Il corrosivo del 31 luglio 2012   

 

Tu chiamali, se vuoi, politici

     

     Tu chiamali, se vuoi… politici.  Ma ti sembra davvero che lo siano? Se politico è chi si occupa della “polis” (grande o piccola che sia, uno Stato, una Regione, una Provincia o un Comune) chi, partecipando attivamente alla vita di una comunità, ne orienta le scelte al fine di contribuire alla sua crescita civile ed economica, ti sembra che questi che si dicono politici lo siano per davvero? La maggior parte dei nostri amministratori della cosa pubblica non mostrano alcun merito che possa farli escludere dal  novero di coloro che fanno solo numero. Molti non saprebbero spiegare perché hanno scelto di “scendere”, o di “salire” (dipende dal punto vista), in politica. Direbbero che, avendo iniziato, è stato loro difficile tornare indietro e hanno proseguito per inerzia. Non pochi accamperebbero come movente una passione, antica o sorta di recente, che li ha travolti come un vento impetuoso, spingendoli a cooperare per il bene comune. Qualcuno accennerebbe a un movente ludico, o anche più lubricamente collegato al piacere ricavato da un’attività fatta per diletto.     

 

     Pochi ammetterebbero di essere stati mossi dall’ambizione, ancora di meno quelli che confesserebbero di esserlo stati dal proprio esclusivo interesse. Tra i primi, quasi tutti si lamentano per il fatto di vedersi tanto in avanti negli anni e così indietro nell’ottenimento di cariche pubbliche; tra i secondi la maggior parte ripete in continuazione di puntare solo al bene degli altri.

     Tu chiamali, se vuoi, politici, questi nostri concittadini che procedono ognuno per proprio conto, sparpagliati, quando è il momento del dare e così compatti quando è il momento del ricevere; quelli che hanno tanto più lunga la lingua quanto più corto il cervello, tanto più ricche le esternazioni quanto più povere le idee, coloro che sono quanto più pronti a chiedere credito tanto meno ne meritano.

   Chiamali politici quanti hanno distrutto in pochi decenni una città che un tempo aveva ancora qualcosa in cui sperare e oggi non osa più nemmeno farlo, quelli che hanno distrutto il nostro centro storico e cancellato la nostra storia, che hanno abbattuto uno storico teatro e si preparano ad abbattere un vecchio campo sportivo perché credono che la civiltà e il progresso siano realizzabili soltanto con il cemento armato. Chiamali politici quei nostri amministratori che hanno esibito per anni i muscoli nella nostra città e sono andati in giro come accattoni con il cappello in mano nei palazzi del potere, indossando la livrea al momento più di moda; quelli che hanno violentato le nostre colline e sfigurato le nostre piazze, costringendoci a rimirarle soltanto nelle cartoline ingiallite dei nostri albums di famiglia.

   Chiamali politici, se vuoi, questi personaggi che non hanno saputo antivedere e prevedere i fatti e i tempi, ma nemmeno capirli dopo che essi erano avvenuti e maturati. Chiamali politici questi poveri di spirito che hanno guardato la nostra città senza vederla, che l’hanno letta senza capirla e l’hanno scritta facendo tanti errori non solo di ortografia o di ortottica. Chiamali politici questi nostri contemporanei palafrenieri e bottegai che compiono scelte per nostro conto e nel nostro nome, spacciando per scelte illuminate le loro bizzarrie e pretendono di essere autorevoli come vecchi saggi quando invece vaneggiano come bimbi, ciucciandosi il dito.
   Chiamali politici questi omuncoli che credono di valere molto, ma non valgono nemmeno una zanetta. Lasciateli sognare le loro grandezze anche quando non riescono a distaccarsi dalle loro piccolezze; lasciate che si credano re e regine quando invece non sono che pedoni; lasciate che si ritengano maestosi e brillanti quando invece sono minuscoli ed opachi; lasciate che pensino di vivere come principi nelle regge dorate dell’interesse pubblico, quando invece sono prigionieri che vivono nel carcere dei loro interessi privati, con le caviglie serrate nei ceppi della loro ingordigia e della loro avarizia.

   Chiamali politici, se vuoi, io no.