Il corrosivo dell'  8 marzo 2011

    

            

     Spesso capita che qualcuno, nella foga di autodifendersi e autodiscolparsi, finisca per autoaccusarsi e autoincolparsi. A volte capita anche che qualcuno, trovandosi ad annaspare tra le onde, più si agita e più affondi, incapace di tenersi a galla. Queste immagini, metaforiche, mi suscita il sindaco Brucchi mentre, in televisione, senza citarmi, ma citando questa rubrica, mi dà del censore per i pareri che ho espresso sul suo tentativo di rilancio del piano strategico, dopo anni di sostanziale abbandono. Confonde per censure dei pareri legittimamente espressi, mostrando di non sapere in che cosa consistano le prime e nemmeno i secondi. Poi, per spiegare che ha ragione lui e torto io, nel parlare del piano strategico di Teramo e nel controbattere che il suo tentativo di rilanciarlo è ben più che un insieme di “chiacchiere”, cita quattro elementi ai quali si affida per documentare una asserita concretezza: il nuovo teatro da costruire sull’area del vecchio campo comunale; il recupero del teatro antico; una social housing e il recupero della struttura edilizia del vecchio manicomio. Ne parla come se ci trovassimo in presenza di quattro realizzazioni concrete, e non appunto progetti che si è da gran tempo in attesa di realizzare. Si tratta di idee vecchie, pensate già ai tempi del primo Sperandio, anche se in forma in parte diversa. Brucchi ne parla come se fossero state realizzate, ma non lo sono e sappiamo quanto tempo a Teramo possa passare tra il dire e il fare, basta pensare al Lotto Zero.

     Nel piano strategico si parlava anche di  CULT, e  non se ne parla quasi più, idem

 

della STU; si parlava di arretramento stazione ferroviaria e se ne continua solo a chiacchierare, idem del nuovo edificio per gli uffici comunali, della ristrutturazione del mercato coperto, per non parlare delle rotonde, via Po, via San Marino, viale Crispi, incrocio con la Circonvallazione Ragusa, strada dell'università, con il famosissimo finanziamento Castellani (che fine ha fatto?), la tangenziale nord, il nuovo raccordo tra viale Crispi e lo svincolo di Cartecchio. Ma questi sono, appunto, elementi progettuali di dettaglio, peraltro non realizzati. Un piano strategico comunale è altra cosa che un’elencazione di progetti o di elementi progettuali specifici. Basta consultare le premesse ai piani strategici dei principali comuni italiani e anche stranieri, compreso quello di Barcellona, più volte citato dallo stesso Brucchi, per comprendere che non è un elenco di progetti ma un’indicazione assai più vasta, ispirata ad una visione più onnicomprensiva di una città e del suo futuro.

     Nel suo legarsi a quattro progetti specifici quando parla di piano strategico, il sindaco Brucchi conferma proprio il tipico modo di considerare le cose che ha un amministratore di condominio, come mi ero permesso di dire. Prendiamo un comune a caso: Jesi. Nella premessa del piano strategico della città marchigiana si legge: “Il Piano strategico ha come finalità la costruzione di un documento che individui i problemi, le opportunità, gli obiettivi e gli scenari di sviluppo del territorio… Il processo partecipativo legato al Piano, finalizzato, in prima istanza, alla costruzione delle politiche di sviluppo di una comunità. L'Amministrazione comunale ha deciso di intraprendere un processo di ridefinizione delle politiche urbanistiche e urbane nella città, affidando tale compito a tre nuovi strumenti: il Piano strategico, la Variante generale del Piano regolatore e l'Agenda 21 locale. Il Piano strategico, in particolare, ha come finalità la costruzione di un documento che individui i problemi, le opportunità, gli obiettivi e gli scenari di sviluppo del territorio”.

