I più sono la
maggioranza rispetto ai migliori e il loro sonno,
dal quale non riescono a destarsi, li intorpidisce e
li frena, rendendo impossibile ogni innalzamento
morale e politico.
Questa distinzione tra desti e
dormienti mi pare così attuale che la trovo quasi
paradigmatica, soprattutto in una realtà quale
quella teramana, caratterizzata da una grande
quantità di gente che ha scelto di continuare a
dormire mentre tutt’intorno qualcuno prova a
svegliarsi da un sonno antico che dura da troppo
tempo. Dalle nostri parti, l’acquiescenza al potere
ha profonde radici e lo spirito di ribellione non ha
mai albergato. Ricordo spesso che in un paese come
il nostro, intendo l’Italia, in cui le rivoluzioni
sono state rarissime, quelle pochissime che ci sono
state non hanno attecchito.
Nel 1647 Teramo
fu l’unica città dei due Abruzzi che non aderì alla
sollevazione delle popolazioni che seguì a quella di
Masaniello e si affrettò a dichiarare la propria
fedeltà alla corona spagnola, vale a dire alla
situazione politica esistente, al potere in atto.
Di questi tempi, un po’ ovunque si sente parlare
di spinte al rinnovamento e di iniziative tese a
contestare l’attuale sistema dei partiti e degli
schieramenti, ma a Teramo i desti sono pochissimi e
i dormienti costituiscono ancora la maggioranza. Una
specie di sonno di Aligi si rivela immodificabile.
Perfino i pochi desti sembrano volersi alleare con i
tanti dormienti e invece di costituire una
contrapposizione sembrano voler perpetuare
un’alleanza. Non si intravvedono alternative, ma
solo continuità, si colgono perpetuazioni non
innovazioni, eredità condivise invece di
discontinuità manifeste.
"Popolo bue" si diceva un
tempo di quelle genti abituate a seguire le orme
tracciate dai padroni e dai potenti, incapaci di
tracciarne di nuove, sperimentando e innovando. Al
di là di qualche notizia vaga di liste civiche in
preparazione (ma i nomi di cui si mormora già ci
fanno intravedere i limiti, la pochezza e le
contraddizioni), non si coglie nulla di appena
percettibile sul piano di una svolta concreta nella
gestione della cosa pubblica cittadina. La cosa
preoccupa ancora di più considerando quanto a Teramo
possa risultare davvero esiziale la perdita non solo
del suo ruolo di capoluogo di provincia, ma anche
quella di una identità sociale e culturale.
E’ un teramano il presidente
della Regione e teramani sono tanti suoi
collaboratori, ma a tutti costoro vengono attribuiti
fini e obiettivi politici individuali, come quelli
che hanno perseguito finora, solo vantando un
inesistente "modello Teramo", vanificatosi come una
bolla di sapone. Agli altri, pochi, che si agitano
nell’alveo dei partiti tradizionali, non viene ormai
riconosciuto più alcun credito e nuovi orizzonti non
si intravedono in un cielo che si appalesa sempre
più scuro e gravido di piovaschi e di rovesci.
Dove sono gli spiriti eletti
di questa città, i migliori, coloro ai quali
potrebbero e dovrebbero appellarsi i teramani
desiderosi di sfuggire ad un destino grigio e gramo?
Dormono anch’essi? Sono dormienti o sono desti che
fanno finta di dormire, giustificando così il sonno
di tutti gli altri? C’è da qualche parte una tromba
che si possa sentire squillare per chiamare le genti
alle armi contro i distruttori che tanto hanno
devastato le nostre contrade? C’è da qualche parte
un tamburo che possa accompagnare la marcia di
quanti potrebbero avere il coraggio di muovere a
battaglia contro i barbari che con la loro ignoranza
ci hanno invaso e dominato per tanto tempo?
Temo che purtroppo Teramo, la
"minchionissima cittade", continuerà a dormire e che
i suoi cittadini preferiscano continuare a dormire
un sonno profondo non avendo mai amato e non amando
chi si provi soltanto a tentare di svegliarli.
Purtroppo in questa città anche i desti sono
dormienti e i dormienti non hanno nessuna intenzione
di destarsi.
|