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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Le (in)decisioni di Paolo

9 aprile 2013

Ricordo il Paolo Gatti giovane liceale, un leoncino che cercava di affilarsi le unghie. Ricordo quando suo padre, in un incontro con Walter Mazzitti e altri che stavano preparando le liste dei candidati di Forza Italia per le elezioni amministrative (anche regionali), vistosi preclusa personalmente ogni strada a causa di una delle ansie ricorrenti di rinnovamento, gridò, con voce stentorea: “Allora candido mio figlio!”. Paolo era presente, muto. Muto, ma pronto ad assumersi l’incarico di subentrare ad un padre al quale si voleva tagliare la strada. Negli anni successivi, Paolo trovò un suo sentiero e lo percorse, sempre più velocemente, fino ad arrivare al traguardo che ogni padre sogna e spera che suo figlio tagli vittorioso: quello il cui raggiungimento dimostra che un figlio ha superato suo padre, che un discepolo ha superato il suo maestro.

Non tutti riescono a tagliare questo traguardo e, anche confermando di un padre o di un maestro i vanti e il “cursus honorum”, si può restare inferiori e solo claudicanti prosecutori di un cammino tracciato da altri. Nella nostra città non sono pochi gli esempi di questi eredi che fanno perfino fatica a mostrarsi all’altezza delle eredità ricevute, il cui comportamento giustifica che ci si possa chiedere fino a quando riusciranno a conservarle più o meno integre senza dilapidarle, essendo a tutti chiaro che mai riusciranno ad accrescerle.
  Paolo Gatti è politico che in politica ha già comprovato di aver superato, in abilità e capacità, padri e maestri e di essere in grado di accrescere l’eredità ricevuta, di percorrere con maggiore velocità l’ultimo tratto di una staffetta nella quale ha ricevuto un testimone mostrandosene degno. C’è stato un momento in cui Paolo Gatti ha fatto pensare di essere in grado di raggiungere qualsiasi traguardo e di poter sfruttare al massimo i vantaggi offerti a chi, essendo giovane, si trova in quella posizione favorevole che può essere raffigurata, metaforicamente, seguendo la lezione di Henri Bergson e della sua immagine del cono rovesciato. Più che ad un cono, però, preferisco pensare ad un imbuto, che in fondo è anch’esso un cono. La posizione favorevole a cui alludo è quella dell’imboccatura larga dell’imbuto (e cioè della base del cono non rovesciato). Stando lì, si ha tutt’intorno una molteplicità di sbocchi possibili, di possibili intraprese, di opportunità favorevoli. Si può ipotizzare di fare di tutto o quasi, di godere di una larga possibilità di scelte, di poter fare questo o quello, di aspirare a qualsiasi carica e a qualsiasi incarico, di diventare nella vita, indifferentemente, un sindaco, un consigliere regionale, un deputato, un senatore e anche qualche cosa di più.
  Con il passare del tempo, e con il crescere dell’età progressivamente con il passare delle stagioni della vita, l’imbuto si restringe, la “larghezza” e la molteplicità delle opportunità si riducono, la molteplicità delle opzioni si riduce e le cose che si possono fare si riducono di numero. Anche i sogni e le aspirazioni perdono vigore e la possibilità di realizzarsi. A mano a mano che si cresce, ci si rende conto che non si potrà più diventare un calciatore famoso, un grande alpinista, uno scrittore celebre o un grande statista. Ma resterà la possibilità di continuare a credere, o a sperare, di fare qualche altra cosa o di raggiungere qualche altro prestigioso traguardo. Poi l’imbuto diventerà sempre più stretto, fino a diventare uno stretto pertugio, come quello che passava attraverso lo Stige e la Caina, e poi una strettoia filiforme, che qualsiasi granellino, anche piccolissimo, potrà ostruire ponendo fine ad ogni pervietà.
