S’era detto che a Teramo c’era
Annibale alla porte. E’ peggio. Dentro le porte si
sono insediati e stanziano i barbari, quelli vecchi
e quelli nuovi. E le rovine sono dappertutto.
Brucchi che attacca i sindacati e i lavoratori ai
quali si minaccia una decurtazione di ore lavorative
e di stipendio, un sindaco che sbrocca ad ogni
minima occasione, mostrando di che pasta è fatto, è
il minimo che poteva capitare ai pretuziani, che
vanno tuttavia considerati responsabili del proprio
destino. “Pecore matte” li avrebbe definiti padre
Dante, che non avrebbe riconosciuto in loro i
caratteri degli uomini.
Si
rassegnino i teramani. Chi li osserva da lontano lo
capisce subito. Sono barbari e la barbarie è
visibile in ogni dove: nei palazzi abbattuti, nella
carenza degli eventi culturali, in un teatro
comunale inagibile, in una giunta rozza e quasi
incolta, nella sporcizia che si moltiplica in città,
nelle scritte che sporcano i muri, nel degrado del
tessuto urbano, nel rapporto tra potere e cittadini,
nella pochezza degli operatori dell’informazione,
nella poca qualità delle scuole, nella scarsa
conoscenza che i residenti hanno della loro storia,
nella ormai irreversibile decadenza degli istituti
culturali. In città si agitano ancora individui e
gruppi che cercano di smuovere le acque putride di
uno stagno immoto. C’è chi propone, gridando nel
deserto, di rivalutare il Castello Della Monica, chi
ripropone la ricostruzione del vecchio Teatro
Comunale, chi sogna un museo nell’ex ospedale
psichiatrico o la valorizzazione del Teatro Romano,
chi continua a testimoniare una città perduta e a
dare le prove fotografiche di una città che nessuno
racconta.
A che
serve? I pretuziani hanno votato da pochi mesi e
hanno segnato il loro destino. Hanno affidato ad
altri, stranieri e meteci, le loro sorti e hanno
messo le chiavi della città nelle mani di chi finora
l’ha saccheggiata e non ha nascosto l’intenzione di
voler continuare a farlo. Da lontano, come mi capita
ora di poter fare, i segni di fumo sono ancora più
evidenti, in un contrasto impietoso con altre
realtà, dove, anche in tempi di crisi, non è morta
la speranza e non si sono smarriti i sogni.
Vivere nella barbarie è quanto
meritate, pretuziani! Continuare a percorrere le
vostre strade lerce di urina e di birra e di
maleodoranti canali di scolo è quanto mostrate di
desiderare, fatelo con gioia, immeritevoli di ogni
considerazione. Fui e sono uno di voi, ma all’ombra
del campanile il fetore è diventato pestilenziale.
"II
barbaro o deride senza riserve o venera senza
riserve” ha scritto
Nicolás Gómez Dávila. Lasciate che mi
comporti anche io da barbaro, ma preferisco il primo
dei due comportamenti indicati, e vi derido. Lascio
a voi la responsabilità del secondo, per intera,
venerate senza riserve i politici e gli
amministratori che avete scelto di votare. Ecco,
venerate Brucchi e i suoi assessori, venerate i loro
finti oppositori, venerate i vostri falsi idoli,
venerate voi stessi. |