Il corrosivo del  25 gennaio 2011

    

       

Lettera aperta alla dott.ssa Eva Pietroni

 

     

Gentilissima dott. Eva Pietroni,

      voglio innanzitutto, in questa mia lettera aperta, complimentarmi con lei per la sua attività di ricercatrice presso l'istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR e per il suo prestigioso curriculum. Come co-responsabile scientifica del Virtual Heritage Lab, lei ha contribuito alla realizzazione di progetti veramente interessanti e qualificati: il Museo Civico Archeologico di Castiglion Fiorentino, la Casa dei Vettii a Pompei, il Museo Virtuale della Cappella degli Scrovegni, il Museo Narrativo del Parco Archeologico della Via Appia Antica, il Museo Virtuale della via Flaminia Antica, il Distretto Culturale della provincia di Salerno, il progetto FIRB Sistemi integrati di robotica e realtà virtuale in archeologia. Leggo che lei svolge attività didattica per varie Università Italiane, Master, Corsi di Alta Formazione sempre sul tema del Virtual Heritage. Nonostante la sua ancor giovane età, le esperienze da lei collezionate in un così ampio spettro di interventi e in un campo così qualificato, fanno di lei e del suo lavoro un esempio vivente di come l’intelligenza posta al servizio della creatività possa permettere di raggiungere risultati mirabili.

      Riconosciuta dunque la sua accertata professionalità, mi lasci dire che è proprio sulla base di questi meriti riconosciuti che qualche tempo fa, nel corso di una telefonata che ebbi il piacere di farle, meravigliandomi per la presenza di alcuni simboli manifestamente massonici in uno dei progetti da lei curati, quello di Teramo Virtual City, rimasi stupefatto dalle sue parole, quelle con le quali lei mi trasmise il suo stupore e provò a giustificare quella presenza come casuale e mirata a rappresentare strumenti tradizionali dell’architettura. Rimasi stupito, perché non potevo credere che, a fronte di quella esperienza e di quella professionalità che ho sopra ricordato, e che avevo ben presente, lei potesse immaginare che quelle sue parole potessero risultarmi credibili. Le feci presente che il contenuto della nostra conversazione telefonica sarebbe stata riportata in un articolo di stampa, ma lei non sembrò dare importanza alla cosa, anzi, continuò ad accampare una serie di spiegazioni e di giustificazioni che non potevano non risultare del tutto incredibili. Le stesse spiegazioni e le stesse giustificazioni lei deve aver dato agli amministratori comunali di Teramo, quando, dopo una conferenza stampa in cui è stato di nuovo chiesto il perché di quella presenza di simboli massonici nell’avatar del progetto teramano, lei deve essere stata sollecitata, questa volta non da me, a fornirle. E quelle stesse spiegazioni e giustificazioni sono state poi riportate in un comunicato ufficiale dell’ufficio stampa del Comune di Teramo.

      Credo che nel frattempo avrà avuto modo e tempo di riflettere e deve essersi convinta che quelle spiegazioni non reggevano e che, anzi, attribuite a lei, gettavano ombre profonde non tanto sulla sua buonafede, quanto sulla sua professionalità. Come poteva un’operatrice di tale livello esporsi a una così brutta figura, sorpresa a confessare una così clamorosa ignoranza in un campo, quello della simbologia, che dovrebbe essere familiare ad ogni livello a chi si occupa di comunicazione scientifica e culturale? E, ammesso che non si trattasse di ignoranza o di ingenuità, come poteva, in alternativa, esporsi ad una patente accusa di malafede e di menzogna?

      Sono perciò contento, davvero lo sono, che quei simboli massonici siano stati rimossi, certo come sono che lei ne è a conoscenza (sicuramente la rimozione non è avvenuta a sua insaputa), ammesso che lei non abbia addirittura dato il suo assenso, confessando così di ritenere anche lei che la loro presenza fosse quanto meno poco opportuna, anzi, tutt’affatto opportuna. Vede, era stato fin troppo facile rimarcare che in nessuno degli altri progetti realizzati dal suo gruppo di lavoro, che ho sopra riportato, non era presente un solo simbolo massonico e che solo in quello teramano si era verificata una così particolare ricorrenza di ben tre simboli riferibili classicamente e notoriamente alla massoneria, e forse di un quarto, i melograni posti sopra la colonna dorica, magari un po’ nascosti, che con l’architettura non hanno proprio niente a che vedere.

      Sono convinto che capirà perché io tanto mi sia speso per cercare di capire quella presenza ingombrante e da lei così malamente spiegata. Vede, in un progetto finanziato con denaro pubblico, e quello di Teramo Virtual City, lo era, non è possibile apporre o imporre la presenza di simboli di appartenenza, perché lo spirito di appartenenza è la negazione degli interessi (anche quelli culturali) pubblici e rappresenta soltanto un interesse (anche culturale) privato, o comunque di pochi. La presenza di quei simboli in un progetto pubblico era non meno inopportuna e inaccettabile della presenza dei simboli della Lega nelle scuole di Adro, che il sindaco di quel comune aveva voluto e poi tanto ha fatto per non rimuovere, anche contro le disposizioni contrarie che gli sono arrivate. Sono convinto che lei mi capirà perché so che lei il 20 maggio del 2006 partecipò con un ottimo intervento ad un convegno organizzato a Roma dall’Associazione per i diritti degli Utenti e dei Consumatori. Non potrà quindi negare che gli utenti e i consumatori teramani che non sono iscritti alla massoneria non potevano accettare di essere rappresentati in tutto il mondo come se lo fossero e dopo aver contribuito con i propri soldi ad un progetto che tali li faceva apparire.

      Non mi resta che invitarla a trarre utili considerazioni anche da questa esperienza, per lei non proprio positiva se non altro sul piano della comunicazione, tenendo presente che anche le esperienze negative contribuiranno ad arricchire la sua professionalità, già tanto universalmente apprezzata.

      La saluto cordialmente e le invio virtualmente una rosa. Stabilisca lei di che cosa possa essere il simbolo.