 Ora, Paolo Gatti ha imboccato anche lui, a suo tempo, il suo imbuto di vita e di percorso politico, trovandosi nella invidiabile situazione di poter credere, e sperare, di poter fare di tutto e di diventare “chiunque” avesse voluto. La platea dei suoi elettori e la grandezza dei suoi consensi gli hanno garantito per gran tempo una molteplicità di soluzioni e di sbocchi possibili alla sua carriera politica. Ha potuto scegliere in piena libertà verso dove andare e che cosa fare, con chi andare e a quale velocità, a chi accompagnarsi e da chi stare lontano. Non so se si è mai reso conto (ma sono sicuro di sì) che anche lui aveva imboccato, dalla parte larga, un imbuto e che la larghezza dell’apertura anche per lui andava, e si va, restringendo. Una volta fatte certe scelte, alcune di loro si rivelano irreversibili, altre consentono ancora qualche ripensamento e qualche conversione ad “U”, e perfino funambolici contorcimenti per chi non ha pelo sullo stomaco. Ma, poiché Paolo ce ne ha abbastanza, certi spericolati passaggi di campo e certi incongrui ritorni al passato, gli sono preclusi.
  Non sono certamente io a poter dare consigli a Paolo Gatti, perché gliene potrei dare solo da perdente di successo, e riguardo alla dignità del perdere e non al piacere del vincere. Però voglio lo stesso proporgli delle riflessioni sull’attuale suo momento politico, e suggerirgli all’orecchio, senza che altri senta, quanto è importante fare le scelte giuste nel momento giusto e quanto possa essere perniciosa ai fini del successo l’indecisione. Se c’è qualcosa di più dannoso di una affrettata decisione è certamente una prolungata indecisione, specialmente quando ci si trova nella parte larga dell’imbuto che però già comincia restringersi in maniera assai pronunciata. Paolo Gatti ha potuto, ad un certo momento, rovesciare il tavolo delle trattative interne al suo partito, il Pdl, quello dove si pesavano le forze e si valutavano i numeri, imporsi e imporre la sua linea, contrapponendola a quella dei maneggioni e dei maggiorenti. Non l’ha fatto. Poteva imporsi come leader e ha accettato di rimanere gregario. Poteva aspirare a qualcosa e ha lasciato che a raccogliere il frutto di ciò che aveva seminato fossero altri, assai meno meritevoli di lui. Poteva criticare certe scelte e non lo ha fatto o lo ha fatto tardivamente, con poca convinzione e senza pentimento. Ha continuato a fare l’assessore regionale di una giunta le cui scelte e le cui decisioni non condivideva pienamente, ma ha continuato a darle il suo apporto e ad assicurarle il suo prestigioso assenso, o, il che è lo stesso, le ha fatto mancare il suo dissenso.
 Ad un certo momento ha deciso di candidarsi al parlamento, ma per non fare una guerra fratricida con l’altro Paolo, sponsorizzato (affinché potesse sopravvivere) dal presidente della giunta alla quale lui si è mostrato tanto fedele, ha deciso di cambiare partito, passando in quello fondato da ex pidiellini ma anche ex di AN. Però, si badi bene, sempre in alleanza di schieramento con il suo ex partito, e quindi senza una più netta scelta di campo. Ha perso, sia pure per pochi voti (ma una sconfitta elettorale è sempre una sconfitta), e ha dovuto rimandare l’appuntamento con la sua elezione parlamentare, festeggiata invece dall’altro Paolo, intronato più e meglio di lui. Adesso potrebbe decidere di fare il sindaco di Teramo, ma deciderà, forse, di non farlo, pur potendolo fare. Forse non deciderà nemmeno di puntare a candidarsi a presidente della Regione, per non fare la guerra al “suo” presidente e continuerà a fare l’assessore, ma forse nemmeno quello, se vincerà il centrosinistra, come è probabile. Paolo, l’imbuto si restringe, attento!

Elso Simone Serpentini

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