Il corrosivo del 21 giugno 2011      

    

     Ragionare sulle sconfitte non è facile, anche perché pochi sono disposti a riconoscerle e ad ammettere le proprie responsabilità. E’ più facile prendersi il merito delle vittorie. Ma in politica le bugie hanno le gambe corte e, a furia di dirle, va a finire che chi le dice alla fine non viene più creduto. La recente sconfitta di Tommaso Ginoble a Roseto (perché il grande sconfitto è lui) è fin troppo facile da analizzare, anche perché può essere vista attraverso la lente d’ingrandimento della sua più importante caratterizzazione: è maturata, infatti, in controtendenza rispetto al quadro abruzzese e nazionale. Quasi dovunque il centrosinistra ha vinto, ma a Roseto ha perso. Sulla sconfitta ginobliana tra chi si è pronunciato, anche all’interno dello schieramento di centro-sinistra, si è raggiunto un sostanziale punto di vista, in quanto pur, partendo da considerazioni diverse, le conclusioni hanno portato ad un unico punto finale: la responsabilità di Ginoble è piena e totale.

     Detto questo, però, non è detto tutto, perché questa responsabilità va a sua volta analizzata, scomposta e valutata. Un dato che emerge subito ad una valutazione anche sommaria è che essa è maturata nel tempo, quasi coltivata con pertinace accanimento e con ostinazione. Da un certo momento in poi, Tommaso Ginoble deve aver creduto che tutto gli fosse possibile.

 

          L’improvvisa accelerazione della sua carriera politica, il fatto che aver osato sfidare l’Avvocato (e tutti sanno chi è) gli avesse reso sul piano dei risultati immediati, l’essere diventato prima un pezzo grosso in Regione e poi, schivando le insidie alle quali non è sfuggito Del Turco, essere approdato in Parlamento, essere riuscito a piazzare i suoi uomini e i suoi valvassori, privi di ogni merito, in alcuni posti chiave del sottopotere amministrativo, deve avergli dato alla testa e deve averlo convinto che ormai tutto poteva essere alla sua portata. Così a Roseto, soprattutto a Roseto, la “sua“ Roseto, ha proseguito per una sua strada che lo ha portato a sbattere. Non ha sentito il consiglio di amici, più saggi di lui, non ha sentito mai puzza di bruciato, ha liquidato senza pentimenti l’apporto socialista nella “socialistissima” Roseto, e, vincendo ogni resistenza, ha voluto ad ogni costo imporre la candidatura della sorella, il cui unico merito, politicamente, era quello di essere sua sorella e nulla di più.

     Gi elettori rosetani gli hanno detto di no. Gli hanno detto: “Adesso Basta! Ti devi fermare! Sei giunto al capolinea!”. Ma, stabilito che l’arroganza non paga sempre, e la sua non ha pagato questa volta, stabilito che ci si può illudere di essere creduti, pur dicendo bugie, una volta, due volte, tre volte, ma non ci si può illudere di essere creduti per sempre, all’infinito, si deve anche dire che ci può essere un stile anche nel perdere. E Ginoble questo stile non lo ha dimostrato e non lo sta dimostrando. Non lo ha dimostrato nell’immediatezza del primo turno elettorale, quando non ha deposto la sua arroganza e ha continuato, imperterrito, per la sua strada sbagliata; non lo ha dimostrato dopo il ballottaggio, quando se l’è presa con tutti tranne che con se stesso; non lo sta dimostrando adesso, a distanza di tempo tale da consentirgli di capire dove e perché ha sbagliato, continuando a voler imporre analisi di circostanza, tutte a lui favorevoli.

     La mancanza di stile non gli consente di capire che non gli resta da fare che l’unica cosa che può fare: deporre la sua arroganza e lasciar fare ad altri nel PD quello che non sa fare lui, quello che era riuscito finora a lasciar credere che sapesse fare, quello che non potrà mai più fare. Ha già trascinato a fondo nel suo partito, e nel suo schieramento, qualcuno che innocente non era del tutto, ma non era certo responsabile quanto lui. Larga parte della base del partito gli sta chiedendo di farsi da parte: ha già avuto troppo, rispetto a quello che ha dato. Da questo momento in poi il suo apporto è nullo, in vista di un eventuale cambiamento, e gli elettori di centro-sinistra hanno tutto da guadagnare da un suo ridimensionamento. Si faccia da parte: ha già pagato troppo poco i suoi errori e c’è gente disposta a farglieli pagare di più. C’è anche qualche suo ex amico che sta prendendo le distanze, come accade assai spesso in politica, facendo il lungo elenco dei suoi errori, che non sono circoscritti alla sola Roseto, ma, purtroppo per il centro-sinistra, sono estesi su un panorama più ampio.

     Furono la linea ginobliana e la sua rincorsa agli ex democristiani silviniani che portarono allo sfracello della candidatura Albi a Sindaco di Teramo, a sciagurate candidature nei collegi provinciali e alla conseguente, inevitabile, sconfitta di Ernino D’Agostino a beneficio di Walter Catarra, che mai si sarebbe sognato un simile regalo. Fu la sua linea a screditare completamente la gestione di alcuni enti territoriali da parte di personale arrivato in politica senza alcun altro credito che l’essere suo amico e sodale, se non addirittura suo vassallo e valvassore. Ecco: se c’è qualcosa che Tommaso Ginoble può fare di utile per il centro-sinistra è fermarsi, almeno per qualche giro, come si fa nel gioco dell’oca. Se ne stia rincantucciato in qualche casella, a vedere gli altri continuare a tirare i dadi. Così, almeno, non  continuerà a fare danni.