Il corrosivo del 4 dicembre 2012  

 

Refusi, coquilles e coquillettes

 

    Chissa perché in francese lo chiamano "coquille", il cui significato principale è "guscio, conchiglia". Ma vuol dire anche errore di stampa. Noi in italiano lo chiamiamo refuso, per il quale potremmo adottare una spiegazione etimologica più affascinante di quella scientifica, che fa derivare il termine dal latino "refundere", con il significato di riversare. C’è qualcuno che giura, tra vecchi proto e correttori di bozza, che la traduzione esatta del latino "refundere" è "rifondere" e che il significato del termine è collegato al fatto che, quando si componeva una riga con la linotype, in caso di errore occorreva "rifondere", vale a dire fondere di nuovo il piombo tipografico. Ma i refusi esistevano anche prima che le linotypes componessero con il piombo intere righe, quando per la stampa si usavano i caratteri mobili, che, in caso di errore, non andavano fusi di nuovo, ma semplicemente sostituiti.

    Quale che sia la spiegazione etimologica, il refuso è cosa assai fastidiosa, perché disturba chi legge un testo e lo scopre, ma infastidisce ancora di più l’autore del testo e il correttore di bozze a cui l’errore di stampa è sfuggito. Il refuso costituisce per chi stampa, a qualsiasi titolo, un autentico terrore, perché risulta microscopico e invisibile prima di essere scoperto e macroscopico e visibilissimo dopo che lo è stato.

   Il fatto è che il nostro cervello ama farsi ingannare e non legge in un testo quello che è scritto, ma quello che si aspetta che ci sia scritto. Per questo legge lettere giuste invece di quelle sbagliate e aggiusta automaticamente quello che è guasto.

 

    Ma queste sono considerazioni, perfino banali, sulle quali sarebbe superfluo tornare se non fossi indotto a farlo da un’altra riflessione, legata all’evoluzione della tecnologia. Il refuso era estremamente raro quando per scrivere si usavano penna e calamaio.

   Il binomio era perfetto, efficiente, era pressoché difficile scrivere una lettera per un’altra e la grafia manuale, soprattutto se ricercata, come si usava un tempo, metteva al riparo da sorprese, da errori, da refusi e da "coquilles". La rilettura che si faceva mentre con la carta assorbente si asciugava l’inchiostro in eccedenza era l’ultima sentina in cui una veloce rilettura consentiva di stanare l’impostore, lettera o parola che fosse, e di correggere il testo.

    Poi si diffuse la digitazione tramite macchina per scrivere (approfitto per ricordare che si dice "per" scrivere e non "da" scrivere, perché con la macchina si scrive, non è che la macchina si scriva) e la possibilità di cadere nella tempesta dei refusi aumentò a dismisura.

Anche chi scriveva battendo sulla macchina un tasto per volta con un solo dito, e non con tutte e dieci le dita come le dattilografe velocissime, molto spesso scriveva una lettera per un’altra, o due per volta, di cui una ultronea e sbagliata, nel caso che la pressione del dito non fosse precisa e fosse esercitata da un solo dito su due tasti contemporaneamente. Cancellare e/o sostituire la lettera sbagliata era operazione complessa. Si usava ribattere la lettera giusta su quella sbagliata, rendendo difficile la lettura. I più volenterosi usavano la gomma per macchina da scrivere, più dura e specializzata, e in seguito la carta per cancellare, che veniva frapposta tra la carta su cui si scriveva e il martelletto della macchina per scrivere e si otteneva l’apposizione sulla lettera sbagliata di una pappetta biancastra sulla quale si ribatteva poi la lettera corretta.

    L’estrema difficoltà e la scomodità dell’operazione facevano sì che chi scriveva (ma c’è qualcuno che usa ancora oggi una macchina per scrivere) esercitasse una discreta o buona vigilanza durante la scrittura, nell’intento di ridurre al minimo la quantità di refusi e quindi di necessarie successive correzioni.

    Poi è subentrata l’era informatica e la digitazione è diventata altra cosa. Tra quella che si faceva sulla gloriosa Olivetti lettera 22 e quella che si fa su una moderna tastiera per pc, nonostante le apparenze, non c’è quasi nessuna relazione, nessuna parentela. Sono due cose diverse e anche il mezzo al quale sono destinate non fa altro che differenziarle.

    La facilità della digitazione sulla tastiera per pc, sulla quale occorre esercitare una pressione assai più bassa che sulle vecchie macchine da scrivere, che andavano letteralmente martellate, non solo non impedisce che si battano contemporaneamente due tasti e quindi si scrivano due lettere contemporanee, di cui una è ultronea, ma facilita la possibilità che per sbaglio si prema il tasto adiacente a quello voluto, creando così il refuso. E il refuso è sempre quello, tale che una volta nato riesce a nascondersi così bene da non farsi individuare e scoprire che con estrema difficoltà. Ecco, così, che i testi scritti al pc sono zeppi di refusi, di "coquilles" e "coquillettes".

    Una inspiegabile tendenza (che deve essere psicologicamente correlata al mezzo usato) a non rileggere e a revisionare quanto si è scritto trasforma le nostre email, i nostri post su Facebook e su Twitter e quant’altro viene scritto al pc in un contenitore di errori, parole sbagliate, espressioni senza senso, punteggiate perfino da qualche asterisco, a cui gli emoticon eventualmente usati non fanno altro che dare un tono bizzarro e quasi comico. I correttori ortografici dei programmi di scrittura per pc sono così fastidiosi per la loro stupidità e per la loro invadenza che la prima cosa che si fa è disabilitarli, così i testi prodotti, anche quelli per la stampa, sono un tripudio di refusi, "coquilles" e "coquilletes", che, una volta venuti alla vita, difficilmente sono destinati alla morte, perché anche eventuali, e non frequenti, riletture e revisioni risultano inefficaci contro di loro a causa della loro quasi imbattibile capacità di nascondersi.

   I correttori di bozza di una volta, quelli che correggevano i refusi anche leggendo all’incontrario sulle righe di piombo fuse dalle linotypes, inorridirebbero, ma, sono sicuro (essendo stato per qualche anno uno di loro) che risulterebbero altrettanto inefficaci e impotenti. E purtroppo, oggi come ieri, i refusi, gli errori e gli orrori di stampa sono, prima di essere individuati, piccoli come microbi e, una volta scoperta, giganteschi come elefanti. Sono la prima cosa che noti quando sfogli a caso una pagina di un testo stampato, che, prima di esserlo, ti pareva perfetto e privo di mende.

E’ per questo che un refuso, appena individuato, va subito eliminato condannato a morte, perché è così meschino e detestabile che, se per caso lo hai notato e non lo hai subito ghigliottinato, quando vuoi farlo si nasconde così bene che non lo trovi più.