Di molte altre cose
che il sindaco Brucchi ha detto, e di molte altre
cose dette da altri politici, abbiamo intuito, a
pelle, che facevamo bene a non fidarci e, in
seguito, abbiamo saputo che avevamo fatto bene.
Così, adesso che lo stesso Brucchi ci dice che vuole
spostare le pietre antiche del teatro romano,
spendendo 500.000 euro, e promette che poi, dopo
averle fatte repertare e catalogare, ce le riporterà
(se, spendendo altre 500.000 euro non lo dice),
capisco, a pelle, che facciamo bene, anzi meglio, a
non fidarci. La ragione poi ci fornisce sensate
argomentazioni per rendere ancora più solida la
sfiducia. Altre ce ne offre per convincerci a non
fidarci di quanto ci dice la Sovrintendenza
Archeologica e di quanto ci dicono l’impresa
appaltatrice e i tecnici, più o meno sedicenti tali,
le cui spiegazioni non soddisfano e la cui
competenza appare dubbia. Troppe volte ci hanno
indotto a fidarci e poi hanno dimostrato che aveva
ragione chi non si era fidato di loro.
Altre volte che sono state spostate delle pietre
antiche (vedi casa degli Antonelli a Porta Romana e
numerosi altri casi), pur numerate con la promessa
di riportarle dove erano o di ricollocarle altrove
ma procedendo a operazioni di anastilosi, gli
impegni presi non sono stati mantenuti e il
materiale repertato, catalogato e numerato, è andato
disperso. Quando, agli inizi del ‘900, furono
spostate alcune pietre antiche della Cattedrale di
Atri, con l’impegno di una ricollocazione adeguata,
si dovette constatare che il materiale per la
maggior parte era finito in alcune case private di
casati nobiliari. Esso non fu mai né ricollocato né
ricostituito. Lo stesso è avvenuto in casi più
recenti, sia a Teramo che in altri centri della
provincia. Stiamo ancora chiedendoci dove sia finito
il lampadario del vecchio Teatro Comunale. La furia
iconoclastica dei teramani, che ci ha fatto perdere
tante vestigia preziose della nostra storia, ha
distrutto la splendida cittadella nuova costruita da
Giosia d’Acquaviva, la rocca di Frondarola e altre
costruzioni più recenti. Ora si vuole, forse con il
trucco e con l’inganno, distruggere anche l’antico
teatro di Interamnia, fingendo di volerlo recuperare
e in realtà avendo l’intenzione di disintegrarlo o
di rimandarne indefinitamente la valorizzazione.
Fa bene chi non si fida. E quelli che si fidano fanno
male. Perché tra quanti caldeggiano o giustificano o
semplicemente accettano la proposta di spostare i
reperti romani, credendo in una ricollocazione
archeologicamente, scientificamente e storicamente
adeguata, ce ne sono tanti che appaiono
evidentemente motivati o da incompetenza o da
malafede o da noncuranza e indifferenza. Dato il
livello culturale dei nostri amministratori, c’è da
temere che ciò che si trova attualmente nell’area
del teatro romano sia da loro considerato più o meno
alla stregua di un materiale inerte,
indifferenziato, di cui ci possa liberare la Teramo
Ambiente come se si trattasse di rifiuti speciali.
Ma cosa possiamo aspettarci da chi ha rinunciato ad
ogni funzione di promozione della cultura e ha
delegato ogni iniziativa in materia ai privati e al
capitale finanziario?
Non fidiamoci. Facciamo bene a non fidarci. Anche
perché non c’è nessuna ragione al mondo che possa
giustificare lo spostamento, sia pure momentaneo, di
queste nostre antiche pietre. Le spiegazioni addotte
sono ridicole, o strumentali o articolate in
malafede. Non fidiamoci. Per tante altre cose non
fidiamoci. Perché quando ci siamo fidati abbiamo poi
dovuto constatare che avevamo fatto male e avevano
avuto ragione quelli che non si erano fidati. Alcuni
di loro avevano avvisato che non bisognava fidarsi,
ma non erano stati creduti. Purtroppo a Teramo chi
avvisa dei pericoli che incombono è sempre in
gramaglie. Nella nostra città non è ad Elettra che
si addice il lutto, ma a Cassandra.
|