Il corrosivo del 1° novembre 2011   

 

Facci vedere quanto sei bravo!

 

    

    

     C’è una frase che risulta per me tra le più irritanti quando la sento pronunciare, solitamente come una sfida, nei confronti di chi avanza delle critiche, spesso ragionate, su qualche realizzazione che non risulta convincente agli occhi di chi quelle critiche avanza, in ogni campo, da quello politico a quello letterario, da quello artigianale a quello professionale. La frase suona, con leggere varianti, all’incirca così: “Visto che tu sei tanto bravo, facci vedere tu come la fai!”. E’ vero che non sono pochi quelli che criticano tanto per criticare e passano tutto il loro tempo, o quasi, a farlo, nei confronti di chiunque, trovando ogni cosa fatta o detta male e non riuscendo a trovare nulla che sia di loro gradimento. E’ vero che non pochi hanno da ridire su tutto e su tutto, non lo nego. Però sono molti anche quanti criticano a ragione veduta, con buone, anche se soggettive, argomentazioni, e arrivano spesso a dire, oltre che a mettere in evidenza come sia stata fatta una cosa, come la si sarebbe dovuta fare. E tuttavia, sentire invitare questi critici a farla loro, per mostrare quanto sono bravi, è ugualmente irritante, almeno per me.

     Cercherò di spiegare perché. La critica teatrale, quella letteraria, quella storica si basano su alcune considerazioni, tutte ragionate, che prendono in esame una realtà fattuale e la “criticano”, cioè la analizzano, ne esaminano gli antecedenti e le conseguenze e arrivano a delle conclusioni che sono dei giudizi, teatrali, letterari o storici. Ora, invitare Benedetto Croce, dopo aver letto una sua critica storica o letteraria, a darsi alla politica e mostrare quanto potesse essere bravo lui come primo ministro o a scrivere un romanzo o una poesia per mostrare quanto potesse brillare come romanziere o come poeta, sarebbe stato stupido.

 

     E invitare Natalino Sapegno, lo storico della letteratura italiana, dopo aver letto alcune sue stroncature, a fare la stessa cosa, cioè a diventare un narratore o uno scrittore di versi lo sarebbe stato altrettanto. E’ che ognuno fa il suo mestiere: il critico fa il critico e il poeta fa il poeta; questi scrive poesie, quello è assolutamente autorizzato a tracciarne un giudizio critico, sulla base di un’estetica che segue dei canoni ed è basato su degli orientamenti.  Non si può negare che questa differenza di ruoli e di posizioni viene confermata dal fatto che assai spesso quando critici teatrali, anche di valore, hanno provato a scrivere un’opera, o quando critici cinematografici hanno provato a diventare registi e a realizzare un film, o quando critici letterari si sono misurati con la scrittura di un romanzo, hanno assai spesso proposto opere di scarso valore. E’ legittimo, pienamente, fare o scrivere qualcosa; è altrettanto pienamente legittimo fare una critica senza avere la necessità di dimostrare di potere e di sapere far meglio. Proprio perché si tratta di due cose diverse.
     La stessa cosa vale per il giornalismo d’opinione. Anche chi scrive sui giornali e dà dei giudizi critici su quanto fanno gli amministratori pubblici o i politici spesso si sente dire: “Facci vedere tu quanto sei bravo! Presentati alle elezioni, fatti votare e falle tu le cose che dici che io faccio male!”. Questo invito è una castroneria, come quelle che ho ricordato prima a proposito della critica letteraria, cinematografica o letteraria. Quasi sempre è anche la conseguenza di un atteggiamento o di un temperamento arroganti, di una insofferenza alla critica e, in definitiva, di intolleranza. In merito si potrebbe anche attuare un gioco di parole, anzi un “calembour” concettuale, immaginando che il giornalista sia lui a dire al politico e all’amministratore: “Visto che ti ritieni così bravo, facci vedere tu quanto lo sei a fare il giornalista!”. Si sarebbe così in presenza di uno scambio di ruoli, meglio, uno scambio di inviti a cambiare i propri ruoli, con il politico che sfida il giornalista a dimostrare quanto è bravo a fare il politico e il giornalista che sfida il politico a dimostrare quanto è bravo a fare il giornalista.
     Però… pensandoci bene… questo avviene già. Perbacco! Quanti politici erano in realtà giornalisti e dicono di esserlo ancora e quanti giornalisti in realtà, invece di fare i giornalisti, in realtà fanno i politici, rappresentando la loro parte politica con maggiore accanimento di quanto facciano i politici? E quanti politici si occupano di giustizia e quanti giudici si occupano di politica? Più che uno scambio di ruoli, siamo in presenza di una confusione di ruoli: tutti pensano di saper far tutto e di poter far tutto, di potersi occupare di tutto. Sì anche di criticare tutto e di emettere sentenze su tutto, lo ammetto. Ma quella frase, la ritengo lo stesso irritante. Una volta l’ho sentita rivolgere da un giocatore di calcio al quale non era riuscito un dribbling ad uno spettatore che lo criticava dagli spalti: “Vieni tu a farci vedere quanto sei bravo!” gli disse inviperito. Beh, la cosa mi irritò molto. Perché il giocatore aveva il diritto di poter sbagliare e lo spettatore aveva il diritto di dirgli che aveva sbagliato, senza sentirsi rivolgere l’invito a dimostrare di saper far meglio.