Il corrosivo del 12 dicembre 2014

 

Una palestra di democrazia e di cultura

      

Ricordo un’infinità di eventi, manifestazioni, convegni, culturali, sociali, sindacali, iniziative politiche, dibattiti appassionati, confronti, perfino congressi di partito, mostre, che ebbero vita nella cosiddetta Sala del Palazzo della Sanità. Era una vera palestra di democrazia, a volte così piena, in entrambi i locali, quello più grande e quello più piccolo, collegati tra loro, che la gente si ammassava nell’atrio e lungo le scale.  Fu una bella stagione, quella, in cui mettemmo alla prova le nostre capacità di partecipazione e di condivisione di obiettivi, in cui ci confrontammo e dibattemmo in uno spazio dedicato e delegato, di quando a Teramo la cultura rappresentava ancora un valore. Ricordo le sedie occupate da intellettuali e da professionisti, o da operai che manifestavano per difendere il posto di lavoro.

 

     Ricordo persone in piedi, ad ascoltare per ore il conferenziere di turno o gli oratori che appassionatamente dibattevano e discutevano, confrontando le loro divergenti opinioni.Ricordo un bellissimo incontro con Giorgio Almirante, che parlò ad una sala strapiena, ricordo una mia conferenza al tempo dei decreti delegati sulla scuola, che introdussero i consigli di classe e di istituto e io li chiamai “decreti mal-fatti”, facendo un gioco di parole con il ministro Malfatti, che li aveva firmati. Ricordo una bellissima mostra fotografica su Teramo com’era, “Cara Teramo”, realizzata da Antonio D’Amore (poi nel 1989 diventata un libro, di Demian Edizioni). Ricordo un’altra bellissima mostra ornitologica; ricordo una bellissima conferenza con il prof. Emilio Servadio, uno dei fondatori della psicanalisi italiana. Ricordo presentazioni di libri.
    
Si faceva di tutto in quella sala. L’uditorio era sempre folto. Le occasioni sempre interessanti, così come gli stimoli. Poi a Teramo la cultura e i valori culturali cominciarono la curva discendente e imboccarono la via del degrado e della decadenza. La fine della sala del Palazzo della Sanità ne fu il paradigma. Non ricordo quale fu l’ultimo evento che vi si verificò, non ricordo quando fu chiusa (mi risulta l’allestimento nel 1984 di una “Mostra collettiva d’Arte Contemporanea”), forse quando l’Amministrazione Provinciale allestì la Sala Polifunzionale, in via Comi, e ritenne che l’altra sala si potesse chiudere senza problemi. Poi vennero altre sale, la San Carlo, con la trasformazione di quella che era stata l’aula della Corte d’Assise e si ritenne che la Sala Espositiva di via Nicola Palma fosse un altro spazio aggiuntivo che della sottrazione di quella del Palazzo della Sanità, gestita dalla Provincia, non ci si potesse lamentare giustificatamente.
    
Altre sale, pure molto usate, scomparvero e furono sottratte all’uso: la sala consiliare del Comune, quella consiliare della Provincia, l’aula magna del Convitto Nazionale. Pensare che una volta erano tutti spazi disponibili e tutti molti utilizzati ci fa capire quanto Teramo fosse solo una ventina di anni fa, o poco più, culturalmente attiva. La saletta della ex Chiesa della Misericordia, poi Casa del Mutilato, in piazza Dante, è stata riutilizzata con molta parsimonia, anche recentemente, molto meno di quando, essendo indisponibile la sala consiliare della Provincia, ospitava tutti gli eventi che in precedenza venivano organizzati in quest’ultima. La gestione delle poche sale rimaste, tutte a pagamento o usufruite gratis solo in caso di patrocinio, da chiedere e da ottenere, è risultata sempre piuttosto difficoltosa e non sempre trasparente. Gli uditori sono risultati sempre più scarsi per una generale crescente indifferenza dei teramani agli eventi culturali. La ventilata sottrazione di una parte della sala espositiva di Via Nicola Palma grida vendetta e fa trasparire la completa indifferenza dell’attuale amministrazione comunale, per allocare degli inutili (o poco meno) uffici dell’Urp, nei confronti della cultura e nei termini di una sensibilità verso i suoi valori.
    
La scomparsa della sala del Palazzo della Sanità mi ha sempre rammaricato e a lungo ho sognato che potesse ricomparire, restituita al dibattito cittadino. Ieri mattina, ospite a “Vera Mattina”, trasmissione di Vera TV condotta da Paola Peluso, sono tornato a riproporne la restituzione alla città, a immaginare che potesse tornare ad essere la palestra di cultura e di democrazia della nostra città, a sognare che possa riempirsi di nuovo ed ospitare un pubblico straboccante, accorso numeroso e interessante per il richiamo di ogni tipo di evento culturale o di manifestazione. Paola Peluso è poi andata con la telecamera a vedere in che stato fosse una realtà che lei non ha mai conosciuto, per la sua giovane età, e ha riportato il dato giornalistico sconfortante: quella sala oggi non esiste più.
    
Sono stati eretti dei tramezzi divisori e sono stati ricavati degli uffici, a disposizione dei vari enti che si sono succeduti nell’utilizzo di tutto il Palazzo della Sanità: l’Asl di Teramo, la Regione Abruzzo, e poi il Genio e la Protezione Civile, dopo che l’Amministrazione Provinciale, sul finire del 2010, ne tornò in possesso. La “cosiddetta” eliminazione della Provincia (un falso storico e politico) mi ha fatto sperare che il mio sogno potesse realizzarsi, ma poi ho capito che questo non avverrà. Però nella mia pertinacia e nella mia ostinazione sono ancora convinto che, se ce ne fosse la volontà e se altri avessero la mia stessa convinzione, la mia proposta potrebbe essere sostenuta e, senza dispendio eccessivo di risorse, si potrebbe restituire a Teramo e ai teramani, proprio nel cuore della città, quella palestra di democrazia e di dibattito culturale che una volta c’era e ora non c’è più.
    
Apprendere che l’ignoranza di molti, a vario titolo e livello, ha indotto a collocare un cartello con sopra scritto “Piazza Pennesi”, facendo quindi perdere la memoria storica del sacrificio dei martiri della sollevazione di Penne del 1837 a cui la piazza era stata intitolata e facendo immaginare a chi non lo sa e a chi ha perduto le memoria che Pennesi possa essere il cognome di qualche illustre personaggio… mi ha fatto precipitare nello sgomento. Anche perché l’unico Pennesi di una certa notorietà che conosco è quel Gabriele capo dell’omonima banda che nel gennaio 1959 uccise a Ponzano di Civitella i fratelli Romeo ed Elena Malaspina a colpi di mitra. L’intitolazione della piazza è passata dai martiri ad un carnefice?