Il corrosivo del  21 dicembre 2010

    

        Che pensereste voi se un Capo di Stato Maggiore inviasse al fronte una propria armata e poi lasciasse i propri soldati a corto di munizioni, di equipaggiamento e di quant’altro fosse necessario per resistere al fuoco nemico? Non pensereste anche voi che sarebbe una decisione folle, irrazionale, senza alcuna giustificazione? E non pensereste che questa decisione destinerebbe al massacro uomini e uomini, abbandonandoli ad un crudele destino, in una dissennata campagna di guerra contro il nemico? E non pensate lo stesso di una decisione, o di una serie di decisioni, di chi lascia senza mezzi diagnostici o terapeutici i medici di prima linea, quelli del  pronto soccorso degli ospedali, quelli dei consultori e quelli di ogni altro presidio sanitario dislocato sul territorio, in quella che può senz’altro essere definita una campagna di guerra contro le malattie.       

Privare un medico di un consultorio, come il dott. Roberto Petrella, di un ecografo, sia pure antidiluviano, ma ancora prezioso se affidato alle perizia di un operatore esperto e volenteroso, non è come mandare al fronte un soldato senza dargli un fucile per attaccare il nemico o per difendersi? Come dovrebbe sparare quel soldato? Facendo “bum” con la bocca? E come dovrebbe fare le proprie diagnosi il medico di  un consultorio senza un ecografo, sia pure non proprio all’avanguardia? Servendosi di una sfera di cristallo?

      Se la decisione è stata presa personalmente dal nuovo manager della Asl di Teramo, appena nominato dal Governatore Chiodi, Gran Maestro (nell’arte medica), non si tratta certo di un buon esordio. Se l’ha presa qualcun altro al suo posto, facendo coincidere la sottrazione dell’ecografo al consultorio di Teramo con l’insediamento del nuovo manager della Asl, bisogna meravigliarsi, e fortemente, di una coincidenza così strabiliante e intempestiva, tanto da poter pensare che si sia trattato di un atto di sabotaggio. Se a far togliere dal consultorio di Teramo un ecografo vecchio è stata l’intenzione di sostituirlo con un ecografo nuovo, magari di nuova generazione, a colori e ad alta tecnologia, siamo pronti a riconoscere la bontà della decisione. Ma temiamo molto che non si tratti di questo e che si tratti di altro, anche se non sappiamo di che.  

      E’ sempre meglio un ecografo vecchio che nessun ecografo. Così come ad un soldato di trincea, ancora oggi, nel caso di un conflitto supertecnologico, sarebbe assai più utile un vecchio fucile modello 91 che nessun fucile e, proprio in mancanza di altro, forse anche un fucile a turaccioli sarebbe meglio che nessun fucile. Si dice: ma occorre procedere a tagli drastici per ripianare il deficit sanitario e riempire una voragine profonda. Una ragione di più per non smantellare le vecchie strutture o per disfarsi di apparecchiature vecchie, ma ancora in grado di funzionare e di risultare utili per un’opera di prevenzione che può far risparmiare molti soldi, senza la necessità di ricorrere a tests e ad accertamenti diagnostici assai più costosi.

      Sembra, però, che in molti campi, non solo in quello della sanità, sia in auge una mentalità che, a volte trovando nella necessità nei tagli una scusante inaccettabile, porta a decisioni che metaforicamente possono essere rappresentate anch’esse come quelle dell’invio al fronte di soldati senza munizioni e senza armamenti adeguati.

      Come non pensare alle forze dell’ordine spedite nelle strade a fronteggiare disordini e azioni criminose di gruppi organizzati senza la dotazione di mezzi ingenti e tecnologicamente avanzate, senza risorse adeguate, senza ordini precisi se non quelli di farsi picchiare senza reagire, di far camminare auto e moto con i serbatoi vuoti, senza i finanziamenti necessari per intercettazioni irrinunciabili?

      Come non pensare alle migliaia di insegnanti mandati anch’essi allo sbaraglio in prima linea (molti istituti scolastici e molte comunità studentesche nei quartieri degradati delle grandi città e delle metropoli costituiscono un’autentica prima linea) senza le dotazioni necessarie e senza orientamenti condivisibili, senza progettualità educative e senza risorse, nella disistima generale che è prodotto di uno svuotamento completo del prestigio del ruolo educativo? Come non pensare ai medici di frontiera, di base o dei pronti soccorso? Ai primi viene detto di ridurre drasticamente il numero delle ricette e delle analisi necessarie anche per screening essenziali per un’adeguata prevenzione sanitaria; ai secondi viene imposto di operare in un clima generale di abbandono e di disordine, senza un sufficiente numero di posti letto e senza la possibilità di assicurare davvero un intervento urgente anche nei casi più disperati. Potrei fare tanti altri esempi, di operatori e lavoratori mandati anch’essi allo sbaraglio ad affrontare rischi tremendi in posti di lavoro dove i margini di sicurezza sono assai esigui e dove ogni giorno e ogni ora si rischia per questo motivo di perdere la propria vita, senza che venga esercitato alcun controllo reale, perché anche gli ispettori del lavoro vengono considerati come soldati da mandare al fronte, in prima linea, allo sbaraglio, senza risorse adeguate, senza mezzi sufficienti, senza "turn over" appena accettabili, in cantieri dove regna il lavoro in nero, dove impera la legge del più forte, dove trionfa l’omertà e dove a fare il proprio dovere si rischia la pelle.

      Se lo Stato batte in ritirata nelle campagne di guerra che più dovrebbe vedere una sua forte presenza, come quella contro le mafie, o quella contro gli evasori fiscali, parziali e totali, contro gli approfittatori di ogni risma, i corruttori di più ampie capacità corruttive e i corrotti di più ampio prestigio sociale e di più consolidato potere politico, edificato non poche volte sul consenso elettorale e sulla gestione personale di istituti bancari, come ci si può meravigliare di trovarsi ogni giorno di fronte ad una nuova Caporetto? Così, tornando alla considerazione di partenza, quell’ecografo, pur vecchio e obsoleto, ma ancora funzionante, sottratto nel consultorio dove opera, fante di prima linea, il dott. Roberto Petrella, è il paradigma di una dissoluzione, quella dello Stato, di uno Stato che fa karakiri o si consegna al nemico, che si presenta ora nelle vesti della sanità privata, ora in quelle dell’istruzione privata, ora in quelle della sicurezza privata. E se non è Caporetto, poco ci manca.