Il corrosivo del 18 dicembre 2012  

 

Che bei fuochi d'artificio!

   

Verdi, rossi, gialli, d’ogni colore. Nel cielo della politica nazionale, ma anche in quella teramana, s’innalzano al cielo fuochi di artificio multicolori, intenzionati a strappare a chi li guarda il classico "Ooohhh" di ammirazione.

    Funambolici personaggi tirano fuori ciascuno il proprio bagaglio di polvere pirica e confezionano i loro prodotti, per poi dar fuoco alle polveri e avviare gli spari a colori, di ogni colore, mescolati tra loro, alla rinfusa e senza un ordine preciso, o accostando colori e suoni secondo un criterio, più o meno distinguibile. Le ideologie sono tramontate da un pezzo, ma anche le idee sono cadute vittime dello stesso maleficio che hanno portato a morte le prime. Senza le idee, le parole vagano in libertà, disorientate, come pecore impazzite di un gregge attaccate dai lupi.    

 

    Le proposte politiche si affastellano in un marasma in cui la confusione e la contraddizione sono regine incontrastate e si susseguono, si alternano, avanzano e retrocedono senza logiche razionali o semplicemente ricostruibili sul filo di un appena accennato principio di individuazione. Soggetti politicamente improponibili non si rendono conto della loro improponibilità, personaggi in cerca di identità recitano parti improvvisate senza che abbiano avuto un autore che gliele abbia scritte e sentendosi essi stessi autori, non sapendo ancora bene se siano interpreti di commedie, di tragedie o di farse.

    Liste su liste si propongono per le sottoscrizioni, nomi su nomi si propongono per le candidature, aborti di idee credono di essere vitali e vivificanti, mozziconi di pensiero credono di essere sigarette intere o integri prestigiosi sigari cubani. Tutto ciò che nel passato abbiamo considerato già tramontato si ripropone per nuove avventurose albe e speranzose aurore.

    La politica di questi tempi è davvero una successione di fuochi di artificio, in una competizione in cui ognuno cerca di spararle più grosse e più rumorose degli altri, per fare impressione, per accattare voti e suffragi, senza però avere un fine preciso e soprattutto diverso da quello dell’affermazione di sé e della propria parte.

    Il cielo è buio, metafora di una situazione politica ed economica in cui si è fatta subito sera, anzi notte fonda, e basta poco per rendere visibile anche la più piccola fiammella; il silenzio è così profondo che basta poco per rendere udibile il più piccolo rumore.

    Così, nel dar fuoco alle polveri, si ottiene un facile effetto, ma la fantasmagorica e pirotecnica presentazione dura pochissimo, qualche secondo, e le luci che vengono proiettate verso l’alto presto si spengono e ripiombano fatalmente verso il basso dopo essersi spente. E torna il buio, prima di una nuova esplosione di colori e di suoni destinata anch’essa a veder tramontata in pochi secondi la propria parabola di vita, effimera e senza conseguenze.

    Nulla di solido rimane, di tanto rumore si spegne perfino l’eco e dopo poco se ne perde anche la memoria, quando il fenomeno della persistenza dell’immagine sulla retina ha finito di manifestarsi.

    I fuochisti teramani sono molteplici e variopinti in questi giorni, hanno indossato i migliori abiti a festa, hanno indorato le proprie posate e infiocchettato i loro pacchi, destinati ad elettori che considerano ignari perché tali si sono essi rivelati nel passato, remoto e recente, e sperano di poterli abbindolare anche loro con i loro specchietti, come facevano con gli indiani d’America i primi spagnoli che sbarcarono nel nuovo continente. Non sospettano che chi è stato ignaro finora possa non esserlo più, non pensano che chi finora ha votato turandosi il naso abbia deciso di non farlo più e di non voler più accettare anche le cose più turpi per non far vincere "gli altri".

    C’è sempre un altro nella vita, c’è sempre un fronteggiarsi di un "noi" e degli "altri", senza la considerazione che noi per gli altri non siano dei "noi", ma appunto "degli altri", e soprattutto senza la consapevolezza di una comunanza di interessi, che sarebbe facile da individuare se l’interesse pubblico non fosse subordinato a quello privato.

    Così continuino a sparare al cielo i loro mortaretti coloro ai quali piace far rumore senza concludere nulla. Innalzino in alto i loro vessilli colorati quanti credono di non aver altro mezzo per affermare la loro personalità, intonino i loro canti quanti pensano che sia da preferire il canto all’esposizione di proposte concrete. Rivestano di abiti colorati i loro totem quanti pretendono che la politica sia fatta di parole indifferenti e inconseguenti.

    Ma non vengano a dirci che in politica "si scende" perché si è avvertita nel proprio animo una vocazione al bene comune, perché è ancora troppo fresca la memoria che abbiamo dei tanti che in politica hanno pensato solo al bene proprio.