Il corrosivo del 9 agosto 2011      

    

    

     Giovedì, questo anticipano le gazzette, il PD (Partito Democratico) andrà alla resa dei conti e, come è avvenuto in alcune recenti riunioni a porte chiuse, qualcuno chiederà la testa di Robert Verrocchio per l’incredibile serie di errori da lui commessi, dal pastrocchio di Roseto all’ultimo, quello del Ruzzo. Sarebbe clamoroso se la sua testa davvero cadesse, perché è preconizzabile che non cada. Le tendenze autolesionistiche del PD sono ataviche e non si intravede un’inversione di rotta. Tutti gli interventi pubblici recenti, compreso quello di Ernino D’Agostino, risultano patetici, tanto che ormai io penso che PD voglia dire Patetici Democratici. I nemici interni di Verrocchio sono infatti patetici anche loro e anche il loro armadio è pieno di scheletri politici e il loro passato di amministratori pieno di pastrocchi. Dopo aver perso la provincia, la faccia e il Ruzzo, D’Agostino, già stella lucente del suo partito, rivelatasi una spenta meteora e, oggi, una piccola cometa perdutasi nello spazio siderale, scrive una nota pubblica che sembra una lettera aperta agli avversari del centro-destra, che accusa di aver effettuato una scelta arrogante, i quali non hanno tenuto conto, dice lui, del diritto-dovere di assicurare alla minoranza una funzione di controllo e non hanno garantito la presenza nel consiglio di amministrazione del Ruzzo di una sua rappresentanza. D’Agostino parla addirittura di “misfatto” del centro-destra.

 

     Davvero credo che Ernino abbia assimilato male i concetti che gli hanno insegnato alla scuola di partito del PCI, da lui frequentata in tenera età, perché ha applicato alquanto maldestramente il principio del rovesciamento della prassi, attribuendo agli avversari la responsabilità di un “misfatto” di cui sono responsabili, interamente, i suoi stessi compagni di partito e, in parte, anche lui, che non è riuscito ad imporre una sua candidatura a causa della sua ormai spenta capacità di “sembrare” un rappresentante credibile della sua parte e, quindi, di potersi imporre su candidati alternativi.  E’ vero che poi, nella sua nota, D’Agostino individua, bontà sua, alcuni errori dei suoi compagni di cordata, arrivando a dire che nel PD qualcuno ha tradito (ecco un altro comportamento che era tipico all’epoca in cui Ernino frequentava la scuola di partito del PCI: additare il compagno che sbaglia, che tradisce favorendo la borghesia, che va costretto all’auto-denuncia e che infine, mediante la confessione, viene epurato o mandato in Siberia). E’ vero che D’Agostino, bontà sua, definisce “inaccettabile” il comportamento di chi ha offerto una sponda preziosa ai disegni di occupazione militare del centro-destra, ma questo non basta ad attenuare il senso di fastidio di chi scorre il testo d’agostiniano (sembra incredibile, ma anche quello è un testo) senza riuscire a trovare un minimo segnale di vera autocritica e di analisi approfondita del malessere interno ai Patetici Democratici.

     Così contro il Robert Verrocchio venuto dal nulla (che aveva fatto di concreto prima che lo portassero al vertice di un partito già sgangherato che lui ha contribuito a rendere ancora più sgangherato?) abbiamo avuto finora soltanto mugugni, o dichiarazioni televisive di chi, per la sua carica superiore, avrebbe perfino il potere di una sanzione o di una rimozione e non lo esercita. Intanto il mondo circostante, circostante i Patetici Democratici, quel mondo in cui il partito di Verrocchio e D’Agostino sembra non vivere più da tempo, continua a percepire un vuoto politico che giustifica perfino la presa del potere da parte degli uomini del centro-destra, i quali, nonostante la propria pochezza, sembrano dei giganti di fronte a tanti nani che non riescono non solo a sbarrare loro la strada, ma nemmeno a svolgere un ruolo minimale da lustrascarpe.

     Patetico Verrocchio! Aveva forse creduto, come in una notte di mezza estate, di essere diventato un politico sopraffino, dal fiuto infallibile, uno stratega dalle mille risorse, una volpe del deserto, e si ritrova a dover constatare (ma forse non ha nemmeno l’acutezza per farlo) di essere il Nulla, il Nulla Eterno. Perché Verrocchio è, politicamente parlando, il Nulla. Ricordate quando Ulisse disse al ciclope Polifemo che il suo nome era Nessuno? Ricordate che poi, quando accorsero gli altri ciclopi e chiesero a Polifemo perché gridasse e si lamentasse, Polifemo rispose che Nessuno gli aveva fatto del male? Ecco: prendetela come una metafora. Chi si trova oggi di fronte il centro-destra teramano? Nessuno. Chi cerca di ostacolarne l’avanzata? Nessuno. Chi cerca di evitare che, dopo il Ruzzo, si impadronisca della Tercas e di quanto c’è nel teramano di cui ci si possa impadronire? Nessuno.

     Nessuno, cioè Roberto Verrocchio. Ma non è un Nessuno isolato. Ci sono tra i Patetici Democratici altri Nessuno, tanti Nessuno che avevano creduto di essere diventati Qualcuno: Ginoble, Tommaso e sua sorella, Verticelli, l’amico della Romania, D’Agostino, che sta retrocedendo campionato dopo campionato, i sindaci della Vibrata, di cui si dice che marceranno su Verrocchio, ma non sanno che i profeti disarmati, come diceva Machiavelli, “ruinorno”, i sindaci come Monticelli, che, se potesse, farebbe costruire palazzi anche in riva al mare e nelle poche piazze che sono rimaste a Pineto, e metterebbe semafori “intelligenti”, di quelli che truffano con intelligenza gli automobilisti ad ogni chilometro della sua rete viaria, o sindaci come Mastromauro, che pensano che il mondo finisca dove finisce il territorio del comune che dis-amministrano.

     Se esiste un Dio della politica, che abbia pietà di loro! Che abbia pietà di questi Patetici Democratici, che sono il Nulla e hanno come loro leader Nessuno.