Dopo aver posto sul terreno questo paletto,
mi piace sollevarmi un po’ dal suolo per qualche
considerazione un po’ più di vasto respiro e di
largo orizzonte, ponendo di nuovo (l’ho fatto già in
passato di tanto in tanto) qualche dubbio critico su
come si sta evolvendo, anzi involvendo, il concetto
di democrazia in questo nostro Occidente. In un
articolo pubblicato su “Le monde” il 22 febbraio
1992, il politologo francese Maurice Duverger
scriveva che ci voleva molto ottimismo per credere
che il crollo dei regimi comunisti all’est e il
cedimento delle dittature militari nel terzo mondo
potessero aprire alle democrazie un radioso
avvenire.
Prevedeva che all’est il comunismo
avrebbe rischiato di essere sostituito dal fascismo
e che nel terzo mondo l’integralismo musulmano
avrebbe teso verso un nuovo autoritarismo. Duverger
si diceva preoccupato per la minaccia che la
democrazia avrebbe dovuto e potuto subire. Le sue
preoccupazioni non erano infondate e alcune sue
previsioni si sono rivelate profetiche. Ma si
sbagliava, e di grosso, nel non rendersi conto che
la minaccia principale alla democrazia veniva
dall’interno stesso di sistemi politici che si
autodefinivano e si autodefiniscono tuttora
democratici senza esserlo.
Tutto quello che sta avvenendo in Europa,
e in generale in Occidente, è
trasformare le istituzioni in simulacri vuoti in cui
la democrazia non è più nemmeno solo formale, ma è
inesistente. Non si voterà per le nuove province in
Italia, si vota in Grecia ma poi si deve rivotare se
il risultato delle elezioni non piace, si vota per
le autonomie ma poi non se ne tiene conto, si vota
per il parlamento europeo ma senza un reale
coefficiente di democrazia, perché al popolo viene
consentito di esprimere liberamente le sue
preferenze fra movimenti politici ed uomini
intercambiabili, nell’ambito di un sistema da loro
controllato, fingendo che tutti cambi ma in realtà
facendo in modo che non cambi nulla. La perdita di
sovranità monetaria e politica degli Stati riduce
ancora di più la democrazia ad un fantasma, ad una
parvenza.
I detentori del potere economico e bancario
e dei mezzi di informazione stabiliscono
chi può essere considerato democratico e chi no, chi
ha il diritto di esprimersi e di votare liberamente
e chi no. La libertà dei giornalisti, ha scritto M.
Serra, è solo quella di scegliersi a chi vendersi.
La perdita di democrazia dei popoli è reale e
progressiva e la partecipazione popolare non è stato
mai davvero attuata. Lo scrittore americano Michael
Crichton ha affermato che le profezie del libro di
Orwel “1984” sono avverate, ma in un modo così
sofisticato che nessuno se n’è accorto. Il processo
parte da lontano, tanto che già Pasolini denunciava
che il nuovo potere democratico era il più violento
e totalitario che ci fosse mai stato, che cambiava
la natura della gente ed entrava nel più profondo
delle coscienze.
Anche un filosofo cattolico come Augusto Del Noce
scriveva che il nuovo potere reale era
un totalitarismo di nuova natura, di dominio
assoluto, assai più assoluto di quello dei modelli
passati. Le nazioni e i popoli hanno oggi perso ogni
capacità di scelta autonoma e di vita indipendente e
perdono progressivamente diritti e libertà. Avremo
amministratori provinciali non eletti e continueremo
ad avere parlamentari non eletti, ma scelti da
confraternite di partito e di loggia.
Gli elettori, persa ogni libertà reale,
saranno considerati soltanto come produttori e
consumatori seriali al servizio di poteri occulti, e
dovranno solo ubbidire. Questo già avviene e
continuerà ad avvenire. Gradualmente le identità
nazionali scompariranno insieme con quelle storiche
e culturali, contestualmente con i residuali margini
di libertà individuale e collettiva.
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