Il corrosivo del 24 maggio 2011

 

    

Secondo Seneca, tre sono i generi di vita ai quali si affida chi ricerca il meglio per sé: la vita edonistica, la vita contemplativa e la vita attiva.  Praticando la prima, si ricerca come principale, se non unico obbiettivo, il piacere; per raggiungerlo si usa ogni mezzo e si ricorre ad ogni strategia. Praticando la seconda, si ricerca un piacere statico, non dinamico, che continua ad essere un fine e non un mezzo. Praticando la terza, si ricerca un piacere dinamico, che però non è più un fine, ma un mezzo, per raggiungere un fine che consiste nell’azione in sé, come rifiuto dell’inazione e di ogni stasi. Ovviamente, a ben vedere, si può dire, come diceva Seneca, che tutti e tre i generi di vita possono pervenire alla stessa meta: non c’è piacere senza contemplazione, non c’è contemplazione senza piacere, non c’è azione senza contemplazione. Si può considerare, quindi, che il fine sia sempre il piacere e che nella vita edonistica sia il fine ultimo, in sé preso; nella vita contemplativa il piacere consiste nella contemplazione e nel suo appagamento; nella vita attiva viene identificato con l’azione stessa.

 

     Lasciamo da parte quanti rincorrono il piacere in sé e si abbandonano ad una vita edonistica, tutta calibrata sull’appagamento dei sensi, piegando a questo fine e l’azione e la contemplazione, che vengono utilizzate come mezzi, mediante i quali conseguire il piacere sensoriale. Consideriamo gli altri due tipi di vita, quella attiva e quella contemplativa. Alla prima si votano quanti vivono il presente come tempo privilegiato, aborrono l’inerzia e l’inattività, freneticamente fanno e disfanno, progettano il futuro, ma come proiezione immediata del presente. Sono come api che continuano a ronzare, perennemente, senza requie, intorno e anche fuori dell’alveare; per loro non esiste sosta di riflessione e l’azione è virtù, il suo contrario è vizio.

     La vita attiva può per gli attivi, che spesso sono iperattivi, svolgersi su più piani e in vista di diversi tipi di obiettivi, ma tutti collegati al fare. Commercianti, industriali, bottegai, operai, medici e persone in carriera. Si muovono in continuazione, mossi o dal desiderio di arricchimento e di accumulo del denaro o dal desiderio di fare carriera, di lavorare quanto più possibile, sono i produttori, che producono per sé e per gli altri. Senza i produttori, cioè senza coloro che si dedicano alla produzione delle ricchezze e agiscono in vista di questo obiettivo, la società languirebbe e non riuscirebbe a progredire. Sia benedetta, perciò, la loro ansia di fare, anche la loro tendenza a strafare, anche essa quando percorre strade impervie e tortuose, quali quelle della politica e degli affari o quelle che di entrambi sono lastricate.  

     Ma io a chi dice: “Non riesco a stare fermo. Non mi fermo un momento” dico: “Sosta un attimo. Perché anche il viandante più ostinato deve sostare un momento, per riposare le stanche membra, dissetarsi all’acqua fresca di una fonte. Fermati, e contempla. Pensa.” Non si può affannarsi per tutta la vita a correre dietro ad un fantasma irraggiungibile, perché questa corsa a perdifiato non ti fa gustare la vita per quello che vale, non ti fa attribuire le giuste priorità alle cose, ti fa trascurare quelle che non dovresti trascurare. A che vale sacrificare alla ricerca del denaro e alla carriera se stessi, la propria famiglia, i propri figli, i propri affetti, il gusto del vivere quotidiano? A te, che sei perso lungo il cammino a volte atroce di una vita attiva, dico: “Sosta un momento e contempla. Rifletti sul vivere e sull’agire, rifletti sull’amare se stessi e il prossimo, riorganizza la tua vita, sistemala, dubita e chiediti se non hai trascurato qualche cosa che era troppo importante perché tu potessi trascurarla. Non far sì che la frenesia diventi un’ebbrezza e la tua corsa a perdifiato sia una perdizione.”

     Chi si dedica alla vita contemplativa, potendoselo permettere, è un privilegiato. Se lo è molto, può permettersi anche il grado più alto della contemplazione, che è la meditazione. E la meditazione è il meditare sull’azione, per dare all’azione un senso e una direzione. Perché un’azione senza senso e senza direzione non è un’azione, ma un andare verso il nulla. Per questo dico a chi si limita a contemplare e a meditare che di tanto in tanto deve scendere dall’alto della sua montagna verso valle e bagnarsi i piedi nel vorticoso fiume dell’agire. Ma dico anche a chi si limita ad agire e ad interagire senza mai fermarsi un attimo a contemplare che prendere fiato è necessario, per trovare il significato profondo degli eventi e della storia, anche di quelli della propria vita. Sostare e riflettere, meditare, leggere un libro, ascoltare buona musica, rallentare il ritmo è non solo possibile anche nella nostra attuale società, dove le problematiche individuali sono difficili e complesse e richiedono un’applicazione costante, ma necessaria e indifferibile, per evitare che troppo tardi qualcuno dica di noi: “Andava troppo in fretta. Non si fermava mai. Non aveva tempo di pensare a questo e a quello.”, accorgendoci che proprio questo e quello erano le cose più importanti della vita, non il continuare ad agire come forsennati, senza un attimo di tregua e senza riuscire a trovare un solo momento per quello che conta di più.