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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

L’opposizione mancata e mancante

19 febbraio 2013

Ci sono dei termini, per lo più dei sostantivi, ai quali non si addice l’aggettivazione, così come non si addice il lutto ad Elettra. Uno di questi termini che disdegnano e mal sopportano gli aggettivi è il sostantivo “opposizione”. Pensiamoci bene: soprattutto in politica (ma vale anche nella fisica) l’opposizione o c’è o non c’è. L’opposizione è di per sé una contrapposizione. In fisica ad una forza si contrappone un’altra forza che, per essere adeguata, ossia davvero efficace, deve essere uguale e contraria.

Se non è uguale, o se non è contraria, non è opposizione. Nel primo caso non si oppone perché non riesce a controbilanciare una spinta, nel secondo non lo fa perché va nella stessa direzione della forza alla quale pretenderebbe di opporsi. E’ lo stesso in politica. Se un’opposizione politica avverte il bisogno di qualificarsi con aggettivi, non è davvero opposizione. “Opposizione dura” promette chi sa che invece la propria posizione alternativa è debole e deve e vuole convincere l’uditorio del contrario. “Opposizione senza paura”, annuncia chi invece è consapevole della propria pavidità. D’altro canto, le maggioranze si affannano a teorizzare l’utilità di una “opposizione costruttiva”, pretendendo che l’opposizione, invece di opporsi, l’aiuti a governare e magari a correggere i propri errori, ma solo parzialmente e limitatamente a pochi aspetti. Al contrario di questi teorizzatori di una opposizione di sostegno, ho sempre pensato che un’opposizione debba essere e possa essere solo “distruttiva”, ma senza avere il bisogno di doverlo dire. Lo deve essere e basta. L’opposizione non deve correggere, deve opporsi e creare le condizioni di una alternativa. Se vuoi cambiare un sistema, devi prima abbatterlo e poi ricostruirlo dalle fondamenta. E’ vero che i cambiamenti vengono anche dalle evoluzioni, ma quelli veri, soprattutto in politica, arrivano dalla rivoluzioni. La storia ha bisogno di tanto in tanto di cancellare con una pezzuola quello che è scritto sulla lavagna, per cominciare a scrivervi di nuovo delle frasi, possibilmente di senso compiuto.
  A Teramo raramente abbiamo avuto una “vera” opposizione, cioè una opposizione che avesse bisogno di aggettivazioni per sembrare credibile. Per qualche tempo, né breve né lungo, ma lungo almeno quanto il percorso di vita finora da me compiuto, ho praticato l’opposizione e non poche volte mi sono trovato a rappresentare la minoranza della minoranza della minoranza, e quindi l’opposizione all’opposizione dell’opposizione alla maggioranza. So, perciò, di cosa parlo. So che cosa vuol dire provare ad opporsi ad una maggioranza granitica nelle proprie certezze, soprattutto in quella della forza del numero. So che cosa vuol dire parlare per ore ed opporsi per poi vedersi sommersi da una selva di mani levate all’invito: “Chi è d’accordo alzi la mano”. Mi è capitato anche di analizzare l’opposizione espressa e manifestata da forze politiche diverse dalla mia e di riflettere su quella che si è concretizzata a Teramo in occasione di scelte cruciali nella vita cittadina. Devo, purtroppo, esprimere un giudizio negativo nei confronti di una opposizione generalmente in cerca di aggettivazioni a causa della propria pochezza. Mi è capitato di assistere ad atteggiamenti di finta opposizione, ma in realtà espressione di una sottintesa e complice adesione alle tesi della maggioranza. Ho conosciuto oppositori assai blandi, quando non pienamente convinti o addirittura concilianti, desiderosi di sembrare moderati ad ogni costo o intenzionati a compartecipare agli utili delle decisioni contro le quali si fingeva soltanto di combattere. Il “conciliarismo” è stato spesso sovrano e ha fatto spesso capolino anche “l’inciucismo”. Sui banchi dell’opposizione non è mai stato splendente davvero il sole dell’avvenire, anche quando cam-peggiava sui simboli di partito, e le falci e i martelli sono stati assai a lungo strumenti inguainati o tenuti ad arrugginire nei ripostigli. La sinistra teramana, sia quella dura e pura, sia quella unitasi ai moderati per far sembrare più sbiadito il rosso delle proprie bandiere, ha colpe quasi altrettanto gravi di quella maggioranza bue, allineata e coperta dietro le insegne di portatori di interessi individuali, in nome dei quali decideva, nel mentre fingeva di perseguire quelli collettivi e generali della città. Ancora oggi siamo costretti ad affiggere cartelli con la scritta “Cercasi opposizione”, perché una vera opposizione il centro-sinistra non riesce ad esprimerla o non vuole. Insegue le chimere del consociativismo e non riesce a differenziarsi dalla maggioranza del momento, senza dare forza ad una vera ed efficace alternativa. Tutte le scelte strategiche che hanno, a causa degli errori di fondo, stravolto la nostra città, sono state condivise, o delineate da una forza politica quando era maggioranza e proseguita da quella che avrebbe dovuto essere alternativa quando è diventata essa maggioranza, costringendo l’altra all’opposizione, un’opposizione però a sua volta blanda e collaborativa.
  E’ stata così palese e appariscente quella collaborazione tra maggioranza e opposizione che non poche volte si è avuto il sospetto di un “lavoro comune”, di un “comune disegno”, frutto di una volontà precisa e di una intenzione riconoscibile. A candidati di una certa forza sono stati contrapposti candidati privi della minima credibilità e viceversa, tanto da dare l’impressione che si puntasse a vincere qui per perdere altrove, o perdere qui per vincere altrove. Abbiamo a Teramo un’opposizione manchevole e mancante. Non si intravede su questo piano il minimo segnale di cambiamento di rotta e si segue la corrente, pigramente, blandamente, con la forza dei nervi distesi, con quell’arrendevolezza tipica di chi pensa che i destini siano segnati e che non valga la pena di impegnarsi a deviarne il corso. Ci si spartisce il potere cittadino, affidandosi a propri rappresentanti che nei vari settori, amministrativo, bancario, gestionale, non brillano certamente per competenza, ma solo per essere fedeli esecutori di ordini.

Elso Simone Serpentini

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