadini e quanto sarà grande il beneficio che tutti trarranno dalla mia vittoria. Se, infatti, non senza saggezza, qualcuno ha scritto che essere eletto proprio questo significa: giovare agli altri ancor più che a se stessi, se a buon diritto sono stati eletti in passato e ammessi in consiglio candidati che avevano promesso anche vino, grano e simili beni, perché io non dovrei a buon diritto essere ritenuto e proclamato eletto fra gli eletti, dal momento che io posso essere quanto a benefici il più prodigo di tutti? Innanzitutto, che cosa può esserci di più dolce e prezioso della mia elezione? Tutti ne saranno felici e con essa farò felici tutti. Dispenserò felicità alla mia città e a tutti con la testa, con il volto, con il cuore, con le mani e con l’orecchio. Sì, anche con l’orecchio, perché saprò ascoltare tutti e a tutti prestare ascolto, soprattutto ai giovani. Di dove, di grazia, questa benevolenza per la gioventù? Di dove, se non da me? Sarà per merito mio se i giovani troveranno un posto di lavoro, per merito mio guadagneranno e saranno sempre di buon umore, e questa felicità durerà in loro anche quando, cresciuti, con l’esperienza e l’educazione acquisteranno una certa maturità e, anche se sarà sfiorita la loro bellezza, illanguidita la loro alacrità e inaridita la loro attrattiva, venuto meno il vigore, grazie a me continueranno a sperare in un radioso futuro.
     Quanto più gli elettori si allontaneranno da me, tanto meno vivranno felici, e, quando sopraggiungerà la gravosa vecchiaia, la molesta vecchiaia, odiosa non solo agli altri, ma anche a se stessa, nessuno riuscirà a sopportarla se, ancora una volta, impietosita da tanto soffrire, non verrò in aiuto io con le mie tante elargizioni, in cambio di una umile e modesta cosa quale la preferenza a me accordata alle elezioni. Io riporterò all'infanzia quanti saranno prossimi alla tomba e che il volgo, non senza fondamento, usa chiamare rimbambiti, li condurrò alla fonte dalla quale sgorgherà per mio esclusivo merito il latte che sarà per loro fonte di vita e continuerò ad elargire loro i miei benefici fino a quando saranno in grado di recarsi alla cabine elettorali e scegliere me quale candidato preferito. Delireranno, non ragioneranno più, ma sapranno ancora votarmi e riusciranno a farlo.
     Paragoni ora chi vuole questo mio beneficio con quelli promessi ed elargiti dagli altri candidati. E non sto a ricordare quello che fanno quando li possiede l'ira per non essere stati votati; parlo di coloro che hanno goduto dell’elezione, ma dopo essere stati votati si sono trasformati in autori di promesse mancate, diventando alberi, uccelli, cicale, e perfino in serpenti, come se nel diventare altro consistesse il non rispettare il proprio programma elettorale. Al contrario, i miei elettori sono tutti grassottelli, lustri, senza una ruga, proprio come quelli che chiamano porcelli d'Acarnania, immuni, per certo, da qualunque povertà e da qualsiasi disturbo senile, a meno che non si trovino a subire in qualche misura il contagio dei miei avversari politici, come capita, poiché la vita non consente mai una completa felicità. Vadano pure gli altri, stoltissimi elettori, a dare il loro voto ad altri candidati, a qualsiasi altro autore di vaghe e non mantenute promesse. Saranno voti persi, perché solo io posseggo quel filtro miracoloso che consente di mantenerle e la forza per usarlo. Passate in rassegna tutte le liste di candidati, e trovatene uno solo che possa osare di dirsi a me pari, e di garantire uguale protezione ai propri elettori, che abbia la stessa fama di sapiente, che possa garantire più di me una vita felice, fatta di conviti, balli, canti e giochi. Chi non sceglierà me, fra tutti, come il sempre più allegro, il sempre più giovane, il sempre più generoso e dispensatore di posti di lavoro, di svaghi e di piaceri? Forse taluni penseranno che io millanti, chiuderanno gli occhi e non riusciranno così a vedere i mille e tanti vantaggi della mia elezione, si illuderanno che, votando un altro candidato, potranno operare una scelta migliore. Essi andranno così incontro ad un ben triste destino e si pentiranno ben presto della loro scelta, capendo troppo tardi di essersi fatti ingannare da meriti che non erano meriti, vantaggi che non erano vantaggi e di aver seguito da sciocchi un altro corteo, diretto da un’altra entità di cui Erasmo tessé un elogio come questo: la Pazzia.

Elso Simone Serpentini

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