Il corrosivo del 17 aprile 2012   

 

Aut aut, vel vel, "piuttosto che"

 

     Qualche tempo fa (molto tempo fa), mi trovai all’inizio della stagione estiva in una località della spiaggia teramana, dove poi trascorsi, anche se non ininterrottamente, quasi tutta l’estate. Era la prima volta che ci andavo e ci sarei tornato anche negli anni successivi. Una delle mie prime visite, da accanito acquirente e lettore di giornali e periodici di ogni tipo, fu quella all’edicola più vicina. Fui sfortunato, perché, come rare volte mi è accaduto e ancora mi accade, l’edicolante fu con me sgarbato, non ricordo per quale motivo. Così, per punirlo (non sapeva quale generoso cliente perdeva) presi una decisione: non andai più per i miei acquisti (piuttosto consistenti) presso la sua edicola.

 

    Ogni mattina facevo un lungo giro, percorrendo quasi un chilometro a piedi, per fare la mia quotidiana provvista di giornali presso un’edicola più lontana, dove una signora che mi sembrò più gentile accolse certamente con soddisfazione un nuovo cliente che spendeva giornalmente molto più della media dei suoi abituali frequentatori. Le consegnavo il denaro dei miei acquisti con un gusto particolare, perché assaporavo il piacere di pensare che tutto quello che davo a lei lo sottraevo ai possibili incassi (con relativi guadagni) del primo giornalaio, scortese, che mi sembrava perciò giustamente penalizzato dalla mia decisione. La cosa andò avanti per tutta l’estate e, nel mese di agosto, ogni giorno.

     Facevo un lungo giro a piedi per comperare i giornali e poi andare in spiaggia, dove, sotto il mio ombrellone, leggevo i miei giornali, pensando ogni tanto con soddisfazione allo scortese giornalaio che la mia decisione, magari a sua insaputa, aveva tanto giustamente penalizzato. Potete immaginare facilmente quale fu la mia profonda costernazione nel sapere che i miei sacrifici quotidiani erano del tutto inutili e la mia soddisfazione mal risposta. Venni infatti a sapere, ahimè tardivamente, che la giornalaia altri non era che la moglie del primo. Avevo punito me stesso e non il giornalaio, che aveva incassato il mio denaro per interposta persona. Averlo consegnato a sua moglie invece che a lui era stata esattamente la stessa cosa. Per lui non era cambiato nulla. La cosa era cambiata solo per me.

     Ho sempre considerato questa storia come una mia personale parabola laica, il cui insegnamento può estendersi anche ad altri e, soprattutto, ad altre situazioni. Quante volte, davanti ad una alternativa, dopo aver fatto una scelta, ci siamo accorti che, facendo l’altra, apparentemente diversa, addirittura opposta, in realtà non avremmo cambiato il senso delle cose? In politica è quasi sempre così. Non poche volte votiamo la destra, ma è come se avessimo votato la sinistra e viceversa; votiamo un candidato ed è come se avessimo votato quello che si presentava a lui contrapposto ed alternativo. Scegliamo un sindacato ed è come se avessimo scelto quell’altro, apparentemente di orientamento diverso. Il fatto è che l’alternanza in politica continua ad essere un miraggio, l’omologazione e l’indifferenziazione sembrano definitive e i linguaggi sono omologhi anche quando appaiono diversi. Andiamo al concreto: credete che aver votato Brucchi invece di Albi (o viceversa) sia stato scegliere tra due candidati alternativi?       

     E credete che aver scelto nel recente congresso del PDL Tancredi invece di Gatti (o viceversa) sia stato altrettanto conseguente ad una reale alternativa? Il bianco e il nero non si contrappongono in una tavolozza in cui impera il grigio; se non scelgo tra un ricco e un povero, ma tra due ricchi o tra due poveri, in realtà non scelgo. E, anche se il nostro amico Severino (posso chiamare così amichevolmente Kierkegaard?) ci ha insegnato che anche il non scegliere è una scelta, non accade forse oggi che anche tra lo scegliere e il non scegliere non c’è una reale alternativa? I romani, per indicare una contrapposizione, dicevano: aut aut; per indicare una disgiunzione, dicevano: vel vel. Nella prima, uno dei due termini contrapposti esclude l’altro e “tertium non datur” (il “tertium” è il “né carne né pesce”, in politica il compromesso, più o meno storico, la mediazione ad ogni costo, il cerchiobottismo, l’inciucio). Nella seconda, uno dei due termini non esclude l’altro, perché non sono necessariamente in contrapposizione tra di loro. Nell'uso comune della lingua italiana, almeno una volta, l'espressione "aut aut" era utilizzata per definire una scelta biunivoca direzionata ("o di qua o di là") e, in generale per alludere all'obbligo di esprimere una scelta imposta a chi esitava a prendere una posizione. 

     Oggi quest’uso comune si va perdendo. Siamo nell’epoca del “piuttostismo”, in cui il termine "piuttosto che" viene utilizzato anche da persone colte e coltissime come non si dovrebbe, vale a dire con il senso di "oppure", alla “vel vel”. Non esprime più una preferenza tra due termini contrapposti, ma una indifferenziata indicazione disgiuntiva. In politica accade lo stesso. Votare la destra “piuttosto che” la sinistra non significa preferire la prima alla seconda, ma vuol dire che votare la destra o la sinistra è esattamente la stessa cosa. Così come votare Tancredi “piuttosto che” Gatti. E’ esattamente la stessa cosa. E l’elenco potrebbe continuare: E’ esattamente la stessa cosa votare Alfano “piuttosto che” Bersani, o uno dei due “piuttosto che” Monti, o iscriversi ad un partito “piuttosto che” ad una loggia massonica, o aprire un conto corrente in una banca “piuttosto che” in un’altra o fare benzina in un distributore “piuttosto che” in un altro, o rogare un atto da un notaio “piuttosto che” un altro, o andare da un avvocato “piuttosto che” un altro, o comprare un giornale “piuttosto che” un altro o guardare una televisione “piuttosto che” un’altra.

     Siamo nella repubblica del “piuttosto che”, del “vel vel”. E’ rimasta solo per i poveri la scelta “aut aut”, quella di fronte alle tasse e alla difficoltà del sopravvivere quotidiano: o mangiare questa minestra o (aut aut, non vel vel, non “piuttosto che”) saltare questa finestra. Purtroppo le cronache continuano a dirci che cresce il numero di quelli che la saltano.