Ho sempre odiato
l’accattonaggio e
mi ha provocato sempre un grande fastidio chi tende
la mano con insistenza e con petulanza. Sono
disposto ad accettare le critiche dei buonisti di
buona pasta, a riconoscere che possa essere un mio
limite, ma sono fatto così. Non accetto il concetto
stesso di elemosina e mi sono beato delle frasi con
cui esso è stato condannato da scrittori di varie
tendenze. Se Kant riteneva che fare l’elemosina
fosse un dovere etico, e il cristianesimo lo ritiene
un dovere morale per i fedeli, Anatole France
scriveva che l’elemosina avvilisce tanto chi la
riceve che chi la fa; Francesco Domenico Guerrazzi
che essa anziché sollevare gli accattoni dalle
necessità li mantiene nel vizio; Arthur Schopenhauer
che, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra.
Muhammad Yunus, economista e banchiere
bengalese, ideatore e realizzatore del microcredito
moderno, sostiene che l'elemosina dà al donatore
l'impressione di fare qualcosa e chi raccoglie
denaro mendicando non è motivato a migliorarsi, che
mendicare priva l'uomo della sua dignità,
togliendogli l'incentivo a provvedere alle proprie
necessità con il lavoro e rendendolo passivo.
Ho sempre associato la richiesta di
elemosina e l’accattonaggio alla vita vissuta con
l’arte di arrangiarsi, tipica una volta delle
società povere e oggi indicata come valore positivo
in una età di crisi e mancanza sempre più acuta di
opportunità di lavoro. So che sarei praticamente
impossibilitato dalla mia natura vigile ed ostile,
oltre che dal senso della mia dignità, come accadeva
all’Umberto D. del celebre film di De Sica, a
stendere la mano per chiedere l’obolo anche se mi
trovassi nella più assoluta indigenza e preferirei
la morte per fame ed inedia alla possibilità di
chiedere un solo centesimo a chicchessia.
Il codice penale, prima dell’abrogazione
del 15 giugno 1999 di una norma
specifica al riguardo, prevedeva l’arresto fino a 3
mesi di chi mendicava in luogo pubblico o aperto al
pubblico, e l’arresto da uno a 6 mesi se il fatto
era commesso in modo ripugnante o vessatorio, o
simulando deformità o malattie, o adoperando altri
mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà. La
finalità del codice era la difesa dell’ordine
pubblico e della pubblica tranquillità e in
particolare del decoro e della probità della civile
convivenza fondata sul lavoro. Dopo l’abrogazione,
rimane in vigore la norma che punisce con l’arresto
da 3 mesi a un anno chi si avvale, per mendicare, di
una persona minore di 14 anni, o comunque non
imputabile, che sia sottoposta alla sua autorità,
custodia o vigilanza o che permetta che tale persona
mendichi. Se il fatto viene commesso dal genitore o
dal tutore la condanna implica la sospensione
dell’esercizio della potestà dei genitori o
dall’ufficio di tutore.
E’ noto a tutti che sia la norma abrogata
che quella rimasta in vigore hanno sempre trovato
nessuna o assai scarsa applicazione e le nostre
strade sono oggi sempre più affollate di accattoni e
di questuanti di ogni tipo e di ogni razza. Ogni
mattina nelle città dei pulmini scaricano e
depositano qua e là nei punti più affollati falsi
storpi e medicanti vecchi e giovani, che devono poi
consegnare gran parte di quello che viene loro dato
in elemosina ai loro magnaccia. Il fastidio che ne
provo è indicibile e se qualcuno è lì pronto a dirmi
che è un mio limite, io sono altrettanto pronto ad
accettare l’osservazione, ma deciso a non mutare di
una virgola il mio giudizio e il mio atteggiamento.
Non esiste soltanto l’accattonaggio
materiale, c’è anche quello morale, e molti sono
attorno a noi gli accattoni per vocazione, che non
appartengono alla turba di questuanti da strada o da
piazza. Molti sono ben vestiti e ben pasciuti, ma
sono accattoni dentro, nell’animo.
Ben vestiti sono gli
incravattati, per i quali provo
altrettanto fastidio che per gli accattoni. Di
solito vanno in coppia e indossano anche d’estate e
con il solleone giacca e cravatta. C’è una battuta
nell’ultimo film di Antonio Albanese che fa per
loro: “chi non porta la cravatta compra, ma non
vende”. Gli incravattati soffrono il caldo, ma lo
combattono, malamente. Quando si tolgono la giacca
dopo aver terminato il loro lavoro e lasciato i loro
clienti, si tolgono le giacche e mostrano il
sottoascelle grondante di sudore. Si sciolgono il
nodo della cravatta mostrando lo stesso piacere che
proverebbero gli impiccati se riuscissero a
sciogliersi dal collo il nodo scorsoio che,
stringendosi, sta per togliere loro la vita. Provo
un po’ di pena per gli incravattati, ma è maggiore
il fastidio che mi provocano, perché immagino il
loro stile di vita, sempre costretti a cercare di
vendere qualcosa, inconsapevoli del fatto che vanno
vendendo anche se stessi e la loro libertà. Molti di
loro sono seduti alle loro scrivanie, dentro i loro
uffici, e non sanno che sono dei carcerati.
Dicevo che vanno a coppie, gli
incravattati, ma se li conosci e li eviti, non sono
pericolosi. Però quando vanno in giro più numerosi,
in gruppi di quattro o più, molti fra quelli che li
incontrano fanno gli scongiuri, perché è fin troppo
evidente, dalle cravatte uniformi e dalle loro
livree, quale sia il loro triste ufficio.
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