Senza
una vera vocazione imprenditoriale e senza una vera
idea innovativa, la maggior parte di loro hanno
percorso le vecchie strade dell’attività edilizia,
in una corsa alla cementificazione che è stata
vincente perché resa tale dalla politica. Gli
imprenditori di casa nostra, così come i nostri
giovani alla ricerca di un posto di lavoro, si sono
subito messi al servizio di qualche potente, ne
hanno lusingato e foraggiato le ambizioni, hanno
chiesto e ottenuto da lui favori e facilitazioni che
sono stati i motori della loro attività
imprenditoriale, sempre modesta e mai di lungo
respiro.
Si sono
poi comportanti come le mosche cocchiere, dando a
vedere di essere loro a governare i fenomeni, ma in
realtà subendoli e facendo sì che l’economia
teramana soggiacesse alla politica e non viceversa.
Senza il favore e l’aiuto, o l’aiutino, dei
politici, questi sedicenti imprenditori non
sarebbero sopravvissuti, anzi non avrebbero nemmeno
cominciato a “fare impresa”.
Ora che la politica, per
varie ragioni, non riesce più a dispensare e ad
elargire risorse pubbliche, gli imprenditori privati
boccheggiano, perché non sono abituati a navigare in
alto mare, ma solo a veleggiare costa costa. Finito
il tempo in cui imprenditori forestieri venivano qui
da noi all’arrembaggio, come pirati, per arraffare
quanto più potevano in pochi anni e poi sparire con
il bottino lasciando macerie e disoccupati, venne il
tempo di questi imprenditori di casa nostra, che
pensavano di poter moltiplicare i loro pani e i loro
pesci seguendo il loro esempio. La loro bandiera è
stata un cartello con su scritto “vendesi”, che
hanno affisso a gru enormi, indaffarate a caricare
sacchi di cemento e mattoni da tamponamento delle
strutture di cemento armato e oggi sono invece lì a
rappresentare il fallimento e lo scoppio di una
bolla immobiliare, contrassegnando enormi scheletri
che non diventeranno mai corpi edilizi rivestiti o
prodotti finiti e vendibili in un mercato
immobiliare asfittico e recessivo.
Chiamali, se vuoi, imprenditori, questi che si
lamentano perché il politico di riferimento non
riesce più a garantire appalti o subappalti
vincenti, questi che sono arrivati anche a contare
qualcosa nelle banche, ma sempre prendendo più di
quello che davano, e che adesso anche su quel fronte
trovano scarsi approvvigionamenti e scarse
protezioni. Il loro pianto greco sembra uno
starnazzare di oche, che, come quelle del
Campidoglio, segnalano un pericolo, ma per se stessi
non per la città.
Qui da noi, gli uomini che
altrove dicono di essersi fatti dal nulla con
un’idea imprenditoriale e di aver accumulato
ricchezza e prodotto lavoro non ci sono. Qui da noi
ci sono solo uomini che, essendo fatti di nulla,
sono rimasti un nulla anche quando credevano di
essere diventati qualcuno e ora stanno per tornare
nel nulla, travolti dalla loro pochezza e
dall’assoluta mancanza di capacità manageriale,
avendo solo la bravura di mettere un mattone sopra
l’altro (magari anche storto), e una tessera di
partito sull’altra, (magari anche falsa), sotto lo
sguardo vigile e complice del potere politico.
Tu chiamali, se vuoi,
imprenditori. Io no.
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