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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
della Stampa del Tribunale
di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

Sensibilità, intelletto e ragione mi dicono tutti e tre di no

1 gennaio 2013

Una volta mi servivo quasi esclusivamente dell’intelletto in tutti i processi conoscitivi. Mi affidavo completamente, nelle mie costruzioni mentali e nell’interpretazione della realtà, di quegli ottimi materiali che sono i concetti, solidi, precisi, compatti, strutturati. A ciascun concetto corrispondeva un oggetto e a ciascun oggetto un concetto, i concetti, concatenandosi, mi riportavano la visione del reale così com’esso mi appariva, all’interno di schemi mentali certo, ma in configurazioni ben rappresentabili.

Poi, procedendo nella maturazione di me, mi resi conto che avevano ragione quanti sostenevano che non sempre l'intelletto risultava efficace e che occorreva affidarsi ad una conoscenza di tipo inferiore, ma non per questo meno utile, che era la sensibilità, che nel conoscere si serve non di concetti, ma di sensazioni. Fino a quel momento mi era sembrato che le sensazioni fossero troppo soggettive perché potessero fornire una rappresentazione oggettiva del reale. Ma compresi che esse potevano a volte superare l'intelletto e i suoi limiti nel farmi cogliere realtà che all'intelletto sfuggivano e che la conoscenza che fornivano era una conoscenza istintuale (alla quale si affida soprattutto la mente femminile), profonda e imprescindibile. Alternando le due conoscenze, quella intellettiva e quella istintiva (e affidandomi sempre più spesso alla seconda), mi trovai molto meglio e riuscii ad evitare un gran numero di errori di interpretazione, ai quali non sarei sfuggito se avessi continuato a far ricorso, come prima, solo a quella intellettiva. In seguito, operai nel processo di maturazione un altro salto di qualità, quando mi convinsi che aveva ragione chi magnificava la conoscenza che può fornire, se ben utilizzata, la ragione, che si serve, anziché di concetti, di idee e quindi va oltre una conoscenza puramente concettuale, approdando ad una conoscenza di tipo onnicomprensivo e globale che consiste nel vedere la realtà ponendosi al di sopra delle nubi e quindi sfuggendo al senso del limite e quindi confrontandosi con l'infinito degli spazi siderali. Il che, sul piano gnoseologico, si concretizza quando al di sopra della trama dei concetti, spesso troppo fitta per far cogliere l'essenza del reale, si accede a quella regione della mente nella quale essa non ci sfugge e possiamo davvero arrivare al nocciolo di ogni questione.
Ho utilizzato alternativamente e congiuntamente tutti e tre i tipi di conoscenza, quella sensibile (istintiva), quella intellettuale e quella razionale nel tentativo di capire quali elementi di novità, novità vera, ci fossero nella politica italiana dopo l'esperienza del governo tecnico e dopo quello che è stato definito un esercizio di democrazia autentica, le primarie del PD. Mi sono chiesto, avvalendomi delle suddette tre forme di conoscenza, se fossero individuali elementi di novità e tutte e tre mi hanno risposto di no. Nessuna novità è stata ravvisata, nessuna se ne prospetta per il futuro.
  La conoscenza istintiva mi ha detto che a pelle “non avvertivo” che i vecchi riti della politica in nuove forme. Senza riuscire a farmene capire il perché (la scienza dei perché e delle cause non appartiene a questo tipo di conoscenza), la segnalazione mi veniva fatta sul filo di una percezione flebile ma definita, di un fastidio diffuso che avvertivo dentro di me, di un rifiuto invincibile dal quale emanava una forte spinta a continuare a disertare le urne e le cerimonie che vi si svolgono. Tutti e cinque i miei sensi, quelli che costituiscono il tramite di una conoscenza sensibile, erano univoci nell’inviare ai miei neuro-recettori terminali sensazioni sgradevoli. L’udito mi infastidiva con l’ascolto dei soliti discorsi, delle solite promesse di cambiamento e delle solite parole vuote di contenuto; la vista mi infastidiva con la visione di alcuni vecchi personaggi, che fanno politica da decenni e anche in partiti diversi, riciclandosi ogni volta come nuovi; l’odorato mi faceva avvertire puzza di bruciato e di denaro pubblico speso per fini privati; il tatto mi trasmetteva la sensazione di untuosità e di lubricità di mani che stringevano le mie in un saluto falso e ingannevole; il gusto era tra i cinque sensi il meno coinvolto, non avendo io partecipato ad alcuna cena elettorale, ma al solo pensare di prendervi parte il mio palato mi trasmetteva una sensazione acre e disgustosa.
  La conoscenza intellettiva non mi ha permesso di cogliere alcuna novità e qui l’abitudine ha avuto il suo peso. Il concetto di nuovo è così preciso che nessun comportamento dei partecipanti alle primarie o dei ministri tecnici mi è parso potesse essere interpretato come veramente nuovo: truppe cammellate al servizio dei candidati da eleggere, i peggiori preferiti ai migliori, i più criticati a parole i più votati nei fatti, i più ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, le tasse considerate come balzelli con cui continuare a crocifiggere i poveri Cristi.
   La conoscenza razionale ha detto anch’essa un no alla domanda: c’è qualcosa di nuovo, non nel sole, ma nella politica? Nessun Valentino vestito di nuovo, nessuna idea di novità e nessuna immagine che destasse il mio stupore. Le idee politiche che mi sono viste squadernare davanti da imbonitori in livrea erano consunte e lise come vecchi cappotti appesi agli attaccapanni degli ospizi dei poveri, orpelli inutili sia per coprire dal freddo che dalle nudità. Nessuno vuole davvero coprire le nostre nudità, nessuno si propone davvero di dispensare a tutti benessere e felicità. La mia ragione non ha visto davanti a sé che immagini ideali di politici che erano lupi per altri politici e per tutti gli altri uomini, un’idea della politica considerata come la selva oscura nella quale tutti si perdono perdendo la propria dignità e smarrendo la retta via.
   Tutte e tre le mie forme di conoscenza hanno escluso che nella politica e nei politici italiani, anche quando si fanno le primarie e si esprime il proprio voto, ci sia qualcosa di nuovo. Mentre vedevo le file di elettori delle primarie che aspettavano il momento di scrivere un voto su una scheda, la mia ragione mi trasmetteva immagini di pecore al pascolo, guidate soltanto dall’istinto che le fa dirigere dove sentono che l’erba da mangiare sia più folta e perfino desiderose di vedere arrivare al più presto l’ora del ritorno nella stalla per gustarsi passivamente il momento in cui il padrone arriva a mungerle. Elso Simone Serpentini

 
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