Sto
parlando dell’indagine criminale in quanto tale,
quale risulta concretamente, sul campo, dall’insieme
dell’apparato di forze, polizia, carabinieri e
magistratura, che viene dispiegato nelle
investigazioni relative ad un fatto criminoso e poi
in fase processuale quando si deve, nel confronto
dibattimentale, sottoporre a verifica un impianto
accusatorio basato sulle rivelazioni “scientifiche”
eseguite.
E’ a proposito di questa intera fase investigativa
che dico: per favore non chiamatela scientifica. Gli
ultimi recenti casi di investigazioni relative a
crimini omicidiari che hanno profondamente
impressionato la pubblica opinione, hanno tenuto
occupati per mesi e mesi i mass media e con il fiato
sospeso il pubblico televisivo (troppo abituato ai
telefilms americani, dove i casi vengono risolti
entro un’ora, e cioè entro il termine di ogni
puntata dei vari serials), hanno trasmesso una
grande inquietudine, che non si avrebbe se la
scientificità fosse reale e concreta. Ci si aspetta
da una indagine scientifica una parola definitiva,
nel caso specifico una prova regina, la cosiddetta
pistola fumante, e non una serie di indizi sui quali
si accapigliano periti e controperiti di parte.
Si ha, invece, una serie di
dichiarazioni e di relazioni pseudo-scientifiche, in
conflitto e in contrasto tra loro, che appaiono come
incerti balbettamenti di apprendisti stregoni. Non
si è abituati a questa idea della scienza e della
scientificità. Ci deve essere, perciò, qualche cosa
di sbagliato o nella presunta scientificità di
un’investigazione o nell’uso improprio del termine
“”scientifica”. Ne deriva il contrasto tra sentenze
di condanna e sentenze di assoluzione, tutte basate,
a loro dire, su risultanze scientifiche, che,
evidentemente non sono tali, se invece di essere
oggettive, come ci si attenderebbe, sono soggettive
e interpretabili. Ma anche la scienza è
interpretabile. Anche la scienza ha una sua storia,
fatta di asserzioni scientifiche considerate
oggettive e indiscutibili (anche la teoria della
Terra piatta e non rotonda un tempo era
scientifica), rivelatesi in seguito erronee e
superate e perciò non più sostenibili.
Anche la scienza è
interpretazione, ma definire “scientifica”
un’indagine o una prova è fuorviante. Perciò invito
tutti a non usare più il termine “scientifica” per
un’indagine o per una sezione della polizia o dei
carabinieri. Al di là degli errori che si compiono
grossolanamente sulla scena di un crimine, al di là
della superficialità sperimentale delle rilevazioni,
al di là del fatto che, come ho constatato
personalmente in una delle udienze del processo
Mazza, si possa chiedere ad un maresciallo dei
carabinieri, (sia pure del R.I.S.) di spiegare
concetti “scientifici” che sarebbero risultati
difficili da spiegare anche ad un cattedratico
dell’università o ad un ricercatore. Ho ancora in
mente la brutta figura di quel povero maresciallo,
che, messo in udienza nelle condizioni di un povero
studentello che affronta impreparato l’esame, non
riusciva a rispondere nemmeno quando il P.M. gli
suggeriva a che pagina della relazione “scientifica”
che stava illustrando si trovava la risposta che
avrebbe dovuto dare (e non dava), e avrebbe potuto
darla semplicemente limitandosi a leggerla nella
pagina che gli veniva indicata.
Per favore, non chiamatela più scientifica. E
un’indagine criminale, tornate a basarla sulle
investigazioni tradizionali, sul campo, che abbiano
solo un supporto in quelle scientifiche o presunte
tali, senza aspettarvi miracolistiche e definitive
soluzioni da uno sputo del quale viene analizzato un
contestato DNA. |