Il corrosivo del  15 febbraio 2011

    

         

     L’ingegnere controllò e ricontrollò più volte i dati di partenza, poi, più volte, quelli conclusivi. Non ci potevano essere dubbi. Il risultato del sondaggio era quello: si era espresso a favore delle dichiarazioni del premier il 30% del campione. Ciò che risultava sorprendente, da qualche tempo, era che quella percentuale sembrava essere diventata stabile, fissa nel suo semplice e crudo dato numerico. Sì, c’erano delle oscillazioni, ma di lievissima entità; a volte si aveva un 29,7, a volte un 30,4, ma la media delle risultanze aveva quel 30% che era diventato inamovibile, quale che fosse il quesito posto. Dirigeva il suo istituto di sondaggi da troppo tempo per non sapere che doveva esserci da qualche parte un errore nascosto, di calcolo o di valutazione, perché era impossibile spiegare altrimenti come qualsiasi sondaggio venisse lanciato riguardo al premier si avesse sempre lo stesso identico risultato. Oscillava e di molto la percentuale dei contrari, oscillava e di molto quella degli indecisi, ma non oscillava che di pochissimo, quasi impercettibilmente, la percentuale dei favorevoli al premier, di quanti si dicevano d’accordo con qualunque cosa avesse fatto o qualunque cosa avesse detto, con qualunque opinione avesse espresso. Si fece portare dalle sue collaboratrici i dati statistici degli ultimi mesi, li esaminò attentamente, rifece i calcoli, e non trovò alcun errore.

 

     Niente sbavature. Con una piccolissima forbice e con un margine di errore che veniva valutato assai basso, il risultato era sempre quello: il premier poteva contare sulla fiducia e sul sostegno del 30% delle persone sottoposte a indagine telefonica, che sembravano essere suoi immodificabili supporters.   L’ingegnere pensò che ci fosse qualcosa di sbagliato nelle domande formulate o nel modo che usavano nel porle le operatrici al telefono. Le riunì, le catechizzò a dovere, fece molte domande, si fece descrivere con precisione le modalità utilizzate e si fece mostrare i formulari. Era tutto perfetto. Decise di esplicare la maggior cura possibile nei sondaggi successivi e lo fece. Curò personalmente anche i più minuti particolari, esaminò il quesito e poi lo affidò alle operatrici.

     L’argomento sottoposto a sondaggio era piuttosto delicato. Il premier aveva dichiarato che nel paese la democrazia era ormai morta e che ad ucciderla era stata la magistratura. Questa volta l’aveva sparata grossa, forse qualcuno tra i suoi sostenitori avrebbe ritirato il proprio sostegno e avrebbe detto di non essere d’accordo. Ma, quando l’ingegnere si trovò davanti le tabelle con i dati conclusivi, sobbalzò sulla sedia: il 30% degli intervistati era d’accordo con il premier. Alzò il telefono e fece una cosa che non aveva mai fatto, fece il numero del titolare dell’istituto demoscopico che da tanti anni era suo acerrimo rivale e concorrente e gli fece alcune domande. L’altro rispose dapprima con cautela, ma poi ammise: anche nei suoi sondaggi, quali che fossero i quesiti posti agli intervistati, si esprimeva a favore del premier il 30% esatto del campione. Non solo, ammise che aveva sentito al telefono il direttore di un altro istituto e anche lui aveva confidato che gli ultimi sondaggi fatti davano sempre lo stesso risultato: il 30% degli intervistati era a favore del premier, su qualsiasi quesito fosse stato posto a suo riguardo.     

      Due settimane dopo, i cinque titolari o direttori dei maggiori istituti che facevano sondaggi si riunirono segretamente e misero a punto una strategia che avrebbe potuto eliminare ogni perplessità. Avrebbero utilizzato, validata da controlli matematici e algebrici assai rigorosi, la stessa metodologia di raccolta di dati e di valutazione, gli stessi computer e gli stessi tecnici. La domanda era di stringente attualità e tale da dover per forza dare un risultato difforme da quello che ormai da mesi sembrava essere immodificabile. Il premier aveva detto in un discorso televisivo a reti unificate che per il bene della nazione e la salvezza della democrazia si vedeva costretto a dichiarare decaduto il presidente della Repubblica e a chiedere al senato e al parlamento di incoronarlo re. Questa volta aveva davvero esagerato e c’era in tutto il paese un grande fermento, con l’opposizione che si agitava nelle piazze gridando al colpo di stato. Il risultato del sondaggio fu atteso con ansia dai cinque direttori dei maggiori istituti demoscopici del paese e giunse a notte fonda. Un brivido corse sulla schiena di tutti: era favorevole alla dichiarazione del premier il 30% degli intervistati.

       Il giorno in cui il premier fu incoronato re, i sondaggi rivelarono che il 30% del campione gli era favorevole, ma il restante 70% era così frazionato nelle opinioni da non costituire una forza d’opposizione sufficiente. Quando il premier diventato re disse in televisione che, essendo morto il papa, si aspettava che il conclave lo eleggesse capo della chiesa, gli istituti nazionali di sondaggio si fecero affiancare da società demoscopiche straniere, americane, canadesi, cinesi, tutte assai accreditate e fornite delle più aggiornate tecniche di formulazione di quesiti e di calcolo. Fu utilizzata una rete di computer che costituiva una massa cibernetica quale non si era mai vista, mille volte superiore a quella dispiegata dagli Stati Uniti d’America per il lancio dei missili nella guerra in Afghanistan e in quella in Iraq messe insieme. Il campione di italiani da sottoporre a sondaggio fu selezionato sulla base di infallibili formule matematiche. Il risultato fu sempre quello: il 30% di italiani era favorevole a che il premier diventato re diventasse anche papa.

      Diventato papa, il premier che era diventato re, dichiarò un giorno che avrebbe voluto essere immortale e che si sentiva di meritarlo pienamente. Il 30% degli italiani si dichiarò d’accordo e ancora il 30% degli italiani dichiarò di essere convinto che lo sarebbe diventato. La settimana successiva ancora il 30% degli italiani intervistati si disse convinto che lo era già.

      Il giorno in cui tutti i computer del pianeta furono utilizzati in rete per calcolare i risultati finali dell’ultimo sondaggio, tutto il mondo restò in trepida attesa e in ansia, perché si voleva sapere se gli italiani fossero convinti che il premier diventato re e poi diventato papa e poi diventato immortale fosse il vero dio, come aveva dichiarato in una intervista concessa ad un giornalista suo dipendente di una televisione di sua proprietà. Il giorno successivo i più grandi e diffusi organi di stampa di tutto il mondo diedero la notizia a piena pagina: il 30% degli italiani era convinto che il premier diventato re, poi papa, poi immortale fosse anche il vero dio. Il restante 70% aveva opinioni così contrastanti e differenziate da non costituire una maggioranza che non fosse solo numerica e quindi per nulla significativa.

      Quello fu l’ultimo sondaggio che si fece nel paese governato dal premier diventato re, poi papa, poi immortale, poi vero dio, perché il giorno di Pasqua dichiarò a reti unificate in tutte le televisioni diventate tutte di sua proprietà che era morto, ma era anche risorto, e ben prima di tre giorni. Su questa sua dichiarazione non si fece alcun sondaggio, perché contestualmente, nello stesso discorso, annunciò che con un decreto legge i sondaggi erano stati aboliti.