Direttore editoriale:
Elso Simone Serpentini
Direttore responsabile:
Franco Baiocchi
Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Amarezza e rabbia,
pulizia e sporcizia

19 agosto 2014

Provo sempre una grande amarezza, che a volta si fa rabbia, quando mi trovo a passeggiare in queste città del nord (al sud ci vado sempre poco volentieri) e la cosa che più stupisce, nel confronto con la città dove risiedo abitualmente o più di frequente, Teramo, è la pulizia. La pulizia regna ovunque, nelle strade, nelle piazze, sotto i portici, sulle facciate dei palazzi, sia quelli storici, molti stupendamente conservati, che quelli moderni.

Non trovi una cartaccia per terra, non un mozzicone di sigaretta, non un cestino che straborda, non un’aiuola con i rifiuti tra i fili d’erba, non un giardino nel quale non regnino i fiori, che sono pure presenti ai balconi e alle finestre, soprattutto in quella parte d’Italia che più assomiglia all’Austria. L’altro giorno a Feltre - un’enclave veneta tra due regioni a statuto speciale, il Trentino e il Friuli, una cittadina dove ancora si respira l’aria dell’impero asburgico, così come a Trieste - la pulizia e l’ordine sono dominanti.
   Le strade pulite, le piazze ordinate, il nitore mi fanno venire in mente, per contrasto, le strade di Teramo, le piazze, i sottoportici, gli slarghi dove domina invece la sporcizia. Avete presente, concittadini, il porticato di via Savini, quello che si trova a fianco della caserma dei carabinieri di Piazza del Carmine? Credo che sia il punto più sporco della città, dove nessuno ha mai pulito da almeno due decenni, dove la cacca e l’urina dei cani hanno formato una incrostazione che non si riuscirà a togliere nemmeno con una idropulitrice a getto. I portici dell’ex Banco di Napoli non erano da meno, fino a quando non è sorto un nuovo bar, che però oggi comporta la pulizia della sola parte di portico di competenza, perché l’altro rimane unto e bisunto. Altre vie del centro storico di Teramo sono mesi ed anni che nessuno le pulisce e le pulizie, quando vengono fatte, sono sommarie. I muri sono sporchi, i giardini sono sporchi, tutto è sporco, le facciate dei palazzi, anche importanti sono scrostate e non si riesce a farle ridiventare decorose. Sia gli edifici pubblici che quelli privati sono indecenti. Ai primi non provvedono gli enti pubblici che ne sono proprietari; ai secondi non provvedono i privati e chi dovrebbe non impone loro di provvedere, prevedendo penali.
Quanti decenni sono che uno dei nostri edifici più bello, il Liceo Classico, non viene rinnovato nella facciata? Non vorrei sbagliare, ma credo che non lo si sia mai fatto e che la facciata sia rimasta quella iniziale, dando una pessima immagine di sé. Anche i palazzi che si trovano di fronte e nelle adiacenze del Duomo sono indecenti, cadenti, con i cornicioni pericolosi e con scrostature profonde nella loro pelle, che è l’intonaco. Il senso di degrado e di abbandono è ampio e profondo. Nulla a che vedere con le splendide vedute di Feltre, di Bassano, di Treviso, di queste cittadine venete e trentine che è un piacere visitare e vedere. Passeggiare per le strade è una delizia e la contemplazione degli scorci cittadini trasmette un senso di pace, di serenità, di rispetto per la storia.
   Non è che qua e là non ci siano ferite. Se si approfondisce l’analisi di ciò che è stato, non sfugge che qualche edificio ha subito danni, che qualche abbattimento è stato infelice, che qualche restauro avrebbe potuto essere più accurato. Ma si tratta di eccezioni. Anche nel ricco nord-est, quando il nord-est era ricco, a volte sono mancate le risorse, altre volte sono prevalse altre logiche che non quelle che avrebbero potuto e dovuto portare a scelte urbanistiche ed architettoniche diverse. Ma da noi, a Teramo, è uno sfacelo. Già nelle classifiche delle città dove si vive meglio non siamo messi benissimo, anzi molto male, per la negatività di diversi indicatori, tutti molto importanti. Ma la veste del tessuto urbano è proprio stracciata, nonostante qualche nostro fotografo o appassionato di fotografia (come Sergio Scacchia) cerchi in ogni modo di rappresentare al meglio nelle proprie fotografie edifici e scorci riuscendo a farli sembrare assai più belli di quello che sono.
   I segni della decadenza giungono in fretta, sia quando sono le rughe su un volto che va invecchiando sia quando sono le scrostature su una facciata di edificio trascurata, sia quando sono le buche sulle strade e gli asfalti catramati cosparsi sulle stradine intorno a monumenti storici quali l’antico teatro romano. E’ una generale distrazione degli amministratori, intenti a perseguire altri obiettivi, è l’indifferenza dei cittadini verso la loro città, è la disaffezione di chi dovrebbe amarla e rispettarla a recarle le più gravose ingiurie. Teramo è perduta, prona, vinta, sporca, lercia, mangiucchiata. Pensarla camminando lunghe queste belle strade e stradine di una città come Feltre, guardando questi balconi fioriti e questi giardini curatissimi, queste facciate tutte ben tenute di edifici che mostrano tutto il loro valore storico e culturale, è doloroso e fa veramente male. Vedere questa animazione nelle strade, questo rispetto per gli ambienti, tutti gli ambienti, per la natura e per la storia riempie di ammirazione e fa morire d’invidia. Entrare nel piccolo Teatro della Sena di Feltre, sorto nel 1684, protagonista di diverse vicissitudini, fra cui nel 1769 un fulmine che si abbatté sull’edificio facendo anche cinque vittime, rovinato dalle truppe napoleoniche che nel 1797 si riversarono sulla città, restaurato parzialmente sotto il governo austriaco nel 1802, chiuso nel 1929 per motivi di sicurezza, ma ancora oggi in piedi, bellissimo, con un restauro che dura dal 1975 e procede a singhiozzi per la cronica mancanza di fondi che abbiamo in Italia… è un colpo al cuore per un teramano. Un colpo al cuore nel pensare che noi avevamo un teatro meno antico, ma antico comunque (nato nel 1868), più grande, molto più grande, più capiente, molto di più, e perfino più bello, e non lo abbiamo più. Certo il nostro non era famoso per avere messo in scena le prime commedie di un esordiente e allora quasi sconosciuto autore alle prime armi, poi diventato famoso, Carlo Goldoni. Ma aveva ospitato sulle tavole del suo palcoscenico cantanti di fame ed attori di grande e celebrata fama. E non lo abbiamo più. A vedere il gioiellino di Feltre, si stringe il cuore ad un teramano che ripensa al nostro bellissimo teatro, a quel sipario, a quel lampadario.
   Usciti dal teatro, attraverso una bella scalinata abbiamo alle spalle una bel portone, non la saracinesca rosa diventata ora lercia e lurida dell’ex Ovviesse teramano, e davanti a noi non lo spettacolo immondo di tre secchi per l’immondizia che fanno bella mostra di sé appoggiati al muro del Comunale, ma uno splendido palazzo. Ci giriamo e vediamo non il Teatro inserito nel retro di una scatola per tacchini, di un silos, come fu definito subito dopo la sua costruzione, ma incastonato nel magnifico quattrocentesco Palazzo della Ragione. Amarezza e rabbia. Pulizia e sporcizia.

Elso Simone Serpentini

 

Il Cor(ro)sivo

Il decalogo di Dalmazio

Turismo e cultura

I miei libri a Torino

Caro vecchio campo sportivo comunale, ti scrivo

Caro professore, ti rispondo