La
filosofia e la scienza successive, anche grazie
all’apporto di Heisenberg con la sua trattazione sul
principio di indeterminazione, ci hanno confermato
che nessuna realtà è rappresentabile in modo del
tutto oggettivo e sfugge all’influenza del soggetto
che se la rappresenta. Il giornalista è un
osservatore che, nell’osservare la realtà, se la
rappresenta soggettivamente, e quando la racconta ai
propri lettori non può uscire dai propri schemi
interpretativi, dal suo io ermeneutico, cioè
dall’insieme delle proprie opinioni. Non può
pretendere, nel raccontare un fatto, di descriverlo
così come esso si è oggettivamente configurato,
perché non può fare altro che raccontare come quel
fatto lui se lo è soggettivamente rappresentato. Se
ha la pretesa di fare una narrazione oggettiva, si
sbaglia, o mente e spaccia per oggettivo ciò che
invece è soggettivo. Insomma, pretende di farci
credere che ci stia descrivendo un fatto, mentre, in
realtà, anche lui, come tutti, non fa altro che
descrivere come lui se lo è rappresentato, come lo
ha visto e, quindi, in definitiva, come lo ha
interpretato ci fornisce l’opinione che lui ne ha.
Nessuno può separare i fatti dalle opinioni. Chi
dice di farlo, bara. Vuol far passare le sue
opinioni per fatti, oggettivi, inconfutabili, mentre
non lo sono. Chi ha questo brutto vizio di solito
ritiene di presentare e descrivere dei fatti,
pensando che gli altri raccontano le proprie
opinioni. Distingue il fattibile con l’opinabile e
la distinzione è menzognera. Questo vale non solo
per i giornalisti, ma anche per i politici, per gli
uomini di religione, per gli insegnanti, per i
saggisti, per chiunque. Quando qualcuno vi dice che
sta distinguendo, o separando, i fatti dalle
opinioni, non credeteci, e soprattutto non fidatevi.
Vi sta ingannando. Il filosofo tedesco Max Weber ci
ha insegnato che la rappresentazione soggettiva del
reale storico e sociologico comincia già nella
scelta che individualmente si fa nella congerie di
materiale di cui si dispone. Essendo il “fatto”
sempre complesso, costituito da un insieme di
eventi, alcuni antecedenti, altri successivi ma non
conseguenti, altri successivi e conseguenti, altri
uniti dal vincolo della causalità e altri ancora
svincolati da questo legame e solo accomunati dalla
contemporaneità, la soggettività del racconto che se
ne fa comincia già nella scelta o nell’omissione di
alcuni fatti piuttosto che di altri. Segue poi,
nello sviluppo descrittivo, una serie di ulteriori
scelte, che sono sempre rapportabili con la
soggettività e quindi con l’insieme degli schemi
mentali e, appunto, con l’opinione. Perciò è tutto
opinione; l’opinione non è una conoscenza di secondo
grado, di genere inferiore, rispetto ad una
conoscenza di primo grado connotabile con i
caratteri dell’oggettività, o come altri direbbe,
della scientificità. Non esiste contrapposizione tra
verità dei fatti e opinione che si ha di quegli
stessi fatti. I fatti non sono attingibili, e
raccontabili, se non mediante le opinioni che se ne
hanno.
Perciò, amici giornalisti, non abbiate paura delle
vostre opinioni, esprimetele liberamente, purché
siano davvero libere e non condizionate da interessi
di parte o di bottega. Quando ci raccontate dei
fatti, abbandonate l’idea presuntuosa che i vostri
lettori possano credere che essi si siano svolti
proprio come voi li descrivete. Non affannatevi a
separare i fatti dalle vostre opinioni, manifestate
queste ultime in modo che esse risultino
chiaramente, come tali, non coperte da quelle
maschere carnascialesche che a volte spacciate per
verità indiscusse e indiscutibili. Il giornalismo è
questo: non presentare al lettore una finta verità
assoluta, ma proporre la propria verità soggettiva,
per un’analisi e per un confronto. Il giornalismo è
opinione. Anche la matematica lo è, sebbene si dica
il contrario. A non esserlo, se mai, potrebbe
aspirare l’aritmetica, ma nemmeno lei ne può avere
la pretesa, perché sommare il quattro al tre dà
sette solo a certe, determinate condizioni, la prima
delle quali è che si sommino delle omogeneità,
altrimenti la somma è impossibile. Sommare quattro
mele e tre pere non dà sette, se non a condizione
che si stia sommando un solo tipo di frutto e, come
si sa, di tipi di frutto ce ne sono in gran numero.
Anche di opinioni, ce ne sono in gran numero. Ed è
bene che non siamo omogenee. E’ sempre pericoloso il
pensiero unico. E ancora più pericoloso è chi
spaccia per tale il proprio. Anche e soprattutto
quando fa il giornalista. |