      Come si vede, non vengono indicati progetti specifici, ma si parla di scenari di sviluppo, di definizione di una identità di città, di una ridefinizione delle politiche urbanistiche. Quali sono per il sindaco Brucchi gli scenari possibili dello sviluppo di Teramo? E’ stata individuata un’identità della città? Sono stati indicati i problemi, le opportunità, gli obiettivi? O è ancora rimasto tutto inespresso, come quando l’allora sindaco Chiodi, venerdì 24 febbraio del 2006, nella sala dei convegni dell’API, presentò il comitato scientifico del piano strategico? Sono passati 5 anni. Che cosa è stato fatto nel frattempo per dare risposte all’ esigenza di “fornire alla città nuovi strumenti di pianificazione del territorio in grado di accompagnare e sostenere la città nel suo percorso di crescita in un contesto di forte competitività fra i territori, e in cui la capacità della città di accrescere il valore per i suoi city users rappresenta un sicuro vantaggio competitivo”, come pretenziosamente recitava lo stesso depliant illustrativo dell’incontro? Perché nell’annunciare un rilancio, Brucchi non si richiama a questa visione generale e si attacca invece a quattro idee specifiche, peraltro confuse, ancora lontane da una definizione progettuale concreta e soprattutto non ancora compartecipata o condivisa? Non sa il sindaco Brucchi che i contenuti di un piano strategico, come giustamente precisa quello di Jesi, dovrebbero essere “elaborati sulla base di un processo di ampio coinvolgimento della comunità”, “secondo modalità di partecipazione di tipo differenziato: interviste e colloqui con singoli, associazioni e rappresentanti di interessi; riunioni tematiche (focus groups) con i soggetti rilevanti della società locale; un percorso specifico di coinvolgimento delle scuole; incontri nei quartieri aperti agli abitanti; tavoli di lavoro su questioni cruciali per lo sviluppo futuro”?

     Abbiamo assistito a tutto questo a Teramo? O il sindaco ha annunciato una serie di iniziative tendenti ad una larga partecipazione? Prendiamo un altro piano strategico a caso: quello del comune di Cuneo. Si legge in premessa che “il Piano Strategico è un documento programmatico che disegna le tappe di sviluppo della città e del suo territorio da oggi al 2020, realizzato attraverso un metodo e un processo - la pianificazione strategica - finalizzati ad aggregare e coinvolgere tutta la comunità locale in una riflessione sul proprio futuro e sulle azioni e i progetti per realizzarlo.” La comunità teramana è stata coinvolta in una riflessione allargata sul proprio futuro? Dove? Quando? O Brucchi pensa al suo piano strategico come ad un piano militare, da imporre napoleonicamente alle proprie truppe? Leggiamo ancora sul piano strategico di Cuneo che l’obiettivo principale del piano strategico è “quello di costruire in modo condiviso il futuro della città. A tal fine il metodo della pianificazione strategica è orientato ad agevolare la comprensione, il dialogo e la ricerca di soluzioni tramite la continua interazione fra gli attori della città, favorendo e facilitando la creazione di pratiche partecipative strutturate - seminari, tavoli di lavoro, progetti - nella gestione del territorio. La dimensione partecipativa non è, dunque, soltanto funzionale ad una domanda di democrazia e di trasparenza, ma anche a rafforzare l’aggregazione fra gli attori e con essa la coesione fra le varie istanze.”

      Il bello è che questi bei concetti e queste belle parole sono più o meno leggibili come bei propositi anche sui documenti del piano strategico di Teramo avviato da Chiodi, anche se rimasti un po’ indietro e non sono stati “rinfrescati”. Ma il sindaco Brucchi, dovendo e volendo difendersi, non si affida ad una visione di largo respiro che essi ispirano, ma ad una scarna elencazione di progetti specifici, di là da venire, proprio come fa un amministratore di condominio che elenca i lavori urgenti da fare: ritinteggiare le pareti esterne e le finestre, aggiustare il tetto e rifare i canali di scolo dell’acqua pluviale.