In una sua interrogazione, il
consigliere regionale di minoranza, Maurizio Acerbo,
ritirò fuori un’altra vecchia storia: la presenza
del nome di Varrassi in un elenco pubblicato da
“L’Espresso” nel 2001 che riportava i nomi di
presunti massoni e la sua iscrizione alla loggia
Giuseppe Garibaldi di Nice (Francia) con la
qualifica di maestro massone.Varrassi si affrettò a
ricordare, minacciosamente, che aveva a suo tempo
fatto ricorso al Garante della Privacy, contestando
la pubblicazione di quell’elenco, e aveva querelato
“L’Espresso”, mostrando così di considerare
l’affermazione di una presunta affiliazione alla
massoneria calunniosa e diffamatoria, come se la
massoneria di per sé fosse un’associazione a
delinquere.
Ricordo che esordì sulla scena teramana con una gaffe
clamorosa. Un settimanale satirico, “Sor Paolo”,
aveva pubblicato un suo colloquio immaginario con il
dott. Roberto Petrella (ginecologo del consultorio
di Casalena, costretto a visitare le pazienti senza
disporre di un ecografo) nel quale gli veniva
attribuito l’invito al professionista ad utilizzare,
invece dell’ecografo, una palla di vetro. Ebbene,
non ci crederete, ma il direttore generale Varrassi
chiese ufficialmente, con una lettera, al direttore
del settimanale (e perfino al direttore del
quotidiano di cui il settimanale era l’inserto
domenicale) dove, come e quando avesse mai fatto
quella dichiarazione. Dimostrando così, quanto meno,
di non capire in che cosa consistesse la satira e di
non sapere quale reale valenza attribuire ad un
giornale satirico.
Successivamente, il direttore Varrassi ha operato
diverse scelte, molte delle quali negativamente
giudicate e altre assai contestate, ma tutte
improntate ad una applicazione metodica del
principio che è utile e opportuno favorire la
maggioranza politica che lo ha prescelto.
Ultimamente sta imperversando sulla stampa, e anche
su Facebook, per magnificare i suoi gioielli, cioè
reparti ospedalieri che se sono di eccellenza non lo
devono a lui, trascurando di considerare tutti i
numerosissimi elementi negativi, emersi recentemente
anche nelle visite ai reparti di alcuni politici di
opposizione, ai quali operatori sanitari di ruolo e
rango diversi hanno rappresentato oggettive e gravi
carenze. Eppure il direttore Varrassi continua ad
usare l’eccellenza della cardiochirurgia teramana
(indiscutibile) come una foglia di fico, con cui
nascondere le vergogne indiscutibili costituite da
queste generalizzate, oltre che dall’estrema
politicizzazione della sanità teramana, denunciata
giustamente da Manola Di Pasquale, di cui proprio il
direttore Varrassi porta tutta intera la
responsabilità.
Ma quel che colpisce negativamente è la persecuzione
alla quale da tempo sta sottoponendo il sopra
ricordato dott. Petrella, al quale è stata inflitta
una punizione identica nella misura (due mesi di
sospensione senza stipendio) a quella inflitta ad un
altro operatore sanitario (appartenente alla
maggioranza) accusato di falso, peculato e truffa,
ma che lui ha nominato primario o quasi. Una
punizione che il giudice del lavoro di Teramo ha
definito sproporzionata e l’ha annullata,
giudicandola anche immotivata nel merito e
condannando la ASL a pagare le spese giudiziarie. Ma
che fa il direttore generale Varrassi, o che cosa
lascia fare, essendo comunque responsabile di tutti
gli atti dell’azienda? Prosegue la sua persecuzione,
facendo proporre al dott. Petrella l’accettazione di
una censura scritta in cambio della mancata
presentazione del ricorso, e, quando il dott.
Petrella si rifiuta, gliela commina ugualmente,
sostenendo (con una forzatura interpretativa della
sentenza che non mancherà di essere riconosciuta
giudiziariamente) che è proprio la punizione che il
giudice del lavoro ha suggerito come adeguata. E
qual è l’accusa per la quale il dott. Petrella viene
così pesantemente perseguitato? Ha “suggerito” due
articoli di stampa nei quali l’ASL di Teramo veniva
rappresentata con qualche menda e perciò ledendone
il buon nome, quindi violando il codice
disciplinare.
Guarda caso, nel frattempo,
prima e dopo, diecine e diecine di colleghi del
dott. Petrella, dipendenti anche loro della ASL
teramana, hanno continuato sulla stampa non solo a
“suggerire” articoli, ma a rilasciare dichiarazioni
o a firmare interventi critici assai più pesanti
sulle gravi carenze dell’azienda, senza essere
puniti. Poiché già la ASL per l’annullamento del
primo provvedimento di sospensione dovrà pagare non
meno di 10.000 euro tra spese legali e di giudizio e
altre ne dovrà pagare per portare avanti,
inopinatamente, la nuova punizione irrogata, mi
chiedo: se chi ricopre un ufficio pubblico vuole
divertirsi a perseguitare un proprio dipendente ed
esercitarsi in una sorta di ”ars persecutoria”, non
dovrebbe farlo a proprie spese? E se lo fa anche con
i miei soldi, con i nostri soldi, di noi
contribuenti, non dovrebbe intervenire la Corte dei
Conti?
|