Il corrosivo del 22 novembre 2011   

 

Gli spergiuri di Ippocrate

 

     Pensate a quanta soddisfazione deve provare un alpinista che, al termine di un’improba fatica, riesce a raggiungere la vetta. Pensate a quale possa essere quella di un architetto che vede finalmente realizzato un proprio avveniristico progetto, o quella di uno scrittore che vede pubblicata la sua opera prima, alla quale lavorava da una ventina d’anni. Pensate alla soddisfazione che può provare un avvocato alla lettura di una sentenza che riconosca l’innocenza del proprio assistito, alla quale ha sempre creduto contro tutti, essendone profondamente convinto e più che certo. (Riesco a immaginare meno la soddisfazione che prova un avvocato alla lettura di una sentenza che assolva un suo assistito di cui conosce fin troppo bene la colpevolezza). Pensate a quanta soddisfazione possa provare un imprenditore, che coraggiosamente ha affrontato mille difficoltà e riesce a vedere concretizzata una propria intuizione, e la propria azienda premiata dal mercato e dal successo, anche in termini di posti di lavoro creati a beneficio di tanti lavoratori e delle loro famiglie. Bene, io penso che nessuna di queste soddisfazioni possa essere più grande e più pregnante di quella che può provare un chirurgo che, con il suo tempestivo e competente intervento, ha salvato una vita umana, che senza le sue capacità si sarebbe spenta.

 

     Veder riaffiorare il sorriso sul volto di un uomo o di una donna che un malore aveva appannato o cancellato, trasformandolo in una smorfia di dolore o in uno sguardo assente, deve essere per chi ha operato quel miracolo un’esperienza così intensa da togliere il fiato. Aver restituito una persona all’affetto dei propri cari, alla gioia del vivere e all’antico benessere, deve produrre, ne sono certo, nell’animo di chi ha così sapientemente adoperato il bisturi, una sensazione ineguagliabile di profondo compiacimento, che può essere paragonata solo alla gratitudine che ha nei suoi confronti chi ha beneficiato della sua perizia. La stessa soddisfazione deve provare un medico che, senza un intervento chirurgico, ma con una cura competente ed esperta, ha sortito lo stesso effetto, salvando una vita umana o restituendo la buona salute a chi l’aveva perduta.

Pensate ora alla disperazione e al senso di vuoto che deve provare un chirurgo, o un medico, che sa di aver fatto tutto per conseguire il buon esito sopra ricordato senza riuscirci, non per propria colpa, avendo la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile e anche di più, di essersi impegnato al massimo con scienza e coscienza, non conseguendo il premio che aveva sperato per il proprio impegno e avendo assolto fino in fondo al giuramento di Ippocrate.

     Solo pensando alla soddisfazione e alla disperazione che ho sopra richiamate, si può riuscire a concepire, almeno in parte, quanto sia esecrabile il comportamento di chi, operando nel campo della sanità, medico, paramedico o dirigente, si rende responsabile di errori, omissioni, indifferenze, incompetenze, producendo conseguenze gravissime e irreparabili; di chi si cura delle patologie e non dei malati; di chi nei confronti di questi non si mostra amorevole e compartecipe; di chi esibisce indifferenza e superficialità; di chi considera la propria professione e l’esercizio dell’arte medica solo come strumento di arricchimento personale e di carrierismo; di chi si preoccupa solo di rincorrere posti di prestigio e di ben retribuiti primariati. Pensate perciò a quanto possa essere vile il comportamento di chi specula sulla pelle degli altri, spregevole quello di chi, contravvenendo al giuramento di Ippocrate, rinnega scienza e coscienza e agisce solo in vista di un mercimonio mai abbastanza condannabile sul piano etico e morale. Pensate a quanto possa essere considerata volgare, nel senso più autentico del termine, una politica che renda la sanità serva e strumento di ambizioni personali; quanto miserevole chi percepisce tangenti o chi le conferisce, chi allunga le liste di attesa di esami diagnostici e di visite specialistiche, chi vuol solo favorire gli illeciti arricchimenti degli operatori della sanità privata o chi specula sui posti letto nell’attesa di ritorni economici o politici, chi nomina primari incompetenti solo per ragioni di parte o chi impone tagli indiscriminati senza riuscire a qualificare la spesa o ad individuare gli sprechi e le loro ragioni.

     Rivolgo un pensiero pieno di gratitudine verso quanti, nel campo della sanità, sono rispettosi dei diritti del malato e delle sue debolezze e si dedicano a lenirle, avendo come fine primario la soddisfazione che si può trarre dal buon esito del proprio intervento e considerando secondario il fine di un miglioramento delle proprie condizioni economiche o di carriera. Rivolgo un pensiero di esecrazione e di condanna verso quanti, nello stesso campo, non badano che a se stessi e al proprio egoismo, non rispettano il malato pur combattendo la malattia e per questo prima o poi incorrono in superficialità o trascuratezze fatali, insomma a quanti considero “gli spergiuri di Ippocrate”.