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Supplemento del settimanale satirico
SOR PAOLO iscritto nel Registro
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di Teramo con il numero 544
18 dicembre 2005

L'età della pietra

22 gennaio 2013


Tra le non poche realtà che purtroppo dalle nostre parti si trovano ancora all'età della pietra, vale a dire ad uno dei più bassi gradini dell'evoluzione, c'è senza alcun dubbio la sanità. Il Governatore Gianni Chiodi si affanna a dichiarare ai quattro venti che ha trovato una situazione terribile e che ha fatto grandi cose, che ha risanato il bilancio e migliorato le eccellenze, che adesso l'Abruzzo non è più una regione canaglia, che abbiamo fatto passi da giganti.

Ma non è così e mi auguro che almeno lui lo sappia che non è così. Perché, se non lo sapesse, ci sarebbe da rimanere stupiti e meravigliati del fatto che lui non riesca ad accorgersi che non è così. Preferisco pensare che sia meglio ipotizzare una mala fede che una totale incoscienza di ciò che è. Che la nostra sanità sia ancora all'età della pietra - parlo di quella pubblica, perché quella privata è stata a lunga e per molti versi lo è ancora all'età dell'oro - lo dicono chiaramente molti indicatori.
  Tutti noi sappiamo che se vogliamo davvero sperare di trovare soluzioni ad alcuni problemi di salute, dobbiamo ricorrere alla sanità privata, che le liste d'attesa sono lunghissime, che le inefficienze sono tante, troppe, sappiamo che le nostre strutture sono inadeguate. Sappiamo che perfino il livello di civiltà delle prestazioni è assai basso. Sappiamo quanto le nomine politiche, "in primis" quelle dei direttori generali della Asl abruzzesi, abbiano negativamente inciso nella realtà della nostra sanità pubblica. Che siamo ancora all'età della pietra lo ha confermato, se mai ce n'era bisogno, la recente vicenda del "cosiddetto" reparto oncologico dell'ospedale di Teramo. La situazione era così disperata che perfino i gridi di dolore di pazienti, medici, infermieri e famigliari dei pazienti giungevano alti all'orecchio di tutti meno a quelle di coloro che più avrebbero dovuto prestare attenzione per sentirli. C'è voluto in gesto di protesta di un blogger - perché i giornalisti non protestano mai - ad attirare sul dramma dell'oncologia di Teramo un po' di attenzione e costringere, sia pure tardivamente, a prendere un provvedimento, che peraltro è del tutto inadeguato ai bisogni e alle necessità.
  Io più di altri sono in grado di avere coscienza che la nostra oncologia sia ancora allo stato della pietra. Mi trovo nella condizione di passare ad uno stato di civiltà da terzo millennio a quello dell'età della pietra quando torno dal Veneto a Teramo, percorrendo mediamente in cinque ore una distanza che, calcolata non sui tempi di percorrenza automobilistica ma su quelli delle ere geologiche, si rivela siderale e calcolabile in secoli, o addirittura in millenni. In Veneto ho un famigliare che opera come psiconcologo in una struttura pubblica in cui al paziente oncologico e al malato terminale viene garantita non solo un'assistenza medica e terapeutica di prim'ordine, ma anche un'assistenza psicologica ritenuta necessaria e non opzionale. Il malato, o assistito in ospedale o in hospice, viene seguito e supportato anche psicologicamente e lo stesso supporto viene assicurato ai famigliari.
  Scorgo nel lavoro nel mio famigliare un impegno, una cura, una empatia e una delicatezza che sono imprescindibili. Pur non volendo, percepisco l'eco di storie drammatiche, drammaticamente vissute ma affrontate con coraggio e con partecipazione emotiva, perché se è importante la qualità del vivere è importante anche la qualità del morire e la sofferenza va lenita anche quando è dell'anima, risultando quella del corpo superabile solo in parte. La nostra realtà legislativa è teoricamente attrezzata, ma solo teoricamente, perché in tante parti del nostro paese, tra le quali l'Abruzzo e Teramo in particolare, non ha mai trovato una concreta applicazione sul piano dell'apprestamento di iniziative tese a garantire una adeguata terapia del dolore, l'istituzione di hospices, il rafforzamento delle strutture oncologiche.
  Quando lascio il Veneto, lascio una realtà in cui anche la psiconcologia, accanto all'oncologia, è fatto conclamato, strutturato, riconosciuto. Quando arrivo in Abruzzo e a Teramo, trovo una realtà in cui non c'è nemmeno una vera oncologia, figuriamoci se possa esserci una psiconcologia e i pazienti non sono assistiti adeguatamente nemmeno sul piano terapeutico, figuriamoci se possono usufruire di un'assistenza e di un supporto psiconcologico.
  L'iniziativa di un blogger ha posto l'accento su un dramma e ha spinto chi proprio non poteva ritrarsi quanto meno dal clamore della vicenda a mettere una pezza. Ma non basta una pezza. Occorre fare molto, molto di più. L'oncologia non deve essere e rimanere l'ultima delle discipline mediche solo perché spesso è impotente e non garantisce successi professionali vistosi e riconoscibili. Il famoso chirurgo che con i suoi interventi opera miracoli, e arricchisce il suo prestigio e il suo conto in banca, va giustamente osannato e merita i riconoscimenti che gli vengono tributati. Ma anche l'oncologo che rende la vita al paziente meno dolorosa e lo psiconcologo che gliela rende più sopportabile e soprattutto meno gravosa e più serena, vanno apprezzati e messi in condizione di fare al meglio il loro lavoro. Non bisogna far passare lo slogan del "tanto deve morire".

Elso Simone Serpentini

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