Il corrosivo del 18 settembre 2012 

 

Caro Professore... la risposta del Denaro

Caro Professore,

            per la verità avevo pensato di non rispondere alla tua lettera, anche perché non ho mai avuto il tuo indirizzo né mi sono mai preoccupato di averlo. Poi però ho deciso di farlo, non avendo la necessità di inviare la risposta al tuo domicilio, a me sconosciuto, trattandosi di una lettera di risposta aperta, come aperta (cioè leggibile da tutti) era la tua. Che dirti? Hai giustamente rilevato che non mi concedo a chi mi disprezza e, siccome ho sempre saputo che mi disprezzi, non ti ho mai preso in considerazione. E’ che tu, come molti, hai avuto cattivi maestri, che ti hanno insegnato su di me cose sbagliate, con l’intento di mettermi in cattiva luce. Ma molti di quei cattivi maestri che, pubblicamente ti insegnavano a disprezzarmi, privatamente mi apprezzavano molto e io li ho adeguatamente contraccambiati con i miei favori. Gli altri, quelli che anche privatamente (e devo dire con coerenza) mi consideravano male, li ho lasciati tranquillamente morire di fame, senza curarmi di loro e, al termine di una terribile vita, hanno avuto una orribile vecchiaia e un’ancora più orribile morte. Invece tutti gli altri hanno scelto la vera sapienza, che consiste nella consapevolezza del mio valore e della mia importanza, e hanno sempre navigato nell’oro, anche senza averne alcun merito e restando del tutto ignoranti in qualsiasi altro campo che non fosse il mio culto.

 

 

         Vedi, è che loro non si sono lasciati abbindolare da chi dice che la misura di tutte le cose è l’uomo e hanno subito capito che invece lo sono io, il Denaro. Lo ha scritto ultimamente anche quella testa calda di Vittorino Andreoli, lo psichiatra, nel suo libro intitolato “Il Denaro in testa”. Sono io, il Denaro, la logica che muove il mondo; sono io che detto e modifico gli stili di vita; sono io che detto le regole e ho ridotto l’uomo a mia immagine e somiglianza; io determino il valore delle cose e degli uomini e gli uomini valgono tanto quanto mi posseggono, o quanto io posseggo loro, che è poi la stessa cosa. Sono riuscito a soggiogare l’etica e la morale; da me dipendono i principi sociali e di comportamento. Così sono io, non più il diritto e ancor meno la morale, a determinare quali comportamenti siano leciti o illeciti, quali siano da tenere e quali da evitare. Io non sono più un mezzo, ma un fine, anzi, IL fine, per raggiungere il quale tutti i mezzi sono buoni, legittimi e leciti. Io ho stabilito, per sempre, che con me si può fare tutto e per avermi si può fare tutto, ho fondato una chiesa e ho i miei sacerdoti, gli economisti, e i miei vescovi, i finanzieri. Distribuisco ricchezze e povertà, felicità e infelicità, creo e distruggo Stati e Nazioni, innervo sia gli imperialismi che le democrazie. Ho davvero stabilito, come dice Andreoli, un binomio tra me e la stupidità, ma perché scandalizzarsene, come fa lui o come fai tu? Se mi concedo con tanta generosità ai più stupidi tra voi, che stupidamente vivono, e se costoro ostentano la loro stupidità così come la loro cialtroneria, non sono riscattati dal possedermi in tanta abbondanza? Che cosa dovrei fare? Concedermi a chi coltiva il valore della cultura e della morale? Perché, se né la cultura né la morale mi producono e ciò che vale è solo ciò che mi produce?

      Uno di voi tra i più ricchi di povertà e tra i più poveri di ricchezza, Erasmo da Rotterdam, ha scritto un libro intitolato “Elogio della follia”. Ora dovrebbe riscriverlo e adattarlo, per parlare della follia di me, del “follia del Denaro”, che giustamente ha ridotto tutto a strumento di guadagno, anche i sentimenti più nobili, anche le idee, la cui prostituzione produce più ricchezza di quanta ne produca la prostituzione del corpo. Davvero ciò che conta è ciò che fa guadagnare potere e sono io che ne faccio guadagnare tanto, non più la cultura. Anzi, la cultura ne ha sempre fatto guadagnare poco, tanto che le persone più colte di ogni società hanno dovuto, per campare, mettersi al servizio dei potenti, i mecenati, che poi erano appunto i più ricchi, non i più sapienti. Che forse Aristotele non dovette vivere soggiogato allo zoticone re di Macedonia? E Ariosto non dovette soggiacere al volere dello stolto, ma potente, cardinale Ippolito d’Este? E Dante non dovette scendere e salire “le altrui scale” per addentare un tozzo di pane? E non si è dovuta fare un’apposita legge, la “legge Bacchelli”, per consentire ai vecchi poeti, ovviamente poveri, di non morire di stenti?

      Perciò, caro mio Professore, non avertene se continuo a battere vie che non si incrociano con le tue e ti evito in ogni modo, avendo altro a cui badare. Di questi tempi ho così tanto da fare… Ci sono molti che, pur apprezzandomi assai, sono in difficoltà e io devo aiutarli. Sai bene che io mi riproduco a maggior velocità quando mi muovo molto e più corro e più mi moltiplico. Invece taluni esagitati sempre più frequentemente, indotti dal troppo ma distorto amore che hanno nei miei confronti, hanno preso a farmi restare per troppo tempo fermo, immobile, nei loro depositi bancari, mi hanno convertito in tante valute diverse e in tante divise da aver fatto una grande confusione. Devo porre riparo a molti gravi inconvenienti che si sono prodotti nel tempio più grande che è stato eretto per la celebrazione del mio culto: il Mercato Mondiale. Non ho tempo per gli spiantati come te.

      Il tuo nemico Denaro.

P.S. Non perdere tempo a scrivermi ancora. Non ti risponderò.