Il corrosivo del 5 giugno 2012   

 

Adesso basta

     

Adesso basta. Non ne posso più. Basta con questi magistrati che istruiscono i loro procedimenti penali gonfiandoli con accuse mirabolanti e clamorose come palloncini che poi si sgonfiano alla prima puntura di spillo. Basta con questi politici che si difendono dalle accuse starnazzando la loro innocenza e rifugiandosi nell’impunibilità penale, non potendo pretendere di apparire innocenti davanti ad un giudizio etico-morale. Basta con questa giustizia che valuta gli stessi fatti in modo del tutto differente, trovati penalmente rilevanti da alcuni giudici e del tutto legittimi da altri, sì che la stessa persona che ha compiuto talune azioni se le vede giudicare dapprima meritevoli della più severa condanna e poi della più ampia assoluzione. Basta con questi politici che dietro questa giustizia ambivalente si nascondono, per celare la propria inefficienza e la propria ingordigia. Basta con quanti continuano a recitare le loro giaculatorie dietro i feretri dei potenti, gareggiando negli elogi funebri al solo scopo di farsi notare da coloro che hanno ereditato il potere degli scomparsi sperando di essere all’altezza di conservarne almeno qualche briciola.

 

 

        Basta con questi sgranocchiatori di chicchi di rosari, che continuano ad elemosinare prebende e benefici contando soltanto sulla propria fedeltà da cani di riporto, spacciata per una lealtà di cui non conoscono nemmeno l’essenza. Basta con questa destra che continua a disboscare la foresta dei nostri sogni e delle nostre aspettative e, spenti i primi e svanite le seconde, torna a promettere e a ripromettere un rinnovamento che non ci sarà mai, perché dovrebbe basarsi innanzitutto su una rigenerazione morale di cui non si è capaci.
Basta con questa sinistra che, fiutato nell’aria uno zefiro di novità e di voglia di cambiamento della gente, pensa di approfittare dell’onda favorevole dell’alternanza, ma scoprendo le proprie tombe e facendone risorgere i propri morti, riproposti per candidature inaccettabili. Inevitabili, ineluttabili, immarcescibili, immancabili, inaffondabili, questi politici di sinistra di cui pensavamo di esserci liberati per sempre tornano a volteggiare nell’aria come gli avvoltoi che nel deserto sentono anche da molto lontano il fetore di carcasse in decomposizione. Rifioriscono lentamente come antiche macchie che avevamo pensato di aver tolto dai vestiti a cui teniamo di più.
       Basta con questo giornalismo straccione del copia e incolla che, rinunciando alla naturale vocazione, all’indipendenza di giudizio e alla libertà di espressione, diventa ogni giorno di più servile ossequio al potente di turno, dal quale si spera di ottenere con l’ultima oscena didascalia il biscottino zuccherato considerato l’unico scopo di una vita spesa al servizio di un’informazione da camerieri in livrea. Basta con questo potere che continua a distribuire incarichi e funzioni ai caudatarii di professione, diventati professionisti del regger moccoli nelle laide alcove dove si accoppiano i consensi elettorali e le tessere di partito ed esperti in sommo grado dell’elogio sperticato, all’occorrenza anche funebre, basta ai Minosse che avvinghiano la coda nel distribuire miserie e nobiltà culturali o ricchezze e povertà materiali.
Basta con questi amministratori che, mentre aumenta la disoccupazione e si vuotano le casse degli enti pubblici e parapubblici, sempre più depredate dagli sprechi e dalla appropriazioni indebite, comprano cravatte e foulard o restituiscono il denaro pubblico dopo averlo prelevato per fini privati, sperando così di sfuggire al tintinnio delle manette.
      Ma basta anche con queste mie geriatriche lamentazioni, nelle quali, come accade a chi ha visto troppa acqua passare sotto i ponti, il futuro è sempre fosco, il presente insoddisfacente e il passato sempre rimpianto, anche se questo passato era parso anch’esso fosco quando era futuro, insoddisfacente quando era presente. Basta con questo impotente grido di disperazione che fa sembrare l’astensione dal voto l’unica risposta possibile allo sdegno che ci coglie ogni mattina, quando ci svegliamo al gong dell’ultimo crollo in borsa, durante il giorno all’oscillare del pendolo dello spread e la sera, prima di coricarci, quando facciamo il bilancio di una giornata contrassegnata dal peggioramento dei dati di una crisi che ci sta affamando.
     Basta con questa corona di spine che fa sanguinare il capo dei poveri cristi, dei disoccupati, dei falliti che vedono solo nel supremo atto di autolesionismo la fine delle loro disgrazie. Basta con questa successione di parole impotenti e disperate con le quali cerchiamo di rappresentare una situazione drammatica che è ineffabile. Basta con le parole. Affidiamoci all’eloquenza del silenzio, alla virtù terapeutica dell’afasia. Sto pensando da tempo di inviare, almeno per una volta, al direttore del giornale i 4.500 caratteri del testo di questa rubrica nella forma di spazi bianchi, senza vocali e consonanti, condensando nello spazio vuoto di un articolo il senso di una dimensione che abbiamo perduto. Forse non si potrebbe scrivere un BASTA usando caratteri più cubitali.