Il corrosivo del 17 gennaio 2012   

 

La sindrome di Caligola

 

    

     Mi pare che il nome che la Procura aquilana ha dato all’inchiesta che ha portato all’emissione di sette ordini di custodia cautelare con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione aggravata sia del tutto azzeccata. L’hanno chiamata “Caligola”, in riferimento alla politica (chiamiamola così) che gli storici hanno attribuito al più famigerato imperatore romano, dandone l’immagine di un despota assoluto, eccentrico, depravato, corrotto e impunito al punto di nominare senatore un suo cavallo.

     La “sindrome di Caligola” è definizione adatta a chi, trovandosi ad amministrare la cosa pubblica, si abitua a praticare l’arte del clientelismo e dell’affidamento di incarichi professionali o di consulenza ai propri amici, ai componenti della propria cerchia, ai propri pretoriani, spesso accampando giustificazioni etiche improponibili, o spiegazioni giuridiche prive di valore come quelle basate sul teorema dello “spoil system”. Tradotta in italiano, questa espressione inglese significa “sistema del bottino”. In effetti altro non è che una spartizione del bottino (quasi di guerra) dopo la conquista del potere, con la quale i “conducator” diventati personaggi politici influenti, dopo aver messo le mani (e il sedere) su posti di grande responsabilità, distribuiscono cariche istituzionali, incarichi pubblici e posizioni di potere, lautamente retribuiti, ai propri affiliati, ai propri simpatizzanti, spesso ai propri soci o ex soci di bottega, quando non ai propri famigliari e/o parenti, o ad estranei ai quali chiedono in cambio sostegno e/o mazzette.

 

     La sindrome di Caligola spinge molti sindaci, presidenti di provincia, presidenti di regione e chiunque si trovi al vertice di strutture di potere politico, economico o finanziario a queste generose distribuzioni o a queste infami estorsioni. E, così come Caligola nominò senatore il proprio cavallo, questi nuovi Caligola collocano i propri “cavalli” in posti di grande responsabilità e di grande potere, con retribuzioni da favola. Abbiamo visto, e vediamo, assessori alla cultura notoriamente incolti, presidenti di enti pubblici famosi per non conoscere nemmeno la tabellina pitagorica che gestiscono miliardi di lire o di euro, capi di gabinetto che sanno a malapena organizzare la propria vita, gestori di comunicazione istituzionale del tutto privi di ogni capacità di comunicazione. Tutti personaggi collocati molto al di sopra delle proprie capacità umane e professionali, sopravvalutate all’eccesso, in pieno dispregio di ogni considerazione meritocratica, la cui unica virtù era (ed è) quella di saper fedelmente (non lealmente) servire i propri referenti o i propri mentori e protettori o ringhiare come barboncini petulanti nel difendere le caviglie dei propri padroni.     

     La sindrome di Caligola è ancora imperante, dal primo dopoguerra, e ha trasformato quella che era stata annunciata come una democrazia in un’oligarchia, avara con chi merita e generosa con chi demerita, auto-referente e arrogante, arricchitasi a dismisura, spesso all’ombra di logge massoniche, che ha al suo servizio un esercito di domestici in livrea, abituati a lustrare le scarpe dei potenti ogni mattina. Intanto chi gestisce il potere e amministra la cosa pubblica continua a dare rispose individuali ad interessi e richieste individuali, invece di dare risposte collettive a interessi e richieste collettive.

     Prendiamo Teramo. Guardiamola. Fotografiamola. Aereofotografiamola. Poi confrontiamo le fotografie e le aereofotografie con quelle del passato. Valutiamo su come si è sviluppata, accresciuta e ingrandita. Esaminiamone le colline, il tessuto urbano e la viabilità. Consideriamo gli effetti e le conseguenze degli strumenti urbanistici approvati e adottati. Non sarà difficile comprendere come sia stato consentito a chiunque di fare quel che voleva, facendo in modo che l’interesse privato avesse la meglio sull’interesse collettivo, perché consentirlo creava a sua volta consenso, che, trasformato in potere, a sua volta consentiva di consentire. La sindrome di Caligola si è congiunta con la sindrome del demagogo, sia con amministrazioni di destra che con amministrazioni di (presunta) sinistra. Si è sviluppato, individualmente, solo chi ha avuto il santo in paradiso. E’ rimasto come prima e come sempre chi non lo ha avuto, o non lo ha cercato. La città non si è sviluppata davvero, nel suo insieme e nel suo complesso. L’interesse pubblico non è mai la sommatoria degli interessi privati soddisfatti e la crescita di una città non è la sommatoria della crescita pura e semplice dei propri cittadini. La politica teramana è sempre stata clientelare, dopo la guerra e forse anche prima. E i Caligola teramani sono stati sempre gli stessi. Se non sempre, quasi sempre. Hanno a volte cambiato partito, ma non sono cambiati loro o le loro famiglie.