Il corrosivo del 24 marzo 2015

 

Che fine... la Fonte della Noce!

 

       Non la si prenda come un provocazione né come una forma di pubblicità alla mia produzione editoriale, ma voglio riproporre alcune pagine del mio libro Il fuoco dei Salamita, Demian Edizioni, 2010 (collana Briganti d’Abruzzo), in cui ricostruisco una “storica” cena avvenuta la sera del 20 giugno 1514 nello spiazzo antistante la Fonte della Noce di Teramo, alla quale presero parte due Regine, entrambe di nome Giovanna, in visita in città. (pp. 29-34).

 

      Le Regine […], quando, imboccata la stradina che vi conduceva dall'Acquaviva, ebbero oltrepassato da poco il Casino del Vescovo, si trovarono improvvisamente di fronte ad un luogo che le riempì di ammirazione per la bellezza e per l'amenità del paesaggio. La Regina Madre volle scendere dalla lettiga e chiese che posto fosse quello, che era ancora più bello dell'Acquaviva e che sembrava il paradiso in terra. - Maestà - le disse Nochicchia, che le era stato a fianco per tutto il tempo e lo era anche in quel momento - noi teramani chiamiamo questo luogo Fonte della Noce, per via di quella noce secolare, che facendole ombra, sovrasta quella fonte, da cui sgorga l'acqua più fresca, più pura e più piacevole al palato di quante, pur buone, ne abbiamo in questa nostra città.
       
La Regina volle assaggiare l'acqua della Fonte e, allontanando con un gesto della mano una brocca che le porgeva una sua donzella, si abbeverò direttamente ad una delle canne che adducevano l'acqua ad una piccola vasca, la quale, dopo averla raccolta, la disperdeva per via di zampilli sempre più piccoli, lungo un canale in leggera pendenza, verso luoghi che risultavano inaccessibili, quanto invisibili, per la grande verdura che copriva i luoghi. C'era, di fronte alla Fonte, uno spazio non grande, ma sufficiente per dare alla Regina un'idea che tradusse in desiderio. “Mi piacerebbe” disse a Nochicchia  “che in questo spiazzo, davanti a questa Fonte, si apparecchiasse domani sera la cena”. “Saremo lieti di accontentare il vostro desiderio, Maestà” rispose Nochicchia.
        […] “
Nochicchia ordinò che fossero sistemati tutt'intorno altri alberi, spiantati altrove e ripiantati in quel luogo, per accrescere l'ombra e l'incanto di un già tanto piacevole sito, posto proprio sotto le mura della città, che sovrastavano in alto. In poche ore fu sistemato, tutt'intorno allo spiazzo dove si sarebbe svolta la cena, un vero e proprio boschetto, di alberi di ogni tipo, ma tutti adatti a fare molta ombra, per lo più alami bianchi. Sulla destra della Fonte, Nochicchia ne fece sistemare un'altra, posticcia, costruita a bella posta, con l'acqua che scorreva da un pertugio a forma di mulino, tutta coperta di verdure. L'acqua, dopo aver percorso un breve tratto, veniva costretta in un cannello più stretto, che la faceva zampillare molto in alto e poi ricadere a poca distanza, proprio ad un metro dal centro dello spiazzo, dove venne istallata la mensa. In quello spiazzo, che rimase conchiuso dal boschetto che era stato impiantato, entravano con una certa comodità una diecina di persone, tante quante sarebbero state a cena, alla quale avrebbero partecipato solo gli intimi delle due Regine.”

       […] Fatti gli ultimi preparativi e giunta l'ora stabilita per la cena, arrivò in lettiga, portata a mano da quattro servitori, la Regina Madre, seguita, sempre in lettiga, dalla figlia. Giunse a piedi, scortata da due donzelle, che poi si allontanarono, Giovanna Castriota, e a piedi, tutto impettito nella sua veste elegante, Don Alfonso Castriota. Mentre gli altri erano già a tavola, giunse e si sedette accanto a Don Alfonso la sua giovane favorita, Giulia de Gaeta. All'altro lato della mensa sedettero Giovanni Antonio Nochicchia e il Cancelliere Angelo del Monte, che ebbero al loro fianco la principale dama di corte della Regina, un alto dignitario della Corte e sua moglie. 
      
Seduti a mensa erano complessivamente in dieci, con il maggiordomo della Corte che assisteva alla somministrazione delle vivande e delle bevande, tutte assai sontuose. La cena durò un paio di ore e per tutto il tempo i musici nascosti dietro l'orlatura del boschetto suonarono musiche dolcissime e intonarono canti altrettanto piacevoli. Di tanto in tanto, i musici cessavano di suonare e,  per due volte, in pause della cena, uscirono dal boschetto che sovrastava la fonte, dodici giovanetti, che danzarono con incantevole grazia. La prima volta erano vestiti alla moresca ed eseguirono una danza della stessa foggia. La seconda volta uscirono vestiti e pettinati da donne e la loro danza fu leggiadra ed eterea. 
      
Le due Regine erano visibilmente compiaciute, quanto sorprese, davanti a questa accoglienza e divertite dai suoni, dai canti e dalle danze, allietate dalla freschezza del sito, in una sera che, senza quel particolare allestimento, sarebbe risultata assai calda. Ancora una volta si ebbe l'impressione che, così come era avvenuto la sera prima quando si erano trovate all'Acquaviva, alle due Regine dispiacesse partirsi da un luogo così incantevole. Infatti restarono fin sul far della notte e rimasero ancora una volta sorprese quando, per vincere le ombre, furono accese le luminarie fatte predisporre da Nochicchia, che non aveva tralasciato alcun particolare.
      
Per tutta la durata della cena la Regina non fece altro che compiacersi di tanta benevola accoglienza dei teramani e pregò Nochicchia e il Cancelliere di ringraziare a suo nome tutti i cittadini di Teramo, assicurando che non avrebbe mai dimenticato quelle due serate così piacevolmente trascorse nella loro città.”

      Se Teramo avesse una vocazione colta e il senso del rispetto per la propria storia, non disgiunto da un’attenzione agli aspetti riguardanti la valorizzazione turistica dei propri siti storici, questo luogo della città sarebbe stato per anni, per decenni, un biglietto da visita eccezionale e un richiamo di eccezionale fascino. Sulla Fonte della Noce e sulla sua storia si sarebbe potuto edificare un gran pezzo della nostra “nobilitate” Invece l’indifferenza e l’incuria hanno fatto di questo luogo un ricettacolo di immondizia e di degrado ambientale.
Tante volte privati cittadini, nell’incuria delle amministrazioni, hanno meritoriamente liberato la Fonte delle erbacce e delle sterpaglie, tante volte queste ultime sono tornate ad avere la meglio, ricoprendo ogni cosa, comprese le vestigia e il ricordo di quella “storica” cena di una caldissima sera del mese di giugno del 1514. La foto allegata a questo scritto documenta la situazione attuale, deprimente.
       Il sindaco Brucchi dice che il corso della città che amministra non ha storia. Se la sente di dire lo stesso di questa “magica” Fonte della Noce?