Vedi, è che loro non si sono lasciati abbindolare da
chi dice che la misura di tutte le cose è l’uomo e
hanno subito capito che invece lo sono io, il
Denaro. Lo ha scritto ultimamente anche quella testa
calda di Vittorino Andreoli, lo psichiatra, nel suo
libro intitolato “Il Denaro in testa”. Sono io, il
Denaro, la logica che muove il mondo; sono io che
detto e modifico gli stili di vita; sono io che
detto le regole e ho ridotto l’uomo a mia immagine e
somiglianza; io determino il valore delle cose e
degli uomini e gli uomini valgono tanto quanto mi
posseggono, o quanto io posseggo loro, che è poi la
stessa cosa. Sono riuscito a soggiogare l’etica e la
morale; da me dipendono i principi sociali e di
comportamento. Così sono io, non più il diritto e
ancor meno la morale, a determinare quali
comportamenti siano leciti o illeciti, quali siano
da tenere e quali da evitare. Io non sono più un
mezzo, ma un fine, anzi, IL fine, per raggiungere il
quale tutti i mezzi sono buoni, legittimi e leciti.
Io ho stabilito, per sempre, che con me si può fare
tutto e per avermi si può fare tutto, ho fondato una
chiesa e ho i miei sacerdoti, gli economisti, e i
miei vescovi, i finanzieri. Distribuisco ricchezze e
povertà, felicità e infelicità, creo e distruggo
Stati e Nazioni, innervo sia gli imperialismi che le
democrazie. Ho davvero stabilito, come dice Andreoli,
un binomio tra me e la stupidità, ma perché
scandalizzarsene, come fa lui o come fai tu? Se mi
concedo con tanta generosità ai più stupidi tra voi,
che stupidamente vivono, e se costoro ostentano la
loro stupidità così come la loro cialtroneria, non
sono riscattati dal possedermi in tanta abbondanza?
Che cosa dovrei fare? Concedermi a chi coltiva il
valore della cultura e della morale? Perché, se né
la cultura né la morale mi producono e ciò che vale
è solo ciò che mi produce?
Uno di voi tra i più ricchi di
povertà e tra i più poveri di ricchezza,
Erasmo da Rotterdam, ha scritto un libro
intitolato “Elogio della follia”. Ora
dovrebbe riscriverlo e adattarlo, per
parlare della follia di me, del “follia
del Denaro”, che giustamente ha ridotto
tutto a strumento di guadagno, anche i
sentimenti più nobili, anche le idee, la
cui prostituzione produce più ricchezza di
quanta ne produca la prostituzione del
corpo. Davvero ciò che conta è ciò che fa
guadagnare potere e sono io che ne faccio
guadagnare tanto, non più la cultura.
Anzi, la cultura ne ha sempre fatto
guadagnare poco, tanto che le persone più
colte di ogni società hanno dovuto, per
campare, mettersi al servizio dei potenti,
i mecenati, che poi erano appunto i più
ricchi, non i più sapienti. Che forse
Aristotele non dovette vivere soggiogato
allo zoticone re di Macedonia? E Ariosto
non dovette soggiacere al volere dello
stolto, ma potente, cardinale Ippolito
d’Este? E Dante non dovette scendere e
salire “le altrui scale” per addentare un
tozzo di pane? E non si è dovuta fare
un’apposita legge, la “legge Bacchelli”,
per consentire ai vecchi poeti, ovviamente
poveri, di non morire di stenti?
Perciò, caro mio Professore, non avertene se
continuo a battere vie che non si incrociano con le
tue e ti evito in ogni modo, avendo altro a cui
badare. Di questi tempi ho così tanto da fare… Ci
sono molti che, pur apprezzandomi assai, sono in
difficoltà e io devo aiutarli. Sai bene che io mi
riproduco a maggior velocità quando mi muovo molto e
più corro e più mi moltiplico. Invece taluni
esagitati sempre più frequentemente, indotti dal
troppo ma distorto amore che hanno nei miei
confronti, hanno preso a farmi restare per troppo
tempo fermo, immobile, nei loro depositi bancari, mi
hanno convertito in tante valute diverse e in tante
divise da aver fatto una grande confusione. Devo
porre riparo a molti gravi inconvenienti che si sono
prodotti nel tempio più grande che è stato eretto
per la celebrazione del mio culto: il Mercato
Mondiale. Non ho tempo per gli spiantati come te.
Il tuo nemico Denaro.
P.S. Non
perdere tempo a scrivermi ancora. Non ti risponderò. |