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Supplemento del settimanale satirico
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18 dicembre 2005

Maurizio Brucchi:
un “sindaco ripetente”

29 agosto 2014

Traggo da una felice intuizione linguistica di Angelo Falone, uno dei miei amici su Facebook, l’espressione “sindaco ripetente”, più che sindaco confermato, relativamente a Maurizio Brucchi, al quale i teramani, anzi una risicata maggioranza di essi, hanno scelto di affidarsi per altri cinque anni. Ho trovato particolarmente felice l’espressione perché riesce a dare il senso di una rielezione determinata non tanto dalla constatazione di un buon lavoro già compiuto quanto al compito che è stato affidato al primo cittadino: quello di fare nei secondi cinque anni quello che non ha fatto nei primi cinque anni del mandato. Il che corrisponde esattamente al compito che viene affidato ad un alunno ripetente, quello di impegnarsi e studiare di più ripetendo l’anno e fare quello che non ha fatto meritandosi così la bocciatura. Fare l’elenco di quello che Brucchi non ha fatto sarebbe faticoso ed estremamente lungo.

Si fa molto più in fretta ad elencare quello che Brucchi è riuscito a fare, potendosi limitare a pochissime voci, da contare sulle dita di una mano sola. Per il resto ha fallito su tutto, non mantenendo quasi nessuna delle sue promesse elettorali di cinque anni fa, non risolvendo problemi che dovevano essere risolti, mancando molte occasioni per trovare soluzioni anche a portata di mano. Ad ogni alunno ripetente viene associato un giudizio che spiega la bocciatura, e questo vale anche per un sindaco giudicato tanto negativamente da dover ripetere i cinque anni del suo mandato. Il giudizio più comunemente affibbiato agli alunni ripetenti, che i genitori si sentono ripetere più volte, è: “E’ bravo, ma non si applica”. Penso che nel caso di Brucchi quale “sindaco ripetente” il giudizio debba essere rovesciato: “Si applica, ma proprio non ce la fa”.
   Strade dissestate, progetti avviati e con completati, giardini pubblici in rovina, tasse in aumento, rotonde quadrate, svincoli non svincolati, assessorati inefficienti, servizi peggiorati, frazioni soggiogate a interessi clientelari, impegni non mantenuti, baraonde negli uffici comunali, promozioni ed elargizioni ad una pletora di dirigenti, commercio in agonia, cultura senza spirito e spirito senza cultura, movida con assessore, e assessore senza movida, degrado visibile in ogni dove, assunzioni clientelari. Il “sindaco ripetente” riuscirà a fare meglio? Studierà di più? Continuerà ad applicarsi, ma con più cura e, soprattutto, mostrerà maggiori capacità? Ce la farà? Io ne dubito. Ne dubito perché, pur avendo qualche ragione per apprezzare l’uomo e il professionista medico, ne ho di maggiori per non apprezzare l’uomo politico, che ho trovato sempre un comprimario, un eterodiretto, per dirla alla Musil un uomo (politico) senza qualità, un arruffone, a volte presuntuoso, un “gallettaro”, come diciamo a Teramo, e quindi spesso non in grado di rimanere lucido di fronte alle critiche anche non troppo corrosive come sono invece le mie.
   Ovviamente non ho nulla contro le sagre. Penso perfino io che, in fondo, la vetrina eno-gastronomica possa essere un forte richiamo per i turisti. O almeno in molti sperano che lo sia. Però…. I miei “però” sono tanti, specifici e generici.
   Tra quelli specifici, alcuni, come mi sono accorto, sono condivisi anche da alcuni addetti al settore. Proprio in questi giorni l’ARIAA, l'associazione dei ristoratori di Alba Adriatica ha proposto una riorganizzazione dell'offerta turistica con una regolamentazione delle attività enogastronomiche, che passano sotto il nome di sagre. In un comunicato dell’associazione si legge: “Ancora oggi, infatti, gli eventi eno-gastronomici proposti nel territorio sono spesso frammentari e a vantaggio di singole realtà associative, incapaci da sole di partorire iniziative che possano valorizzare tradizione e professionalità locali". C’è poi da dire che il concetto di “sagra” ha, per definizione e per significato, connotazioni e valenze storiche e culturali che sono state perdute del tutto ormai da tempo. Si pensi che il termine ha origine latina e deriva