Rileggiamo
un articolo pubblicato sul giornale teramano “La
Luce” (il titolo la dice lunga sull’orientamento
massonico del periodico, di cui era proprietario
responsabile Feliciano Alessandrini e che nella
testata si definiva “Giornale della democrazia
abruzzese”) di giovedì 7 aprile 1892. Il titolo è:
“Povera Teramo!”
L’articolista, Fiorello Spada
(certamente uno pseudonimo), intendeva difendere da
alcuni attacchi ritenuti ingiusti (condotti sia con
“armi palesi” che con “brigantesche aggressioni”) il
comm. Giuseppe Cerulli, definito “fiero capitano
della opposizione municipale, scomparsa dopo i patti
di pace solennemente sottoscritti sull’altare della
concordia cittadina”. [Nato a Teramo il 13 marzo
1846, era stato deputato ininterrottamente dal
novembre 1876 all’ottobre 1890, in quattro
legislature consecutive]. Ma l’articolo andava al di
là della difesa dell’uomo politico ed estendeva le
proprie considerazioni sul piano più generale,
sostenendo che a Teramo si era perduto “fin l’ultimo
resto di pudore” e che l’immoralità regnava
sovrana.
Esuliamo dagli aspetti
specifici delle accuse rivolte all’uomo politico e
agli argomenti difensivi contenuti nell’articolo, e
soffermiamoci a riflettere proprio sulle
considerazioni generali, perché sono proprio quelle
nelle quali si leggono giudizi che risultano del
tutto attuali e sottoscrivibili ancora oggi nel
descrivere la realtà teramana, che, appunto, pare
non essere punto mutata.
Fiorello Spada scrive (nel
1892): “In Teramo a questo siamo ridotti: i buoni
vengono maltrattati in tutti i modi perché si
ritirino e lascino massima libertà di fare e disfare
ai cattivi, alla camorre costituite. E’ un male che
tutti vedono, che tutti deplorano; ma pochi hanno il
coraggio di alzare la voce, di protestare in nome
della morale e del decoro paesano. Finirà questo
stato di cose? E’ doloroso dirlo, ma a noi sembra
che no.” Certa gente, denuncia l’articolo, ha
un’ambizione così sfrenata da essere superiore anche
“al sentimento dell’affetto per il loco natio”, e le
aggressioni personali sono penetrate nell’aula
comunale, per responsabilità degli stessi che hanno
invocato la pace e la concordia cittadina.
“Povera Teramo!” conclude
l’articolo, che nella prima parte parla del
“decadimento in cui è caduto un popolo”, scrivendo:
“…è impossibile per noi serbare silenzio su talune
manifestazioni morbose della nostra vita pubblica.
Precipitiamo troppo in basso per non sentire il
dovere di muoverci per tentare di arrestare le cause
che ci spingono giù.”
E’ il caso di precisare che in quel
momento, aprile 1892, Giuseppe Cerulli
non era più deputato e che tornerà ad esserlo nel
mese di novembre di quello stesso anno, rieletto
nella XVIII legislatura, poi ancora per altre cinque
legislature, fino alla XXIII, e morirà deputato a
Teramo il 15 aprile 1912. Era un uomo di potere,
anche se la sua scheda da parlamentare, alla voce
professione, riporta non proprietario terriero (e
grosso) quale era, ma “agricoltore”, facendolo
passare quasi per un contadino. Eppure in quel
mentre, dall’ottobre 1890, quando si era chiusa la
XVI legislatura, e non rieletto nella XVII, Cerulli
non era più deputato e capeggiava l’opposizione in
consiglio comunale, contro il sindaco Berardo
Costantini, eletto nel 1889, al quale subentrerà nel
1895, Luigi Paris, massone come Cerulli, ma massone
anche come Costantini, a prova che la lotta politica
ed amministrativa era sempre all’interno della
consorteria e della fratellanza, in schieramenti
contrapposti che continuamente si bilanciavano e si
controbilanciavano nella gestione delle cariche e
del potere.
“Povera Teramo!”
gridava ad alta voce “La Luce” nel 1892. “Lo
combattono perché lo temono” scriveva per
giustificare le accuse contro l’uomo politici,
perché cercano di indurlo ad abbandonare la vita
politica, perché dove c’è lui c’è cultura
amministrativa, competenza indiscussa in materia di
bilanci, c’è rettitudine, c’è serietà, c’è assenza
di ogni mistificazione, perché non intende subire
atti di camorra. Tutte buoni argomentazioni a difesa
dell’uomo e del politico, tutti buoni argomenti per
descrivere il degrado morale di una città, tanto
maggiore quanto più grande era l’attacco nei
confronti di chi rappresentava il male al quale si
contrapponeva il male.
I teramani del 2014 rispetto a quelli del
1892, hanno un solo motivo in più per
lamentarsi e non poco. Essere costretti a
confrontare la statura di uomini come Costantini e
Cerulli con quella di Brucchi e Gatti e Tancredi…
c’è da rimanere basiti e senza parole. Povera
Teramo! Anche sul piano dei giornali... Il giornale
“La Luce” non c’è più. Non sarebbe il caso di
fondarne un altro, intitolato “L’Ombra”?
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