Il corrosivo dell' 11 ottobre 2011   

 

Non chiamatela scientifica

 

    Per favore, non chiamatela scientifica. Non più. Chiamatela in qualsiasi altro modo, usate qualche altro tipo di aggettivo, ma non chiamatela più scientifica. Di scientifico non ha nulla, se mai ne ha avuto. Non sto parlando della polizia in sé, che scientifica si autodefinisce almeno dal 1902, quando il prof. Salvatore Ottolenghi fondò in Italia la Scuola Superiore di Polizia Scientifica. Quattordici Gabinetti Interregionali e Regionali e ottantanove Gabinetti provinciali di polizia scientifica istituiti in ogni questura garantiscono una copertura del territorio promettendo un’altra qualità di rilevazioni scientifiche sulle scene del crimine e ad essi si aggiungono reparti specializzati dei carabinieri, tra i quali il R.I.S (Reparto Investigazioni Scientifiche), che svolge attività tecnico-scientifica nell’ambito delle indagini preliminari, posto alle dipendenze del RaCIS (Raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche) e supportato dalle unità SIS (Sezione investigazioni scientifiche) specializzate nel sopralluogo preliminare sulla scena del crimine. Non sto parlando specificamente di questi reparti, che si dicono sicuri di garantire davvero la scientificità di alcune investigazioni nei vari settori: biologia, chimica, balistica, dattiloscopia, fonia, grafia, e ultimamente anche criminologia, psicologia e altro ancora.

 

     Sto parlando dell’indagine criminale in quanto tale, quale risulta concretamente, sul campo, dall’insieme dell’apparato di forze, polizia, carabinieri e magistratura, che viene dispiegato nelle investigazioni relative ad un fatto criminoso e poi in fase processuale quando si deve, nel confronto dibattimentale, sottoporre a verifica un impianto accusatorio basato sulle rivelazioni “scientifiche” eseguite.
E’ a proposito di questa intera fase investigativa che dico: per favore non chiamatela scientifica. Gli ultimi recenti casi di investigazioni relative a crimini omicidiari che hanno profondamente impressionato la pubblica opinione, hanno tenuto occupati per mesi e mesi i mass media e con il fiato sospeso il pubblico televisivo (troppo abituato ai telefilms americani, dove i casi vengono risolti entro un’ora, e cioè entro il termine di ogni puntata dei vari serials), hanno trasmesso una grande inquietudine, che non si avrebbe se la scientificità fosse reale e concreta. Ci si aspetta da una indagine scientifica una parola definitiva, nel caso specifico una prova regina, la cosiddetta pistola fumante, e non una serie di indizi sui quali si accapigliano periti e controperiti di parte.

     Si ha, invece, una serie di dichiarazioni e di relazioni pseudo-scientifiche, in conflitto e in contrasto tra loro, che appaiono come incerti balbettamenti di apprendisti stregoni. Non si è abituati a questa idea della scienza e della scientificità. Ci deve essere, perciò, qualche cosa di sbagliato o nella presunta scientificità di un’investigazione o nell’uso improprio del termine “”scientifica”. Ne deriva il contrasto tra sentenze di condanna e sentenze di assoluzione, tutte basate, a loro dire, su risultanze scientifiche, che, evidentemente non sono tali, se invece di essere oggettive, come ci si attenderebbe, sono soggettive e interpretabili. Ma anche la scienza è interpretabile. Anche la scienza ha una sua storia, fatta di asserzioni scientifiche considerate oggettive e indiscutibili (anche la teoria della Terra piatta e non rotonda un tempo era scientifica), rivelatesi in seguito erronee e superate e perciò non più sostenibili.

     Anche la scienza è interpretazione, ma definire “scientifica” un’indagine o una prova è fuorviante. Perciò invito tutti a non usare più il termine “scientifica” per un’indagine o per una sezione della polizia o dei carabinieri. Al di là degli errori che si compiono grossolanamente sulla scena di un crimine, al di là della superficialità sperimentale delle rilevazioni, al di là del fatto che, come ho constatato personalmente in una delle udienze del processo Mazza, si possa chiedere ad un maresciallo dei carabinieri, (sia pure del R.I.S.) di spiegare concetti “scientifici” che sarebbero risultati difficili da spiegare anche ad un cattedratico dell’università o ad un ricercatore. Ho ancora in mente la brutta figura di quel povero maresciallo, che, messo in udienza nelle condizioni di un povero studentello che affronta impreparato l’esame, non riusciva a rispondere nemmeno quando il P.M. gli suggeriva a che pagina della relazione “scientifica” che stava illustrando si trovava la risposta che avrebbe dovuto dare (e non dava), e avrebbe potuto darla semplicemente limitandosi a leggerla nella pagina che gli veniva indicata.
     Per favore, non chiamatela più scientifica. E un’indagine criminale, tornate a basarla sulle investigazioni tradizionali, sul campo, che abbiano solo un supporto in quelle scientifiche o presunte tali, senza aspettarvi miracolistiche e definitive soluzioni da uno sputo del quale viene analizzato un contestato DNA.