Tramite un comune amico,
ottenni anche un incontro con l’on. Antonio
Tancredi, dal quale fu fissato un appuntamento nello
studio annesso alla sua abitazione, a Fonte Baiano.
Andai accompagnato dal comune amico, un collega, uno
stimato insegnante di matematica, che del deputato
democristiano era tra l’altro consulente elettorale.
Fu quella la prima ed unica volta
che mi trovai nell’anticamera dell’on. Tancredi, che
fino a quel momento, come poi avvenne in seguito,
avevo incontrato solo in occasioni pubbliche o come
ospite in televisione.
Rimasi nell’anticamera dell’onorevole più di
mezzora, insieme con un’altra persona che era in
attesa di un colloquio da prima che arrivassi io. Mi
sorpresi nel trovarlo li, seduto, a fare anticamera,
perché si trattava di un primario ospedaliero di una
certa importanza e notorietà, nella cui anticamera
mi sarei aspettato di trovare l’on. Tancredi e non
viceversa. Confesso un certo imbarazzo reciproco e
confesso anche che quello mio era dovuto anche al
timore di essere scambiato per uno dei tanti
“questuanti” che si recavano dal deputato per
chiedere questo o quello. Ricordo vagamente che
sentii anche la necessità di spiegare che non mi
trovavo lì per chiedere qualcosa per me, ma per la
mia emittente.
Dopo l’uscita dallo studio
dell’onorevole del primo visitatore, che non ricordo
chi fosse, entrò il primario e io rimasi in attesa,
sempre in compagnia del mio collega. Dopo un’altra
ventina di minuti, toccò a me. Mi sedetti e presi a
spiegare la situazione che si stava determinando con
un piano di assegnazione di frequenze televisive
che, tra molte ingiustizie, ci penalizzava
fortemente, condannandoci all’estinzione.
L’onorevole ascoltò e si impegnò ad occuparsi del
problema. Ricordo (elemento di colore) uno
schedario, di quelli a bussola rotante, che si
trovava sulla scrivania. Immaginai (ma forse fui
malizioso) quanto fosse importante quello schedario,
anche ai fini elettorali, quando l’onorevole ci
appuntò sopra anche il mio colloquio e il problema
che avevo appena rappresentato.
Ricostruii mentalmente questo
incontro quando avvenne, qualche tempo dopo, quel
che temevo che potesse avvenire, che cioè l’on.
Tancredi mi potesse rinfacciare quel colloquio, per
dimostrare e rivelare che “anche” io mi ero rivolto
a lui per chiedere un favore. Accadde che nel corso
di una trasmissione televisiva in diretta, un
dibattito, arrivò una telefonata dell’onorevole, il
quale, sentendosi accusato da me, non ricordo per
quale critica io avevo rivolto a qualcosa che lui
aveva fatto, mi fece presente che anche io gli avevo
chiesto un favore. Risposi molto stizzito, facendo
presente che mi ero rivolto a lui, in un colloquio
ufficiale e non riservato (così come mi ero rivolto
ad altri esponenti politici, di tutti i partiti,
compreso il Partito Comunista, di cui feci i nomi,
elogiandone la maggiore correttezza), non per un
favore, ma per un intervento politico.
Quali riflessioni fare sull’episodio e/o
quali conclusioni trarne? Nessuna, e non
voglio dare nemmeno alcun suggerimento. Voglio solo
ribadire che all’epoca considerai la cosa, e tale la
ritengo ancora oggi, come una scorrettezza, compiuta
da chi manifestava l’intenzione di voler mostrare
che ero io in difetto e che, mentre pubblicamente
accusavo, in segreto chiedevo favori. Ma non avevo
chiesto alcun favore, nessun trattamento riservato.
Nemmeno avevo rivendicato un diritto trasformandolo
nella richiesta di un favore. Avevo semplicemente
chiesto l’intervento politico di un politico, un
parlamentare, così come avevo chiesto l’intervento
politico di altri politici, ciascuno nei limiti
delle rispettive capacità di intervento, per
correggere un provvedimento legislativo del
Ministero delle Poste relativo all’assegnazione
delle frequenze.
Rimasi molto amareggiato dall’episodio,
anche perché ne avevo temuto il verificarsi. Ci
ripensai quando se ne verificò un altro, per il
quale anche io mi addolorai, un incidente stradale
nel quale fu coinvolto l’on. Tancredi sotto il
traforo del Gran Sasso, tanto grave da metterne in
pericolo la vita e da determinare una lunga degenza
in ospedale. Scartai subito l’ipotesi di fargli
pervenire anche la solidarietà per lo scampato
pericolo e con meravigliata sorpresa, pur
compiacendomi che poi fosse intervenuta una
guarigione completa, alla competizione che ci fu per
essere ammessi “per primi” ad un colloquio con lui
nella sua stanza d’ospedale dopo che i medici
l’avevano finalmente autorizzata. Fu una
competizione serrata, con numerosissimi combattivi
concorrenti, allineati ai nastri di partenza. Ognuno
desiderava essere il primo a incontrarlo e a
felicitarsi con lui.
Chi vinse la gara (non ne
faccio il nome, perché è morto, dico solamente che
era un assessore comunale di Teramo) ne menò poi
vanto assai a lungo, pavoneggiandosi come se avesse
conquistato chissà quale trofeo. Sono cose (e
debolezze) della vita, su cui possiamo spargere una
pietosa misericordia. Ma paradigmatica.
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