Il corrosivo del 13 novembre 2012  

 

Desti e/o dormienti

      

Credo che sia opportuno, o utile, rileggere nei frammenti di Eraclito, un filosofo greco presocratico, alcuni concetti che potrebbero rappresentare per noi preziose chiavi di lettura per interpretare il nostro tempo, anche dal punto di vista politico. Alcune sue formule risultano illuminanti, come quella basata sulla contrapposizione tra "desti" e "dormienti". Per i pochi che sono svegli esiste un unico mondo comune; per i dormienti, vale a dire la maggior parte delle persone comuni, esistono tanti mondi quante sono le loro coscienze assopite, perché ad essi rimane celato sia quello che essi fanno da svegli sia quello che fanno dormendo. Per i desti è facile distinguere il senso intrinseco delle cose; per i dormienti a causa del loro sonno mentale è impossibile comprendere il mondo nel quale vivono. I primi sanno andare oltre le apparenze, i secondi no, essendone resi incapaci dalla loro superficialità. I desti sanno distinguere le cose che sono davvero importanti da quelle che sono caduche; i dormienti pensano solo a saziarsi come le bestie.

 

    I più sono la maggioranza rispetto ai migliori e il loro sonno, dal quale non riescono a destarsi, li intorpidisce e li frena, rendendo impossibile ogni innalzamento morale e politico.   

Questa distinzione tra desti e dormienti mi pare così attuale che la trovo quasi paradigmatica, soprattutto in una realtà quale quella teramana, caratterizzata da una grande quantità di gente che ha scelto di continuare a dormire mentre tutt’intorno qualcuno prova a svegliarsi da un sonno antico che dura da troppo tempo. Dalle nostri parti, l’acquiescenza al potere ha profonde radici e lo spirito di ribellione non ha mai albergato. Ricordo spesso che in un paese come il nostro, intendo l’Italia, in cui le rivoluzioni sono state rarissime, quelle pochissime che ci sono state non hanno attecchito.

    Nel 1647 Teramo fu l’unica città dei due Abruzzi che non aderì alla sollevazione delle popolazioni che seguì a quella di Masaniello e si affrettò a dichiarare la propria fedeltà alla corona spagnola, vale a dire alla situazione politica esistente, al potere in atto.

Di questi tempi, un po’ ovunque si sente parlare di spinte al rinnovamento e di iniziative tese a contestare l’attuale sistema dei partiti e degli schieramenti, ma a Teramo i desti sono pochissimi e i dormienti costituiscono ancora la maggioranza. Una specie di sonno di Aligi si rivela immodificabile. Perfino i pochi desti sembrano volersi alleare con i tanti dormienti e invece di costituire una contrapposizione sembrano voler perpetuare un’alleanza. Non si intravvedono alternative, ma solo continuità, si colgono perpetuazioni non innovazioni, eredità condivise invece di discontinuità manifeste.

    "Popolo bue" si diceva un tempo di quelle genti abituate a seguire le orme tracciate dai padroni e dai potenti, incapaci di tracciarne di nuove, sperimentando e innovando. Al di là di qualche notizia vaga di liste civiche in preparazione (ma i nomi di cui si mormora già ci fanno intravedere i limiti, la pochezza e le contraddizioni), non si coglie nulla di appena percettibile sul piano di una svolta concreta nella gestione della cosa pubblica cittadina. La cosa preoccupa ancora di più considerando quanto a Teramo possa risultare davvero esiziale la perdita non solo del suo ruolo di capoluogo di provincia, ma anche quella di una identità sociale e culturale.

    E’ un teramano il presidente della Regione e teramani sono tanti suoi collaboratori, ma a tutti costoro vengono attribuiti fini e obiettivi politici individuali, come quelli che hanno perseguito finora, solo vantando un inesistente "modello Teramo", vanificatosi come una bolla di sapone. Agli altri, pochi, che si agitano nell’alveo dei partiti tradizionali, non viene ormai riconosciuto più alcun credito e nuovi orizzonti non si intravedono in un cielo che si appalesa sempre più scuro e gravido di piovaschi e di rovesci.

    Dove sono gli spiriti eletti di questa città, i migliori, coloro ai quali potrebbero e dovrebbero appellarsi i teramani desiderosi di sfuggire ad un destino grigio e gramo? Dormono anch’essi? Sono dormienti o sono desti che fanno finta di dormire, giustificando così il sonno di tutti gli altri? C’è da qualche parte una tromba che si possa sentire squillare per chiamare le genti alle armi contro i distruttori che tanto hanno devastato le nostre contrade? C’è da qualche parte un tamburo che possa accompagnare la marcia di quanti potrebbero avere il coraggio di muovere a battaglia contro i barbari che con la loro ignoranza ci hanno invaso e dominato per tanto tempo?

    Temo che purtroppo Teramo, la "minchionissima cittade", continuerà a dormire e che i suoi cittadini preferiscano continuare a dormire un sonno profondo non avendo mai amato e non amando chi si provi soltanto a tentare di svegliarli. Purtroppo in questa città anche i desti sono dormienti e i dormienti non hanno nessuna intenzione di destarsi.