Il corrosivo del  11 gennaio 2011

    

        Sto leggendo, e rileggendo, questa lettera aperta scritta al Governatore della Regione Abruzzo Gianni Chiodi dall’ex Direttore Generale della Asl di Teramo Sabatino Casini. L’ho riletta più volte per capire quello che c’è scritto, ma anche quello che non c’è scritto. Perché assai spesso, lo so per esperienza, in lettere come questa c’è qualcosa di non scritto, ma leggibile tra le righe almeno per chi sa leggere e che è assai più importante di quello che c’è scritto. Mi permetto di dire che, dopo tante letture di ogni singolo brano e anche del complesso, sono riuscito a leggere sia quello che Casini ha scritto a Chiodi sia quello che non gli ha scritto ma gli ha detto lo stesso. Sono altrettanto sicuro che Gianni Chiodi quelle cose che Casini non gli ha scritto, ma gli ha detto ugualmente, le abbia perfettamente capite. Non so se Gianni Chiodi risponderà a Casini, credo di no. Ma so che, se risponderà, non risponderà che alle cose scritte, non anche alle cose non scritte. E chiedo da parte mia scusa al lettore se, trattando di queste vicende, sono costretto anche io a praticare l’arte magica dell’allusione, in cui non sono maestro, e quella altrettanto magica della scrittura tra le righe, di cui ho dovuto impratichirmi dopo aver dovuto imparare quell’altro mestieraccio che è la lettura tra le righe.

        Dunque, in buona sostanza, che cosa rimprovera Casini a Chiodi? Gli rimprovera di avergli fatto balenare una ri-nomina a Direttore Generale della Asl di Teramo e di non aver poi mantenuto il mezzo impegno preso non scegliendo lui, ma un altro al suo posto. Sarà bene che io dica subito, per sgomberare il terreno da ogni equivoco, che anche io, se fossi stato al posto di Chiodi, non avrei nominato Casini, così come non avrei nominato Molinari, sia perché non è bene tenere per anni, o decenni, certe persone in certi posti di responsabilità, sia perché non ho un giudizio positivo sull’operato di entrambi. Non è quindi la mancata nomina di Casini che indurrebbe anche me a scrivere una lettera, aperta o no non importa, al Governatore Chiodi. Se scrivessi una lettera a Chiodi, però, il senso di delusione che si coglie nella lettera di Casini, e che addirittura viene espresso, sarebbe centrale. Perché anche io mi sento molto deluso da Gianni Chiodi come Governatore dell’Abruzzo, ma per ragioni del tutto diverse, anzi opposte, a quelle che Casini espone nella sua lettera.

        E’ evidente che la delusione di Casini è motivata dalla sua mancata nomina, soprattutto dopo che gli era stata fatta balenare come possibile o quasi certa, e quindi è una delusione personale. La mia delusione non è personale e non riguarda la persona Chiodi, ma solo il politico Chiodi. Motivata da quello che il Governatore ha fatto, ma anche da quello che non ha fatto, dopo avermi fatto sperare, e dopo aver fatto sperare a molti abruzzesi, di poter fare, e soprattutto di voler fare, molto. Casini alla delusione generale degli abruzzesi, della “maggioranza silenziosa” di essi, come la chiama, fa riferimento, ma poi si coglie fin troppo bene che è a quella sua personale che si riferisce. Lo stesso potrebbe dire e scrivere a Chiodi, sia a Chiodi che all’assessore Venturoni, un altro personaggio assai noto, Fernando Cantagalli, al quale la stessa nomina a Direttore Generale della Usl era stata fatta balenare, salvo poi a spiegargli le ragioni dell’opportunità di fare un passo indietro (in pratica una rinuncia) con successiva, e stranissima, offerta del ruolo di Direttore Amministrativo, sdegnosamente rifiutata, con comportamento ineccepibile. Ma anche qui si potrebbe poi pensare a ragioni “personali” di una delusione, che invece è in me solo generale. E, dicevo, basata su considerazioni e ipotesi opposte a quelle a cui fa cenno Casini. Il quale dice che Chiodi decide quel che decide solo per esercitare un potere fine a se stesso e che poi si giustifica,  tenta di farlo, attribuendo ad altri una scelta, o una non-scelta, che ha fatto lui ed esclusivamente lui.

      Io sono convinto, al contrario di Casini, che molte delle scelte di Chiodi, soprattutto in tema di collaboratori e persone di cui si circonda, non sono di Chiodi e che, in qualche modo, non solo Chiodi, forse perché costretto, si lascia condizionare, ma a volte etero-dirigere, sulla base di logiche che non sono di natura politica, ma di appartenenza. Nel caso specifico, per esempio, non credo che la scelta di chi è stato preferito a Casini, o a Molinari, o a Cantagalli, o a qualsiasi altro, sia stata di Chiodi. Credo che Chiodi si sia limitato a giustificarla. Casini non si rende conto che un passo della sua lettera aperta è non solo rivelatore, ma contraddittorio con tutto l’assunto generale dell’espressione della sua amarezza. E’ il passo in cui ricorda, o rivela, che Chiodi gli aveva assicurato che la scelta sarebbe caduta, o era già caduta, su di lui, ma c’era “bisogno di una sollecitazione dall’alto”, sollecitazione che, evidentemente, Casini non è riuscito ad ottenere. Casini aggiunge di averci provato, di “essersi adoperato” , scrive, perché i “desiderata” di Chiodi “trovassero degno riscontro”. Ma non ci è riuscito. Forse non si è adoperato abbastanza. Forse non ha saputo farlo, essendo abituato a farlo in un certo modo ai tempi di Salini e non essendosi adeguato ai tempi di Chiodi. Forse si è adoperato e nei giusti modi, ma non con le persone giuste. Forse le sollecitazioni che si era procurato non venivano troppo dall’alto, e chi è stato scelto al suo posto se ne è procurate altre, venute da un alto posto più in alto. Possiamo fare tante ipotesi, ma se Chiodi, come scrive Casini, aveva bisogno di essere supportato nelle sue scelte da queste sollecitazioni, le sue scelte non erano poi da considerare troppo autonome.

      Casini scrive che Chiodi, quando sceglie i suoi collaboratori o fa le sue nomine, ha paura di chi può fargli ombra. Io temo, invece, che, se Chiodi ha paura, è di chi può fargli ombra in modo diverso, di chi anche su di lui può fare luce o ombra, a seconda che voglia; di chi può tenerlo alla luce o all’ombra; di chi ora lo tiene in luce ma può farlo tornare nell’ombra; di chi ora lo tiene tra “gli illuminati” e domani può farlo finire tra “gli ombreggiati”. Ecco, questo è il senso della mia delusione nei confronti del Governatore Gianni Chiodi. C’è stato un tempo in cui ho imparato ad apprezzarlo e l’ho apprezzato: da sindaco di Teramo ha saputo dire e dare, e fare (Dio mio forse al di là di quel troppo di bene che s’è poi detto) più che non avessero fatto altri prima di lui, anche se era così facile far bene dopo il tanto male che aveva fatto Sperandio. Ma, da quando è diventato Governatore, Gianni Chiodi non è più lui. Ha fatto scelte politiche che quell’altro Gianni non avrebbe mai fatto, forse perché ha capito che, per continuare a fare il Governatore, non poteva che giustificare a posteriori scelte fatte da altri e altrove e quindi doveva cambiare la sua natura. Doveva divenire altro da sé. Nella psicoanalisi il termine con cui si descrive il diventare altro da sé è “alienazione”.