Il corrosivo del 21 febbraio 2012   

 

... ma non fidarsi è meglio

 

      Fidarsi è bene. Di più, è bello. La fiducia è una delle migliori predisposizioni dell’animo. Avere fiducia in qualcuno concilia con la vita, permette di guardare al futuro con ottimismo, consente di sperimentare la solidarietà e la lealtà. Accorgersi che la fiducia è stata ben riposta apre il cuore alla gioia e riempie di soddisfazione. Però non c’è più niente di più amaro del dover ammettere che essa è stata tradita, che era stata mal riposta e che è stata poco ripagata. Per questo, il proverbio antico ammonisce che, se fidarsi è bene… non fidarsi è meglio. Purtroppo bisogna ammettere che si sbaglia meno quando non ci si fida che quando ci si fida. Quando il sindaco Brucchi ci diceva che non c’erano ombre nel project financing per la costruzione del nuovo teatro sull’area del vecchio campo sportivo comunale, sentivo, a pelle, che non ci si poteva fidare. La ragione portava poi alla negazione della fiducia molti buoni argomenti. Abbiamo poi visto che avevamo avuto ragione a non fidarci e, per fortuna, ci è stato possibile comprenderlo ancor prima di rompere le uova e fare la frittata.

 

      Di molte altre cose che il sindaco Brucchi ha detto, e di molte altre cose dette da altri politici, abbiamo intuito, a pelle, che facevamo bene a non fidarci e, in seguito, abbiamo saputo che avevamo fatto bene. Così, adesso che lo stesso Brucchi ci dice che vuole spostare le pietre antiche del teatro romano, spendendo 500.000 euro, e promette che poi, dopo averle fatte repertare e catalogare, ce le riporterà (se, spendendo altre 500.000 euro non lo dice), capisco, a pelle, che facciamo bene, anzi meglio, a non fidarci. La ragione poi ci fornisce sensate argomentazioni per rendere ancora più solida la sfiducia. Altre ce ne offre per convincerci a non fidarci di quanto ci dice la Sovrintendenza Archeologica e di quanto ci dicono l’impresa appaltatrice e i tecnici, più o meno sedicenti tali, le cui spiegazioni non soddisfano e la cui competenza appare dubbia. Troppe volte ci hanno indotto a fidarci e poi hanno dimostrato che aveva ragione chi non si era fidato di loro.
     Altre volte che sono state spostate delle pietre antiche (vedi casa degli Antonelli a Porta Romana e numerosi altri casi), pur numerate con la promessa di riportarle dove erano o di ricollocarle altrove ma procedendo a operazioni di anastilosi, gli impegni presi non sono stati mantenuti e il materiale repertato, catalogato e numerato, è andato disperso. Quando, agli inizi del ‘900, furono spostate alcune pietre antiche della Cattedrale di Atri, con l’impegno di una ricollocazione adeguata, si dovette constatare che il materiale per la maggior parte era finito in alcune case private di casati nobiliari. Esso non fu mai né ricollocato né ricostituito. Lo stesso è avvenuto in casi più recenti, sia a Teramo che in altri centri della provincia. Stiamo ancora chiedendoci dove sia finito il lampadario del vecchio Teatro Comunale. La furia iconoclastica dei teramani, che ci ha fatto perdere tante vestigia preziose della nostra storia, ha distrutto la splendida cittadella nuova costruita da Giosia d’Acquaviva, la rocca di Frondarola e altre costruzioni più recenti. Ora si vuole, forse con il trucco e con l’inganno, distruggere anche l’antico teatro di Interamnia, fingendo di volerlo recuperare e in realtà avendo l’intenzione di disintegrarlo o di rimandarne indefinitamente la valorizzazione.
     Fa bene chi non si fida. E quelli che si fidano fanno male. Perché tra quanti caldeggiano o giustificano o semplicemente accettano la proposta di spostare i reperti romani, credendo in una ricollocazione archeologicamente, scientificamente e storicamente adeguata, ce ne sono tanti che appaiono evidentemente motivati o da incompetenza o da malafede o da noncuranza e indifferenza. Dato il livello culturale dei nostri amministratori, c’è da temere che ciò che si trova attualmente nell’area del teatro romano sia da loro considerato più o meno alla stregua di un materiale inerte, indifferenziato, di cui ci possa liberare la Teramo Ambiente come se si trattasse di rifiuti speciali. Ma cosa possiamo aspettarci da chi ha rinunciato ad ogni funzione di promozione della cultura e ha delegato ogni iniziativa in materia ai privati e al capitale finanziario?
     Non fidiamoci. Facciamo bene a non fidarci. Anche perché non c’è nessuna ragione al mondo che possa giustificare lo spostamento, sia pure momentaneo, di queste nostre antiche pietre. Le spiegazioni addotte sono ridicole, o strumentali o articolate in malafede. Non fidiamoci. Per tante altre cose non fidiamoci. Perché quando ci siamo fidati abbiamo poi dovuto constatare che avevamo fatto male e avevano avuto ragione quelli che non si erano fidati. Alcuni di loro avevano avvisato che non bisognava fidarsi, ma non erano stati creduti. Purtroppo a Teramo chi avvisa dei pericoli che incombono è sempre in gramaglie. Nella nostra città non è ad Elettra che si addice il lutto, ma a Cassandra.