Nei primi giorni della
nostra frequentazione, mi parve spesso portato a
slanci di generosità ma anche a qualche eccesso,
dovuto ad una percezione non ancora compiuta delle
proprie potenzialità ma soprattutto alla sua
gioventù. So che era anche invidiato dai suoi
coetanei appartenenti più o meno allo stesso ceto,
perché veniva considerato come un principe al quale
nulla la vita negava e al quale tutto concedeva con
prodigalità. Erano quelli giorni in cui i miei
rapporti con suo padre erano ottimi – specie nel
campo dell’informazione televisiva - anche se già
resi a volte complicati da un difficile carattere, e
lo furono, conseguentemente anche con lui.
Quando
seppi della sua malattia, che lo costrinse ad un
difficile intervento, rimasi sgomento. Fui indotto a
tristi riflessioni sulla crudeltà delle vicende
umane che si alternano dispensando infinite gioie e
dolori terribili, che segnano drammaticamente delle
vite che sembravano destinate a non conoscere mai
ostacoli e imperfezioni. Fui felice per l’esito
felice dell’intervento, che parve risolutore e
salvifico.
Nel corso degli anni i miei
rapporti con suo padre diventarono prima difficili e
poi si interruppero, conseguentemente si
raffreddarono anche quelli con lui. Furono gli anni
in cui Romy regalò al calcio teramano stagioni
stupende, magari con equilibrismi di gestione
amministrativa di cui però fummo resi edotti solo
più tardi. Ma ci furono i giorni della gloria, quali
non s’erano mai vissuti prima. Il giovane
presidente, primo tifoso della squadra, allestì
delle compagini di tutto rispetto e ingaggiò
calciatori che in seguito ebbero delle splendide
carriere in formazioni più blasonate e in nazionale.
Quando anche nel calcio i gomitoli si
aggrovigliarono e ci si avviò verso un fatale e
triste esito, con una condanna senza appelli della
tifoseria e del calcio professionistico teramano
alla scomparsa, prima di una risurrezione partendo
dal dilettantismo, Romy fu considerato dalla
tifoseria della curva come un nemico e il suo nome
venne esecrato. Nel frattempo anche l’azienda
familiare conosceva di nuovo giorni difficili che la
portarono alla definitiva disfatta, proprio mentre
la sorte maligna riprendeva ad accanirsi con
particolare crudeltà contro un giovane sfortunato la
cui parabola di vita sembra disegnata da un autore
della letteratura classica greca.
La
notizia della morte di Romy mi rattrista e mi
emoziona. Lo rivedo giovane, bello e sorridente,
combattivo e sognatore, ambizioso e propositivo,
guascone ed eccessivo come devono essere i giovani,
creativo e forgiatore come devono essere i
realizzatori di opere. Ma soprattutto mi sconvolge
pensare a suo padre e al dolore che sta provando.
Ricordo l’abbraccio di Aristide quando mi colpì la
stessa identica sventura che adesso ha colpito lui e
ricordo quanto quell’abbraccio mi fu di conforto.
Contraccambio ora, dolente, quell’abbraccio,
sperando che egli ne possa trarre analogo conforto,
anche se so purtroppo che nessun conforto può
alleviare il dolore per una perdita così grande. |