COLTURA
– Vedo con piacere e soddisfazione,
mia cara, che alla fine ti hanno proprio cacciato
dalla città.
CULTURA
– Adesso capisco il perché. Se tu sei diretta là,
devono aver chiamato te al mio posto.
COLTURA
– Mi ha chiamato il sindaco in persona, mia cara,
che ama me quanto più disprezza te. Così come tutti
in città.
CULTURA
– Se non mi avessero cacciato, me ne
sarei andata io di mia volontà. Non potevo rimanere
un solo giorno di più dove venivo apprezzata sempre
meno.
COLTURA
– E io, invece, non posso stare un
giorno di più lontano da una città che mi venera
tanto, al punto da mandarmi dei messi a richiedere
la mia presenza tra i cittadini.
CULTURA
– E’ ormai lontano il tempo in cui si pensava che
entrambe potessimo svolgere lo stesso ruolo.
Cicerone diceva cultura vitis e cultura animi, ma
fino all’Ottocento siamo state spesso confuse. Oggi
le idee si sono chiarite: io riguardo la
coltivazione dell’intelletto, tu quella dei campi.
COLTURA – Io non so nulla di questo. So solo che i
tuoi strumenti, i libri e la penna, sono caduti in
disuso nella città dalla quale vieni e nella quale
io vado, con i miei strumenti: la vanga e la zappa.
CULTURA
– Ti lascio volentieri andare a regnare su gente
che, lasciate deserte le librerie e le biblioteche,
frequenta i campi coltivati e gli orti.
COLTURA
– Se è per questo nemmeno quello, perché mi hanno
riferito che i teramani non frequentano più nemmeno
questi luoghi, che richiedono fatica e sudore, e
amano trascorrere il tempo stando seduti ai tavoli
dei bar e dei caffé.
CULTURA
– Solo bar, non caffé. Nei caffé ho troneggiato io,
con il corteo dei miei letterati e dei miei poeti.
Quelli nei quali andrai tu ad essere omaggiata sono
solo dei bar, nemmeno più delle cantine, dove pure
restava qualche cosa di me.
COLTURA
– Tu te ne vai sola e raminga, rifiutata e
ripudiata. Io sarò regina e il mio dominio è già un
fatto conclamato all’interno del gruppo dei
reggitori e dei politici, che amministrano e
governano la città nel mio nome, non nel tuo.
CULTURA
– Nostro padre oggi si vergognerebbe di te. Il
vecchio Cultus teneva tanto a che le sue due figlie
esercitassero entrambe uno stesso ruolo, sia pure tu
in modo diretto e io in senso traslato.
COLTURA
– Le cose sono cambiate, mia cara, da quando tu ti
sei invaghita di quei vaneggini di poeti che si sono
messi ad andare in giro dicendo che Denaro puzzava e
chi gli era amico maleodorava come lui.
CULTURA
– So bene che tu, dopo aver trescato con lui e dopo
esserti data senza ritegno, hai cominciato a
spargere la voce che invece non puzza e che chiunque
lo avvicina può essere felice.
COLTURA
– Lo vedi che, nonostante tutto, non
hai imparato nulla e che la tua saccenza è vuota?
Non ti sei mai voluta convincere che la gente non
riesce a sfamarsi con un pugno di versi così come
invece riesce a fare con un mazzetto di ravanelli.
CULTURA
– Non esistono solo la fame e la sete dello stomaco,
ma anche quelle dell’intelletto e dello spirito.
COLTURA
– Però la gente può continuare a
vivere con la testa vuota, non certo con lo stomaco
vuoto.
CULTURA
– Allora vai pure a riempire la pancia di quella
gente, che ha scelto di essere governata da politici
con la testa vuota e con lo stomaco pieno.
COLTURA
– E tu vai altrove a cercare teste vuote da
riempire, ne troverai quante ne vuoi. Ma sai bene di
essere destinata al fallimento. Chi ha la testa
vuota non ha alcun desiderio di riempirla, mentre
chi ha la pancia vuota non pensa ad altro che a
riempirla.
Le due sorelle si
allontanarono,
separando per sempre le loro strade, avviandosi
verso direzioni opposte. Si adunò una gran turba,
quando in città arrivò COLTURA, ma nessuno portava
vanghe zappe o altri arnesi adatti alla coltivazione
della terra, né altri idonei ad essere adoperati
negli opifici e nelle officine. Tutti avevano invece
nella mano destra un calice e nella sinistra un
tramezzino, pronti a portare alla bocca
alternativamente ora l’uno ora l’altro. Bevendo e
mangiando, tutti chiesero alla nuova regina, sindaco
ed assessori in testa, di bruciare in piazza tutti i
libri che avevano potuto trovare, anche quelli che
si ostinavano a parlare della gloriosa storia della
città.
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