dall’aggettivo sacrum ("sacro). Infatti la sagra si connotava inizialmente innanzitutto per la dimensione religiosa, essendo legata alla festività del santo patrono o richiamando le feste popolari dell'antichità, che venivano celebrate davanti ai templi o, in epoca cristiana, davanti alle chiese. Le sagre, inoltre, si relazionavano con i vari momenti dell'anno (l'inverno, la primavera, la mietitura, la vendemmia). In abbinamento alle feste religiose erano anche il mezzo per ringraziare la divinità (realizzando dei momenti di comunione tra uomini e sacro) o per propiziarsi la bella stagione. Adesso le sagre si svolgono quasi tutte nel periodo estivo, senza alcun legame con la stagionalità, nemmeno con quella dei prodotti, dei quali molti vengono offerti al gran pubblico fuori stagione. Il loro unico obiettivo è di richiamare il maggior numero di persone, in una grande confusione, senza alcuna valenza culturale. D’altro canto, quelli che ci vanno non hanno altro fine che quello di ingozzarsi. Poca qualità, molta quantità. E qui c’è un altro mio “però”, grosso come una casa. Non solo la sagra non viene più vista come un momento di aggregazione sociale, non viene più organizzata nei giorni della festa patronale, ma i piatti e le specialità vengono offerti non, come dovrebbe essere, a prezzi minori rispetto alla consumazione in un locale chiuso, ma a prezzi maggiorati, approfittando della buona disposizione dei frequentatori di sagre, che non badano a speseAnche un “sindaco ripetente”, come un alunno ripetente, dovrà ristudiare le stesse pratiche, riconsiderare le stesse scelte, provare a riavviare i vecchi progetti, affidarsi agli stessi uomini, rifare gli stessi compiti in classe, nella speranza di fare meno errori. Quando penso a Brucchi sindaco, mi viene in mente una battuta di Totò nel film “Totò contro Maciste”. Viene sfidato e qualcuno gli dice: “Dimostra quello che sai fare” e lui risponde: “Io non so fare niente”. Ecco, se non proprio niente, è certo, o almeno è mia opinione, che Brucchi come sindaco sappia fare davvero poche cose, e quelle poche che fa le fa sbagliate. Che poi ci sia chi lo rivota e crede ancora in lui…. L’ho detto. Mi sembra che più che promuoverlo chi lo ha votato lo ha bocciato per consentirgli di ripetere e di cercare di fare meglio. Ma non ci riuscirà. I primi compiti li ha già sbagliati, dimostrando di continuare a studiare, se non poco, male. Adesso nemmeno i compagni di classe che gli sono più amici e vicini gli passeranno più i compiti e così resterà sempre più solo nel suo banco e non poche volte dovrà consegnare in bianco. Nessuno più sarà disposto a suggerirgli le cose che non sa quando verrà interrogato, molti trameranno nell’ombra per fargli fare brutta figura davanti alla classe e al corpo docenti, gli tenderanno trabocchetti per indurlo a sbagliare e segneranno il suo nome sulla lavagna nella lista dei cattivi. Durante la ricreazione nessuno gli passerà “la stozza”, anzi cercheranno di fregargli la sua.
   Un “sindaco ripetente”, dunque, costretto a dimostrare di essere migliore di quello che è stato, di avere più capacità di quante ha fin qui dimostrato di avere, a sedersi all’ultimo banco con il cappello a orecchie d’asino se non riuscirà ad ottenere buoni voti. “Si applica, ma proprio non ce la fa”. Presenzialista quanto basta e anche di più – lo ricordiamo all’inaugurazione di un tratto del Lotto Zero ultimato con decenni di ritardo e non per suo merito con una bandiera sventolante in mano su una macchina scoperta – va accampando meriti non suoi e trovando improbabili giustificazioni a demeriti suoi e tutti suoi. “De minimis non curat Praetor” dicevano i romani, ma lui non fa come il Pretore della massima, e, al contrario di lui, “de minimis curat” e “de maximis non curat”.
   A capo della sua centuria, appare più che un centurione rampante un centurione dimezzato, a bordo della sua imbarcazione più che un capitano Achab sembra una balena tra gli scogli e… per restare nel campo della letteratura, infantile e non, messo lì, in Croce, in mezzo a Paolo Gatti e a Paolo Tancredi, mi pare più che Cristo tra i ladroni il burattino Pinocchio tra i due carabinieri.


Elso Simone Serpentini

 

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