Il corrosivo del 6 dicembre 2011
Satrapi e mandarini
Non aggiungo nulla a tutto quello che
ho letto a proposito delle laute retribuzioni, a
qualsiasi titolo corrisposte, ai dirigenti della nostra
regione. Le mie considerazioni negative si
aggiungerebbero alle tante già fatte ed esposte da altri
osservatori. Né voglio dare a coloro che ritengono che
in questa rubrica si debbano non solo proporre critiche,
ma avanzare proposte, motivi in più per sviluppare le
loro giaculatorie. A costoro mi limito a rispondere che
la rubrica si chiama “corrosivo” ed è del tutto naturale
che ciò che vi si scrive intenda corrodere e non
proporre, visto che non si chiama “propositivo”. Chi non
considera quanto sia dialetticamente importante la
negazione, e cioè l’opposizione, rispetto
all’affermazione, e cioè alla proposizione, mostra di
non conoscere nulla di un rapporto che è l’essenza della
bi-dimensionalità di ogni ragionamento e di ogni
attività umana, secondo la concatenazione essere – non
essere – divenire. Ma lasciando questi cantori del nulla
alla loro ignorante esistenza, e tornando al tema dei
lauti compensi dei dirigenti regionali (che aumentano,
anche in base a promozioni di merito, pur in un momento
in cui ci vengono chiesti e imposti tanti sacrifici),
intendo deviare dalla strada dell’indignazione che
queste elargizioni suscitano in tutti, e avviarmi lungo
un sentiero laterale, un po’ impervio, sul quale, sono
certo, prima incerti, ma poi più avventurosi, altri, e
comunque i miei lettori, vorranno seguirmi.
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Il
sentiero lungo il quale si inerpica il mio
ragionamento, a margine del tema a cui ho accennato
inizialmente, mi porta a considerare che l’entità in
sé di alcuni emolumenti, di dirigenti e funzionari
di enti pubblici - regione – provincia – comuni –
di gran lunga superiori a quelli dei presidenti di
regione, di province e di sindaci, è ingiustificata
e ingiustificabile per due ordini di considerazioni.
Il primo è quello dell’enorme sproporzione tra
alcune retribuzioni, minime o medie, o alcune
pensioni (le minime di appena poco più di 400 euro)
e quelle di questi mandarini, protetti dai loro
satrapi, che quasi tutte sono superiori al centinaio
di migliaia di euro e a volte anche del doppio. Mi
chiedo: quanta differenza di valore ci può essere
tra due esseri umani, pur nella differenza di
qualità e di quantità del loro lavoro e del loro
contributo alla società? Un dirigente generale della
Regione, o della provincia, un presidente di una
partecipata pubblicata, un funzionario qualsiasi il
cui stipendio annuale si aggira intorno a
duecentomila euro è giusto che guadagni tanto di più
rispetto ad un operaio addetto ad una catena di
montaggio o ad un operaio di cantiere edile che
guadagna mensilmente appena 1200 euro? Pur
ammettendo che tra l’importanza sociale ed economica
dei primi sia di gran lunga superiore a quella dei
secondi, è ammissibile che la valutazione di quella
superiorità di importanza sia tanto sproporzionata?
Quanto si dovrebbe dare, in proporzione, agli
scienziati che rivoluzionano la medicina, ai geni
dell’arte, a quanti sono certamente assai più utili
all’umanità?
Il secondo ordine di considerazione è il rapporto che
c’è tra la valenza economica del lavoro di questi
funzionari e dirigenti e l’apporto reale che essi
danno all’ente pubblico nel quale lavorano. Siamo
proprio certi che ci sia una proporzione tra i due
elementi? Perché tanto spesso accade che un ente
pubblico, che pure ha dei dirigenti e funzionari
dipendenti, impiegati negli uffici tecnici,
finanziari o legali, quando deve affrontare una
questione seria si sente in obbligo di ricorrere a
consulenti esterni, di comprovata esperienza e di
indubbio valore? Perché tanto spesso accade che
questi professionisti esterni, la cui consulenza
risulta costosissima, sono chiamati a rimediare agli
errori commessi proprio da quei funzionari e
dirigenti interni tanto lautamente retribuiti e
compensati? Perché tante procedure di esproprio
sbagliate, tante progettazioni tecniche di opere
pubbliche, tante valutazioni legali da essi redatte
e sottoscritte risultano così sballate da
costringere gli amministratori ad affidare a
professionisti esterni l’arduo incarico di
difenderle in sede giudiziaria? E perché questi
mandarini, dirigenti e funzionari di pubbliche
amministrazioni, continuano ad essere così
lautamente retribuiti e a ricevere perfino premi di
produttività invece di essere chiamati a rispondere
dei loro errori e del loro incauto operato? E perché
si continuano ad affidare tanto numerose consulenze
esterne anche preventivamente, evidentemente sapendo
che il corpo dirigenziale di cui si dispone, è
inadeguato alla bisogna e incapace di assicurare una
minima affidabilità, anche se si continua a
distribuire consistentissime buste paga mensili e
altrettanto consistenti premi di produzione alle
scadenze stabilite? Vorrei tanto che qualcuno
fornisse delle risposte a questi interrogativi.
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